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Davide Pruneri, un runner di fegato

SPORT E TEMPO LIBERO - 29 06 2017 - ivan bormolini

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/davide pruneri

(A cura di Ivan Bormolini) La storia dello Sportivo tiranese di questo mese ci porta a parlare di corsa su strada e di come il nostro concittadino Davide Pruneri si è appassionato a questo sport. Inoltre, nell'intervista parleremo anche dei gravi problemi di salute che l'hanno colpito e di come proprio lo sport abbia costituito un importante tassello in un lungo percorso che ha visto Davide ricevere un fegato nuovo.

 

Davide, come sei diventato un runner?

E' nato tutto nel settembre 2006, quando “giravo” in pista con la mia moto sul circuito di Francia Corta.

Sono sempre stato un appassionato di questa disciplina sportiva a livello amatoriale, amavo le moto in generale.

Soprattutto in quella circostanza mi sono accorto che la forma fisica, necessaria per condurre la moto in pista per più giri stava venendo meno. Riuscivo a fare pochi giri e raggiungere determinate prestazioni e poi dovevo per forza diminuire il ritmo.

Ho chiesto allora consiglio ad un amico esperto di corse e lui mi ha detto che l'unico sport che potevo fare per ritrovare la giusta forma era la corsa.

L'anno dopo, ho iniziato a correre senza obbiettivi precisi  e senza un istruttore che mi desse le giuste indicazioni, il tutto completamente da auto didatta.

 

Amore per la corsa a prima vista?

Quando ho corso la prima volta non ti nascondo che ero molto scettico; tuttavia passo dopo passo, alternando la camminata alla corsa ho subito capito che questo era il mio sport. Il tutto è avvenuto nel giro di venti minuti, direi proprio che è stato amore a prima vista. Nei giorni successivi ho iniziato ad aumentare il ritmo e nel giro di tre settimane ero in grado di percorrere 10 Km senza fermarmi.

Da li è maturata in me la voglia di gareggiare in gare organizzate a livello locale, il tutto certamente non per vincere o per misurarmi con altri atleti, ma semplicemente per sfidare le mie ambizioni personali.

 

A livello personale e agonistico che obiettivi hai raggiunto?

A livello personale devo dire che mi sento soddisfatto degli obbiettivi che ho perseguito e che continuerò a cercare di raggiungere.

A livello agonistico ricordo che la prima gara che ho disputato si svolgeva a settembre 2008 ed era la classica di montagna Fusino Malghera. Dopo questa ho partecipato ad altre competizioni sia a livello locale che regionale. Il resto è stato tutto un divenire di sport e passione, l'anno scorso per esempio ho percorso circa 5000 Km.

 

Ora Davide è inevitabile parlare della grave malattia che ti ha colpito, raccontaci tutto?

Avevo una malattia genetica molto rara che interessava il mio fegato, il deficit Alfa 1 anti tripsina. Quest'ultima è una sostanza che viene prodotta dal fegato ed è necessaria per la conservazione e la rigenerazione delle cellule epatiche.

Nel mio caso ero deficitario di questa sostanza per l'80%, inoltre la rimanenza era prodotta in forma alterata.

L' antitripsina, a lavoro compiuto, normalmente deve essere espulsa e nel mio caso non avveniva, il tutto portava ad una cirrosi epatica.

Nel mio fegato nel 2014 si sono formati dei noduli maligni, questi sono stati trattati tre volte con chemio embolizzazione e radiofrequenza.

 

Parlaci del trapianto di fegato, o meglio del percorso che hai dovuto affrontare?

E' chiaro che un fegato già sofferente di una malattia rara e poi colpito da noduli maligni, non poteva resistere a lungo, dopo che i noduli erano stati trattati e fortunatamente con buoni esiti, sono entrato in lista trapianti nel novembre 2014. Tuttavia dopo vari controlli, esattamente il 22 gennaio 2015, il tumore si era ripresentato e quindi sono stato tolto dalla lista. E' semplice il discorso, non potevo ricevere un nuovo organo se il mio presentava un nuovo tumore. Quindi occorreva debellare anche questo. Da quel momento mi sono sottoposto ad un nuovo intervento, per impedire al tumore di propagarsi. Sono rientrato nella lista il 23 giugno 2015.

 

E da li in poi?

Qui c'è un fatto da raccontare, sono un runner e lo sono stato anche in quel giorno. Ero tornato dall'ospedale di Bergamo da poche ore, bisognava solo attendere la chiamata dove mi si diceva che un fegato era disponibile.

Certo non avrei mai pensato che l'organo ci fosse già in quella sera stessa. Mi hanno chiamato dall'ospedale di Bergamo nella tarda serata di quel fatidico 23 giugno, avvisandomi di partire per affrontare le fasi pre operatorie.

Detto fatto, Di nuovo in macchina, tra pensieri e sensazioni indescrivibili... Chi affronta questo cammino sa però sin dall'inizio che ci possono essere degli intoppi di varia natura, vuoi che un nuovo intoppo non capiti proprio a me?

