Pedibus calcantibus
CULTURA E SPETTACOLO - 11 09 2018 - Ezio Maifrè (Méngu)
Non è la prima volta che mi chiedo se Gesù avesse i calli sui piedi per il gran camminare delle sue peregrinazioni tra la Galilea , la Samaria e la Giudea. Questi itinerari li fece, con la “ moto peduzzi “, cioè a piedi . Usò anche una barca ma solo per far conoscere che, con la fede, si poteva camminare sulle acque in burrasca. Montò anche sulla schiena di un asino a causa della folla osannante e calcante. Ora noi post-moderni, i piedi li usiamo per la maggior parte del tempo schiacciando dei pedali e se dobbiamo recarci in chiesa per sentire la “parola del Signore“ parcheggiamo volentieri sul sagrato. Gesù fece i suoi spostamenti “Pedibus calcantibus “, portandosi l’essenziale, così pure la gente che lo seguiva dimenticandosi persino di portarsi da mangiare. Sapeva bene Lui, che per capirlo occorreva immergersi nella natura. “Prova ad accarezzare un fiore o a sollevare una pietra e lì troverai Dio”, disse un saggio. Io credo che il Creatore si può scoprire anche in un piatto di pastasciutta, gustata dopo un segno di croce e non con l’idea che mangi solo perché hai i soldi in tasca. Sono convinto che tante idee nascano camminando poiché nel camminare ogni parte del corpo è attiva. Per gli sbadati, si fa attivo anche il cervello per quel tanto che basta per non inciampare. Avrete di certo provato quello stato soporoso, quel sottile piacere d’uno sbadiglio che giunge, seduti o in piedi, in una chiesa quando ascoltiamo omelie peciose e ritrite. Personalmente ho capito la teoria della relatività generale di Einstein dove il tempo appare relativo e “ più lungo della fame in certi contesti e dibattiti teologici. Mi viene in mente ciò che disse papa Francesco durante una Messa mattutina a Casa Santa Marta “ Per seguire Gesù bisogna camminare , non rimanere con “ l’anima seduta “. Probabilmente il Santo Padre , in quella omelia di buon’ora, avrà notato tra i fedeli qualche palpebra abbassata e qualche occhio spento. Penso che , in questo caso, il Santo Padre avrebbe celebrato volentieri la S. Messa su un altare itinerante , trainato da un asino seguito dai fedeli camminatori. Tutti questi esempi li ho fatti per dimostrare che il camminare tra la natura attiva il nostro spirito facendoci sentire avvolti nel bozzolo della casa di Dio. Lo sappiamo bene noi tiranesi poiché l’abbiamo verificato in due indimenticabili processioni di ringraziamento alla Beata Vergine di Tirano. Le ricordo con immenso piacere e anche con il desiderio di vederle ripetere, anche in questo mese di settembre 2018 dai Reverendi e dai fedeli delle comunità del tiranese e di altre. Ricordo la luminosa giornata del 23 settembre 1987. Più di diecimila persone, parteciparono alla “ marcia della fede”. In quel giorno i pellegrini giunsero da ogni parte della valle e si accomunarono presso la chiesa della Madonna del Piano a Bianzone; poi tra canti e preghiere si avviarono, invadendo la statale 38, verso la Basilica di Madonna di Tirano. La marcia si è ripetuta il 23 settembre 2007 con grande partecipazione di fedeli. La processione fu fatta per invocare protezione e grazie in quei sventurati giorni dell’alluvione e , in particolare, perché “il “corpo frana “ del lago di Val Pola, durante la “ tracimazione controllata” non cedette e molti paesi della valle furono salvati da una spaventosa valanga d’acqua.” Ora è il tempo di ripetere la bella tradizione. Sappiamo bene che molti fedeli, nell’occasione della novena dell’Apparizione giungono a piedi da molti paesi della bassa e dell’alta Valtellina, ma un “momento comune” di ringraziamento come quelli citati donano la “grazia” e la sensazione d’essere avvolti del manto celeste della Madonna. Spetta dunque alla buona volontà dei prelati il mantenimento della tradizionale “marcia della fede“. A noi laici spetta pregare perché ciò avvenga. La fede del nostro tempo ha bisogno d’aria fresca, di sole, di semplicità, di ritorno al primitivo, ha bisogno di uscire con i reverendi un poco dalle chiese, così come fece Gesù che predicava tra la natura e a “Pedibus calcantibus “. Ezio Maifrè (Méngu)
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