La grande restrizione
CULTURA E SPETTACOLO - 20 05 2020 - Ezio (Méngu)
Il morbo del coronavirus sembra aver lasciato parte della sua presa. Le restrizioni imposte dal governo si sono in parte allentate e ora la gente può avviare una vita normale, se per normale mi auguro una vita meno frenetica, più solidale, più umana e più consona ad un profilo cristiano qual è nella nostra tradizione e la nostra cultura valligiana. Ma tra tante imposizioni per evitare che il contagio si propagasse a macchia d’olio, una, io credo, sia stata in parte sofferta e forse non capita. Immaginatevi che grande tormento è stato, per un certo numero di valligiani, avere la propria baita sui monti e non poterci andare. Immaginate! Noi valtellinesi ristretti nel fondo valle, con un maledetto virus che gira nell’aria ad ogni soffio di persona, ad ogni parola proferita e volgere lo sguardo verso i monti dove spira un’ aria salubre e non potere salire per abitarci. Che tormento! Quei monti che i nostri avi ci hanno lasciato come gioielli preziosi di famiglia, quei monti dove il nostro pensiero si accomuna ad una natura splendida e tante volte per tanti credenti luogo di preghiera e “chiesa di Dio“ sono stati a noi proibiti. Quei monti dove, io credo, prima di esalare l’ultimo respiro, molti di noi, vorrebbero ancora vedere e magari andarci per riposare per sempre nella “ pace del Signore”. Sì, perché su quelle baite non potevamo andarci per imposizione, nemmeno se situata nel nostro comune, pena una grossa multa. Pochi hanno capito lo scopo di questa restrizione, io compreso poiché anche lassù potevamo stare in guardia, così come in valle, contro il virus. Però ci andavi e ci abitavi nel sogno. Nel sogno aprivi la porta della tua baita, per vedere se tutto era in ordine, nel sogno giravi nei tuoi prati, e nel sogno eri molte volte, mille volte lassù. Da questa settimana siamo liberi di andarci e, ne sono sicuro, ognuno di noi si affannerà per ricuperare il tempo perduto, dandosi da fare nei più svariati lavori di manutenzione per rendere il proprio gioiello in ordine come nella primavera passata. Cosa abbiamo imparato da questa privazione? Penso: la prima è la grande fortuna d’aver un luogo dove tu puoi con il tuo amore render bella la natura per te e per gli altri. La seconda, e l’abbiamo toccata con mano in questi due mesi di restrizioni, è che il silenzio è d’oro. Il silenzio, è la voce del tuo cuore. Nel fracasso non puoi pensare se non alla mondanità, nel silenzio la tua coscienza sente il tuo Dio che ti guida. Bene ! Ora che questa imposizione è stata tolta, dobbiamo far tesoro delle nostre ore libere. Su corriamo, andiamo in montagna, passeggiamo, viviamo tra i monti per sentire la voce della natura che benignamente ci rampogna con : “Uomo stai in guardia, senza di me tu non puoi vivere, io senza di te vivrò!“. Ezio (Méngu)
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