La leggenda della "Cà dei Spìrit"
CULTURA E SPETTACOLO - 24 05 2021 - Ezio (Méngu)
La si vede da tutta Tirano. La grande casa s’erge bianca e imponente come un lenzuolo steso ad asciugare tra il verdeggiare dei vigneti. Le sue finestre, piccole sotto il gran tetto di pietra, sembrano occhi di gufo. Da ragazzo, guardandola dal Castelàsc, l’indicavo con il dito curioso al “veciu Pédru“ dicendo: “Vulìi dìm Pédrù parchè chèla gran cà bianca fò la fò ‘n mèz àli vìgni l’è sémpre saràda e ‘l gh’è int mai negün?”. Il vecchio “ Pédru” mi abbassava il dito, con un colpo di mano, poi si faceva il segno di croce e diceva “chèla l’è la Cà dei Spìrit “ e più non parlava. I suoi occhi scrutavano quella casa lontana, poi lentamente come avvolto dal sonno e da una stanchezza infinita, pregava sottovoce. Un giorno mi raccontò: “ Tancc e tancc àgn fa dove l’Adda si congiungeva al Poschiavino, abbarbicate sulla pendice del monte, vi era un gruppetto di case. Erano tutte abitate da contadini e da alcune tessitrici di tappeti chiamati da noi “ pezzòt” . In quella contrada v’ era una bella fanciulla di nome Renzuola, bravissima tessitrice; i suoi “pezzòt” tratti da stracci di lana e da vecchi panni sembravano arazzi, tanto erano belli. Renzuola pensò di tessere una tela raffigurante la Vergine Santissima. Dopo mesi e mesi di lavoro ecco la meraviglia: La Vergine sembrava muoversi e vivere sulla grande tela. Una luce misteriosa e sempre nuova scaturiva dalla sottile trama, mentre la Vergine sembrava muovere gli occhi e la bocca. Tücc i è restàa ilò a bùca avèrta vedéndu chèl bel laurà!. Una notte passò di lì il Diavolo che, geloso di quel magnifico lavoro, cercò di distruggere la tela, ma non ebbe successo. Si trasformò così in un grosso ragno che di notte deturpava la tela intessendola rozzamente, ma essa di giorno, come per miracolo, si rigenerava e diventava più splendida di prima. ‘L Diaul ‘l pudéva fa propri negùt cùntru chèla téla . Si sa che il diavolo è vendicativo, perciò decise di tessere una trama assassina per punire la bella tessitrice Renzuola . La giovane aveva un’anima dolce e pura e amava un contadino buono e sincero di nome Fabiano e si era promessa sua sposa. Un bel giorno ecco giungere su un magnifico stallone bianco un principe di nome Ulrico delle terre di Tarasp. Passò dalla chiesa di S. Perpetua ed ebbe sete. Sul sentiero, poco più in basso di quel picco roccioso incontrò Renzuola che con suo padre stava coltivando la vigna presso una freschissima sorgente . Il Principe scese da cavallo e bevve l’acqua cristallina. Vicino allo zampillo d’acqua si era annidato il ragno, che era il Diavolo, e punse il Principe sul labbro. Non ebbe male però gli apparve d’essere nel giardino dell’Eden, alzò lo sguardo e vide Renzuola: si innamorò all’istante. Tutti sanno che le ragazze povere e belle sognano il Principe azzurro e così anche Renzuola, tratta nelle maglie sataniche del ragno, fu ammaliata dal bel Principe. Il Principe interruppe il suo viaggio e costruì in quel sito una meravigliosa casa per la sua innamorata. La costruì grande e bella, in mezzo a stupendi vigneti. La fece con grandi stanze, con un bel portone e tante finestre dalle quali si poteva vedere l’intera vallata. Quando ebbe tutto finito decise di scendere alla contrada con lo stallone bianco per fare di Renzuola la sua sposa e portarla nella sua splendida casa. Il Diavolo, trasformatosi in ragno, aveva tessuto la tremenda vendetta: Renzuola avrebbe così tradito l’amore sincero di Fabiano sposando il bel Principe. La vendèta del Fabianu l’è stàcia fò déli àsci ! Mentre il bel Principe sellava il suo cavallo bianco, dall’alto di una rupe Fabiano scagliò una grande pietra che colpì al capo il Principe e l’uccise, S’ udì un urlò terribile, poi sopra le case della contrada apparve un ragno nero e immenso; le sue lunghe gambe pelose avvolgevano l’intero borgo. Per dì e dì la gént l’è pü bucàda fò de cà ‘ntant che ‘l ràgn ‘l stremenàva de brüt la bàita déla Renzöla. Fabiano prese il coraggio a due mani, corse a casa di Renzuola e trasse la tela dell’Apparizione da uno scrigno, lo srotolò innanzi al ragno e improvvisamente questi se ne andò. Da quel giorno quel borgo si chiamò Ragno. Lassù tra i vigneti, dove il principe aveva costruito la grande casa per poter dimorare con Renzuola e dove che invece aveva trovato la morte, si udì, per anni e anni, un pianto sommesso e rumori di zoccoli di un cavallo al galoppo. Quelli della contrada del Ragno chiamarono quella casa “Cà dei Spirit”. Al termine del racconto “ ‘l vèciu Pèdru “ con fare timoroso di sventure mi disse che in una notte burrascosa, piena di fulmini e saette, aveva visto un cavaliere su uno stallone bianco fare sette giri intorno alla grande casa e gridare disperato “ Renzöla , Renzöla tùrna cun mì !! “ Ezio (Méngu)
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