Il benessere si conquista con la fatica e l’impegno di tutti
ECONOMIA E POLITICA - 17 04 2024 - Ezio Maifrè
Bene-essere: lo stare bene o esistere bene è una meta agognata da tutti. Il nostro fisico, la nostra mente ricerca in ogni momento e in ogni modo una qualità della vita sempre migliore. Ricerchiamo il benessere fisico dello stare bene con se stessi e con gli altri. Ricerchiamo il benessere economico per avere ogni prodotto che piace, quello sociale per sentirsi avvolti da una vita tutelata e sicura , quello sentimentale per essere coccolati, protetti con amore e grazia dagli altri . Cerchiamo benessere nell’armonia tra uomo e ambiente. Questa ricerca mi pare naturale perché non conosco uomo o donna che desideri stare male fisicamente e moralmente. Ci siamo mai chiesti però quali sono i limiti di benessere materiale e spirituale da raggiungere per vivere in armonia con se stessi e con gli altri? Siamo sicuri d’aver individuato la nostra soglia di benessere fisico, economico, sociale e sentimentale che ci fa vivere armoniosamente senza causarci disagi morali e materiali? Non serve, si dirà. Il benessere indica lo star bene in ogni momento e questo basta. La soglia non esiste, anzi dovrebbe essere superata giorno per giorno sino a raggiungere la “ felicità terrena”. Proviamo a chiederlo a chi ha una perfetta salute, che ha tanti soldi, che ha amori a volontà se è “felice”. Probabilmente la sua risposta sarà un “ sì” poco convinto accompagnato da uno sbadiglio. Capiamo che quell’individuo , pur avendo in quel momento tutte le cose che desidera è alla ricerca del “ sempre di più ”. Vengono spontanee alcune domande. Non sarà che tanto accanimento per ottenere il cosi detto “ benessere “, altro non è che una sottile forma di droga che ci porta all’assuefazione e, giorno dopo giorno, occorre assumerne una dose sempre maggiore ? Non sarà che la ricerca di questa scalata “ dello stare bene “ , nel voler ogni comodità, nel sentirci al centro d’ogni cosa ci porta ad un egoismo che oscura la fratellanza e il bene comune ? Ogni giorno sentiamo parlare di “ livello o tenore di vita “, di come esso sia sceso rispetto ad alcuni anni fa a causa della crisi economica, della globalizzazione, ecc. ecc. Prima di lamentarci , ci siamo mai chiesti se il “ benessere “ di cui abbiamo goduto fin ora e di quello che godiamo oggi è frutto meritato del nostro lavoro e non viviamo sopra le nostre reali possibilità economiche? Ci siamo mai chiesti del perché esiste una grande disparità di benessere tra il ricco e il povero che invoca il suo diritto di lavorare per la sua sopravvivenza? Forse si può dare la colpa a una generazione di politici, di imprenditori, di datori di lavoro che si è adagiata sugli allori trascurando la “ missione” del creare lavoro ? O forse la colpa è di tutti ? Io credo sia nella natura dell’uomo voler spendere poche energie materiali e intellettuali quando se ne può fare a meno e godere i benefici o i frutti degli altri. Ricordo un detto popolare: il nonno crea la ricchezza, il figlio la mantiene, il nipote la gode e la disperde. In tutto ciò qualcosa di vero c’è. I nostri nonni di benessere ne avevano poco e quel poco l’avevano conquistato a caro prezzo con lacrime e sangue. Tra distruzioni e lotte di classe si sono rimboccati le maniche e, con il loro lavoro, hanno creato ricchezza e “benessere “ curando i frutti come preziosi gioielli, perché li avevano creati con le loro mani. Sapevano quanto costava sacrificarsi per il lavoro e conoscevano per filo e per segno il “ valore del benessere” materiale e morale. Alcuni anni fa un amico mi raccontò un episodio significativo di un grande imprenditore italiano dell’acciaio che aveva costruito quasi dal nulla il suo impero dando lavoro, casa, istruzione a migliaia di operai. Quando girava per i cortili dei suoi stabilimenti e vedeva un chiodo di ferro per terra, si chinava a raccoglierlo, lo metteva in tasca e poi quando passava presso i suoi altiforni lo gettava nel fuoco per farne acciaio. Con quel semplice gesto, l’industriale dell’acciaio, dimostrava che dalle piccole economie si possono trarre grandi vantaggi e quindi benessere economico per lui e per la Nazione. Non in poche occasioni s’è verificato che la ricchezza è passata in eredità ai figli i quali pur non dissipandola non hanno provveduto ad implementarla godendosi, per quanto possibile, comodità e agi che i loro padri non avevano conosciuto. Di più, essi offrivano, giorno dopo giorno ai loro figli, quest’esempio facile da recepire . A loro volta questi “ pupilli “ hanno preso possesso della ricchezza senza affaticarsi troppo, senza farsi “le ossa” sul lavoro. Molti hanno messo in pratica la filosofia di una bella canzone cantata da Orietta Berti: fin che la barca va , lasciala andare….. ma la barca, se non spinta da remi o da motore prima o dopo rallenta sino a fermarsi. Ecco, ai giorni nostri la barca del lavoro e del ” benessere” è rallentata, anzi si sta arenando. Forse a causa dall’assuefazione al “ benessere poco sudato “, dalla conquista di una ricchezza facile e improduttiva, del voler tutto e subito senza troppa fatica. Il benessere in generale sta sfumando e si sta spostando inesorabilmente verso altre popolazioni che il benessere devono ancora acquisirlo. Forse possiamo dire che” il benessere” è un cane che si morde la coda. Esso nasce con la fatica e la costanza nel lavoro, poi cresce e lo si gode. Quando diminuisce o disgraziatamente si affloscia e finisce, si dovrà tornare con grinta al lavoro duro dei nostri nonni rimboccandoci le maniche senza troppe parole e pretese. Si capirà che il benessere non è manna che cade dal cielo ma si conquista a caro prezzo, con fatica ,con sani valori etici e morali . Il benessere facile, senza radici, quello della ricchezza scaturita dalle astuzie finanziarie si rivela presto come una candela che si spegne lentamente lasciando ombre di povertà e lotta di classe, travolgendo inesorabilmente tutti, anche i ricchi. Ezio Maifrè
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