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La povertà

ECONOMIA E POLITICA - 22 03 2018 - Ivan Bormolini

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Nelle scorse settimane alcuni analisti hanno affermato che in Italia, ormai anche chi ha un lavoro è povero.

E' una frase molto dura ma sicuramente reale: chi ha un lavoro ed è fortunato ad averlo, si sente comunque povero e di conseguenza tira i remi in barca, naviga a vista in un clima di grande incertezza.

Già, perché la crisi economica ha presentato e continua a presentare il suo amaro conto. Ci viene detto ormai tutti i giorni che il Paese è in ripresa, che i dati sulla disoccupazione sono in calo ed altro ancora, ma sicuramente moltissimi italiani non hanno la stessa percezione dei fatti.

 

Un tempo l'idea di avere il posto fisso dava determinate garanzie, apriva a progetti come per esempio l'acquisto di immobili o altri beni durevoli. Oggi anche chi pensava di avere il posto fisso, per esempio presso alcuni istituti bancari, o altri enti, si trova a dover fare i conti con il termine largamente in uso in questi anni, ovvero “esubero di personale”. Ciò equivale a rivedere al ribasso le proprie scelte di vita famigliare ed economica.

 

La stessa cosa avviene da tempo, prima che per molti colletti bianchi, per milioni di tute blu. Maestranze che nonostante anni di esperienza in vari settori devono fare i conti con crisi aziendali che sono ben lontane dal trovare una soluzione che dia sicurezze per il futuro. C'è da dire in tal senso che per fortuna, nonostante mille o milioni di difficoltà, alcuni imprenditori coraggiosi, non hanno abbassato le serrande o chiuso i cancelli, ma hanno deciso di continuare a lottare per la sopravvivenza dello loro realtà produttive ed anche di quella dei propri dipendenti.

Ci sono ancora però le chiusure definitive o le delocalizzazioni all'estero di siti industriali, questi sono esempi che la dicono ben lunga e che ancor oggi lasciano operai e dirigenti per strada senza un futuro certo.

 

Anche chi ha un lavoro dunque è povero? Certamente si, è un povero che si aggiunge ad altri poveri, certamente più sfortunati, poiché non ha sicurezze né per l'oggi e né per il domani, ovviamente non investe, rinuncia a molte cose, semplicemente perché l'insicurezza per il futuro è enorme, è un fardello davvero non di poco conto.

Ma pensiamoci bene, quante persone oggi nel Paese sono in cerca di un lavoro? Certo ci sono i giovani, ma ci sono anche coloro che avevano un posto ed oggi, magari non più giovani l'hanno perso. Padre e madri di famiglia, che ormai quarantacinquenni o cinquantenni, che proprio per la loro età anagrafica, si sentono dire “siete troppo vecchi per essere assunti”, ammesso che vi sia la possibilità di un colloquio di lavoro.

Tutto questo si chiama povertà, alla povertà si aggiunge altra povertà, un limite che sembrava inavvicinabile, ma che purtroppo oggi è concreta e dura realtà per molti italiani che si vedono disconosciuta la loro dignità.

 

Si preferisce far credere che ci siamo, siamo fuori dalla crisi, piuttosto che impegnarsi con concretezza e con misure degne a favore degli imprenditori rimasti e dei cittadini italiani.

La sensazione è che si tenti di chiudere gli occhi davanti a questo scempio. Sembra irreale che poveri pensionati dopo una vita di lavoro che ha contribuito alla crescita del “Made in Italy”, un tempo vanto nel mondo, oggi rovistino nei cassonetti dei supermercati per cercare il pranzo o la cena.

E' altrettanto assurdo leggere dati che narrano che molti italiani rinuncino alle visite ed alle cure necessarie per la loro salute.

 

Nel nostro tempo, molti padri o madri di famiglia, faticano a guardare al loro avvenire, tra incertezze e tribolazioni.

In epoche non lontane, i nostri genitori, guardavano con sicurezza a quello dei loro figli, dare loro basi solide, studio e sicurezza di lavoro.

Oggi tutto questo è minato, minacciato, è seriamente compromesso da molteplici vicissitudini ed gravi errori di valutazione, che non solo hanno gettato nel fango le famiglie, ma soprattutto stanno compromettendo il futuro nostro e quello dei nostri figli.

 

Ivan Bormolini

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