 

Vai avanti, di che cosa stai parlando?

Ero stato informato che comunque sia, se l' organo disponibile c'era, l'ultima parola sul fatto di trapiantarlo o meno spettava al chirurgo che in un altro ospedale eseguiva il prelievo degli organi.

In quella notte, dopo che erano state eseguite tutte le fasi pre operatorie, ricordo di essermi anche addormentato nell'attesa del trapianto. L'unica cosa che sapevo è che il donatore avrebbe donato più organi e che il fegato sarebbe stato l'ultimo ad essere prelevato... C'era da aspettare e sperare che il chirurgo desse il via libera. Purtroppo così non è stato, quel fegato presentava aspetti tali da non poter essere donato.

Quindi di nuovo a casa.

Finalmente però, pochi giorni dopo, il 9 luglio, con un intervento durato sette ore ho avuto il trapianto e dopo quaranta giorni sono tornato di nuovo a Tirano.

 

Perdonami la libertà, mi stai raccontando tutto come se fosse stato fare una corsa, con semplicità, ma anche spirito tenace; dicci la verità, lo sport ti ha aiutato in questo lungo cammino?

E' innegabile che prima di parlare di sport, gli affetti famigliari l' hanno fatta da padrone, mia moglie, le mie due figlie e i miei altri parenti, mi sono stai vicino dandomi un eccezionale supporto. Ma io sono un combattente di carattere, sono competitivo con me stesso e questo gioco forza credimi ha fatto tanto.

Calcola che ho avuto un tentativo di rigetto, i farmaci che prendevo e che prendo ancor oggi certo non sono acqua, il percorso post operatorio certo non è stato una passeggiata, ma la voglia di tornare a correre non mi ha mai abbandonato.

Appena mi è stato concesso di alzarmi, ho iniziato a fare piccoli passi, giorno dopo giorno sempre di più. Nelle lunghe giornate di ricovero post operatorio, cercavo ogni occasione ed ogni spazio per poter camminare. Il fatto di poter semplicemente camminare, magari solo in ciabatte, pensando alla corsa ha contribuito a farmi stare meglio con la mia mente e con il mio corpo.

Un piccolo dato che dimostra quanto lo sport mi abbia aiutato in questo percorso, è che dopo 55 giorni dall'intervento correvo già per mezz'ora.

 

Torniamo a parlare di corse e di gare, come hai coniugato l'idea di unire lo sport alla sensibilizzazione alla donazione degli organi?

Parliamoci chiaro, senza la donazione degli organi, nel mio caso il fegato non saremmo qui a raccontare la mia storia. Questo è il primo punto fermo da cui partire. Nel dicembre 2016 ho saputo che c'era una gara organizzata appositamente per trapiantati e dializzati e vi ho partecipato. Da quella corsa è maturata in me l'intenzione di unire lo sport alla sensibilizzazione sul trapianto degli organi. Ho iniziato a collaborare attivamente con AIDO, nelle competizioni a cui partecipo indosso sempre la maglietta di questa importantissima associazione in cui è stampata la scritta “ ….La vita è un dono. Dona per una vita....” . Mi pare un messaggio chiarissimo.

Inoltre, in ogni luogo in cui vado a gareggiare, prendendo parte a competizioni varie chiamo sempre la sede più vicina dell'associazione Aido, e così, grazie a loro e alla loro partecipazione con striscioni e personale volontario, riesco a promuovere prima e dopo la gara l'azione di Aido stessa e la mia diretta testimonianza. Il tutto serve veramente tanto per far conoscere la fondamentale importanza della donazione degli organi.

Ad oggi ho corso ben diciassette gare con la maglietta Aido, che per me è una bandiera.

 

Perché indossi scarpe diverse per colore... Concludiamo col parlare dell'AIDO DAVID TOUR 2017?

Partiamo dall'ultima parte della domanda, L'Aido David Tour 2017 è un'idea mia, fa parte, o meglio, è parte integrante del progetto di sensibilizzazione di cui ti ho appena parlato. Nel mio tour di corse 2017, voglio continuare a parlare dell'importanza della donazione degli organi sempre di più. Non mi interessa se lo faccio da un palco oppure in altri luoghi, sono convinto che la mia testimonianza, diretta e schietta possa aiutare a far comprendere il messaggio di Aido.

Le scarpe di diverso colore che indosso fanno parte di un ulteriore messaggio che contribuisce  a far comprendere l'importanza di ricevere un organo che ti salva la vita.

La mia scarpa destra la chiamo fegato, semplicemente per ricordare e ammirare chi mi ha donato quest'organo, quella persona di cui non conosco le origini e le generalità la chiamo semplicemente AIDO. La mia scarpa sinistra rappresenta invece il cuore, perché in ogni circostanza, in ogni cosa che faccio ci metto il cuore. 

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