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La “ràta” del Campone a Tirano

CRONACA - 20 02 2023 - Ezio (Méngu)

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/La “ràta” (salita) del CAMPONE in Tirano
La “ràta” (salita) del CAMPONE in Tirano

La ràta del Campùn la sa furmàda

da ‘na gran sgalata déla Val Ciosa.

L’è sempre stacia ‘na ràta danàda

per i tiranès e per tücc chèi che i osa

 

d’invernu cun la nèv olta e giasciada,

sénsa li cadeni sü de ilò aventuràs.

Stìi segür che  i ciaperà ‘na ciavada

de chèli brüti che sa miga de auguràs.

 

e.m.

 

 

Una avventura invernale sulla “ràta “del Campone

L’anziano Tullio mi racconta: il lavoro l’avevo alla diga di Sernio e ci andavo in bicicletta. Molte volte per superare la ”rata” (salita) del Campone, mi agganciavo al cassone del filocarro del trasporto di cemento che partiva dalla stazione ferroviaria di Tirano e arrivava sino a Bormio e oltre. Mi agganciavo con la mano sinistra al cassone della filovia avendo cura di stare un poco al centro per non farmi scorgere nello specchietto retrovisore dall’autista e. .. via andare sino a Sernio e lì la mollavo. Quel mattino lo stradone era innevato e sdrucciolevole come sapone. Era appena passato lo slittone per la pulizia neve e il freddo aveva lisciato lo strato come vetro. A metà “ rata “ del Campone sento un sibilo di motore elettrico, poi le ruote posteriori sembrano impazzite  ruotando in modo folle ma sempre sullo stesso  posto. La filovia lentamente scivola a sinistra ma senza arretrare e si pone quasi di traverso sullo stradone. D’un botto sento una fiammata sopra di me. Sono le corna elettriche della filovia che si sono sganciate dai conduttori . L’autista scende di botto, rapido pone due cunei sotto le ruote anteriori. Mi vede con la bicicletta , mi guarda con fare truce ma non mi dice nulla. Evidentemente ha altro da pensare e io mi metto a lato della strada.

 

Un camioncino OM è innanzi alla filovia di traverso sullo stradone con un uomo che quasi perde le braghe per il gran lavoro con piccone e badile. I due autisti si guardano e poi parlano sul come fare ripartire i loro mezzi. Io mi fermo incuriosito e ascolto .

 

D’un tratto sbuca una lambretta, in alto, dal falso piano. Il pilota ha sul sedile posteriore una donna, posta di traverso come si usava una volta.  Vede e capisce il pericolo forse in ritardo e frena . Vedo zigzagare la moto e poi sbandare. Sento gridare: Rosina ‘n và a röda ! ( Rosina  stiamo scivolando !  ). La donna  prontamente sbalza dal sedile della moto e viaggia sulla schiena per alcuni metri sull’asfalto innevato . Lui, con la sua lambretta, va a sbattere contro una grossa pianta di sambuco a lato strada. Subito raddrizza la sua moto mentre regna un silenzio di paura. Lo raggiunge la moglie che va a sangue in un ginocchio. I due autisti “sbadilanti “  ( sbadilatori)  gli chiedono se si sono fatti male e lui risponde: mi si è rotta la pedivella della lambretta. Io raggiungo la signora claudicante e le dico che va a sangue anche dal naso, lei  mi risponde imbestialita pulendosi i vestiti dalla neve : era meglio se andavo a vino.   

 

Dopo alcuni secondi scende una ape- car , carica di tre ceste di pani che senza tanti rumori sbanda,  poi procede di traverso sull’asfalto ghiacciato e si capovolge nel fosso accanto  schivando un paracarro. I tre sacchi di pagnotte si svuotano sull’asfalto gelido e incomincino a correre, come fossero in un canale lungo la strada del Campone. Raccontano di averle viste correre innanzi alla torre Torelli, mentre il Tunania si affannava a ricuperarne qualcuna per far colazione  gratis senza spaccar legna. Pare che una Santa donna abbia innalzato una preghiera al cielo quando ha visto , passando accanto al Büi Vècc, quel rotolar dei pani e abbia gridato :  “ O Signore , grazie per averci dato il pane quotidiano”, mentre il Tunaia, nel contempo aveva già mangiato due pani e stava pulendo il terzo.

 

 Torniamo all’incidente del Campone “ . L’’uomo viene aiutare ad uscire dalla sua Ape. Car . E’ illeso e ha ancora  il cappello in testa. Guarda il mezzo che ha una ruota all’aria che gira ancora con il motore acceso. L’uomo brontola in dialetto: maledèta ràta del Campun. Sòo mìga ‘n cuiun , ma l’è la segùnda òlta che ‘ndòo a röda. Chilò quandù ‘l fiòca ‘l stradùn l’è cùma saun, ‘l stà ‘n pè gnàa li galin.  Dùu àgn fa u basàa ‘n paracàr cun  la mòtu e ma so fàcc ‘na borgna ‘n testa. Quest’àn u desfàa l’ape. ( Maledetta salita del Campone . Non sono un tonto , ma è la seconda volta  che rotolo. Qui quando nevica  lo stradone  è come sapone, non stanno in piedi nemmeno le galline . Due anni fa ho baciato un paracarro e mi sono fatto un bernoccolo sulla testa. Quest’anno ho distrutto il mio aper- car . l

 

Il povero uomo aveva tutte le ragioni perché ha dovuto frenare per evitare il camioncino e il filocarro e  la neve ghiacciata l’ha tradito ancora una volta. L’ho sentito imprecare contro coloro che dovevano tenere sabbiato lo stradone con termini che non posso scrivere. Vi dirò che ha tirato in ballo Enti, Comuni, Sindaci , insomma tutto quello che era per lui possibile incolpare, escluso il Vaticano poiché aveva già citato più volte il suo Capo e alla fine ha detto: ma faròo pagà i dàgn a custu de maià fò la vàca per pagà avucàt ! ( Mi farò pagare i danni a costo di vendere la mucca per pagare d’avvocato ).   

 

Intanto una sequenza di macchine si era accomunata sia sulla parte in salita verso Sernio che in quella verso Tirano. L’uomo della filovia andò a chiamare un suo conoscente che aveva un trattore. Arrivò  il trattore con un cassone di terriccio e alcuni badili. Dopo un’ ora tutti i mezzi si avviarono per il loro destino e per quel giorno non  ho più osato agganciarmi al filocarro, vedendo l’autista poco felice. Questo è un ricordo di un anziano  che insisteva nel dire che d’inverno  questi fatti capitavano  sovente, quando specie la notte nevicava e faceva freddo.  Esagerazione ? Mah !  Oggidì la “ rata” del Campone  non fa più paura perché non ghiaccia più, e se dovesse ghiacciare gli Enti interessati alla viabilità intervengono a scheggia per la sabbiatura. O no ?  

 

Ezio (Méngu)

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