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Era l’Eden: il paradiso terrestre di Tirano

CRONACA - 07 09 2023 - Ezio (Méngu)

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/eden, tirano

Non crediate che il mio sia uno “scherzo da prete”. Vi assicuro che in Tirano ai tempi della mia gioventù v’era una pista di pattinaggio. Dove era?  Era in un luogo magico, ombroso in estate e freddino in inverno. D’estate in quel luogo si giovava a bocce, si ballava e si beveva buon vino; d’inverno i campi da bocce si trasformavano artificialmente in piste ghiacciate e dovevi indossare la giacca a vento e un grosso paraorecchie fatto dalla nonna se non volevi avere le orecchie di vetro. 

 

Dove era questo posto? dirà qualche lettore che ama pattinare sul ghiaccio. Quel luogo lo si raggiungeva con pochi minuti di passeggiata dal centro di Tirano, che allora era la Piazza della Maria Lüisa, e con poco più di tre minuti da via S. Maria dove io abitavo. Per raggiungere quello spazio ghiacciato e mantenuto liscio come vetro dovevi percorrere la via Porta Milanese, poi cento metri più avanti facevi un inchino al grande Crocefisso, in inverno per salvarti le ginocchia dai capitomboli  sul ghiaccio, d’estate dell’innamoramento delle belle ragazze della contrada di Porta Milanese e di S. Maria  e, in un batter d’occhio, raggiungervi il luogo posto alla base del declivio boschivo del Dosso.

 

Lì trovavi come per magia, seminascosto dalle piante con a lato uno spazio per parcheggiare la bicicletta o la moto e, per i più “ganzi “, la macchina da imboscata. Quel luogo si chiamava Eden! In estate trovavi tre bei campi da bocce e in inverno lo spazio dedicato al gioco delle bocce lo allagavano con alcuni centimetri di acqua che con il freddo formava una spessa crosta di ghiaccio, tenuta liscia come un bigliardo e dalle venature come il marmo. 

 

Era un luogo di divertimento per dei giovanottoni dal busto, dalle spalle e palle squadrate disegnate dai colpi di badile e piccone e dalle fatiche nei campi e quelle “ arci “ dei boschi.  Sulla pista ghiacciata vi erano bravi pattinatori che i pattini se li erano comprati e li sfoggiavano come gioielli, ma anche pattinatori della domenica, con pattini in affitto, che facevano incredibili giravolte prima di cadere rovinosamente con capitomboli degni di chiamate d’ ambulanza. Ossa rotte non ne ricordo, non ho dati di “conciaossa“ del tiranese, ma ricordo grandi scontri tra pattinatori e un susseguirsi di risate quando quegli avventurieri del ghiaccio raggiungevano con andamento da ubriaco i bordi della pista battendo i pattini contro le assi di legno che delimitavano il campo. Sento ancora nella mente quei colpi come colpi da mortaio. E in estate? Lì si potevano vedere quei pattinatori trasformati in damerini di tutto punto che danzavano fino allo sfinimento al suono della fisarmonica, madidi di sudore come se avessero arato un ettaro di campo. Abbracciavano fior di ragazze toste e rubiconde con la forza di pitoni e le facevano volteggiare che era una bellezza vederle quando erano spinte in alto dai forzuti che poi le prendevano al volo.  

 

Noi ragazzi birichini, e al giorno d’oggi definiti “guardoni“,  a lato della pista da ballo, con occhi di pipistrelli che ci luccicavano come fondi di bicchiere quando vedevamo parte di quello che sognavamo solitamente la notte. E ognuno diceva fieramente di aver visto più dell’altro!   

 

Quell’Eden era il paradiso per tanti in estate e inverno e ogni tanto me lo sogno come se fosse ancora reale. Credo però di non essere il solo in Tirano che lo ricordi.  E ‘un peccato che quel luogo sia ora quasi dimenticato dai giovani, sia per la sua frescura d’estate e d’inverno dall’aria cruda che spira della contrada Dosso, pulpito aureo di Tirano.

 

Si dice in fisica che l’entropia di un sistema si misura dal grado di ordine e di disordine del luogo, ma io penso che in quel luogo, anche con il passar degli anni, la sua bellezza sia rimasta inalterata. Di più, possiamo dire che ancora oggi brilla tra ombre e luci della folta vegetazione  una bellezza antica, quale grazia femminile d’una una ragazza d’altri tempi che nasconde ciò che gli altri sognano e per questo l ‘uomo si innamora. 

 

A chi dare la colpa di questo abbondono?  Mi verrebbe da dire che la colpa è di nessuno e di tutti. Forse anche mia o da “sedicenti visionari” che non hanno saputo mantenere alta l’attenzione sulla bellezza di quel luogo che ancora tutti gli anziani lo chiamano l’Eden e ne serbano il ricordo nel loro cuore.  

 

Sarò clemente.  Assolvo i nostri attuali Amministratori che probabilmente per la loro età giovanile non hanno frequentato e conosciuto l’Eden . Punto il dito però su quelli che ora hanno i capelli grigi e che di certo ricordano di aver ballato d’estate nell’ampio terrazzo, giocato a bocce tra la frescura e l’aurea antica del Dosso, pattinato d’inverno e bevuto il vino del Mazzacavàl. Si, quelli sono i colpevoli e ai giovani possiamo dire che Tirano ha perso, purtroppo, il suo Paradiso Terreste.  

 

Ezio (Méngu)

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