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Sapori e Amori al tempo del Coronavirus

CULTURA E SPETTACOLO - 08 12 2020 - Ezio (Méngu)

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Il chisciöl

Giunse così il settimo giorno dei quarantenanti nella baita del Mortirolo. I giovani studenti, Mario, Filippo, Giacomo e le rispettive compagne Milena, Lorenza, Gianna avevano rispettato a puntino la normativa  per non infettarsi da Coronavirus  con il distanziamento personale, con il portare la mascherina sul viso e il lavaggio assiduo delle mani.

I tre ragazzi e le ragazze avevano faticato non poco ad attenersi alle regole della quarantena.  Insomma per loro il distanziamento  personale era stato un  sacrificio. La loro forza  ormonale primitiva, intendo il dono prezioso  che il Creatore ci ha  dato per favorire una Santa  moltiplicazione delle specie , ribolliva furiosa nei loro corpi.   Tenere a freno  quella forza era come pretendere di tenere fermi i bimbi e far correre i vecchi !  Solo una notte  quei giovani avevano infranto  la regola del distanziamento personale.   Quella notte c’era la  luna piena. Le cime dei monti innevati dell’Adamello, sotto il chiarore di quella luna diafana, sembravano  lastre argentate che diffondevano  un tenue chiarore sulle rocce circostanti. Nei prati intorno alla baita si potevano  vedere le ombre ondeggianti delle erbe alte mosse dalla brezza. Appena a lato del prato, il luccichio dei ciottoli della mulattiera lisciati  dai carri sembravano piccole lanterne. . Sopra la baita  le ombre lunghe dei  larici si proiettavano sinistre  nella grande pozza d’ acqua del laghetto con  le acque leggermente increspate. L’ululato di un lupo, a tratti,  rompeva il silenzio.   A notte fonda le ragazze impaurite  avevano chiesto ai loro compagni protezione. Agili come  grilli  avevano abbandonato i loro letti e leste come anguille si erano infilate nei giacigli dei maschi avvinghiandosi ai compagni come dei rampicanti. Il lupo continuò a ululare sino alle prime luci dell’alba .  Forse l’ululato era per mal d’amore !  Ora i giovani maschi avevano il “ duro “ e impegnativo compito di rincuorare le loro compagne, che tremule come foglie di betulla si erano avvinte più dell’edera ai corpi dei loro compagni.   Passò così la notte tra sospiri e affanni. Tutti si alzarono tardi  e fecero  una sostanziosa colazione. Lorenza  quella mattina, come si dice in gergo popolare  , aveva la luna di traverso. Si  grattava  continuamente  il lobo dell’orecchio sinistro, che appariva rosso come un peperone e  Gianna, accortasi,   le chiese la causa di quel gonfiore. Lorenza  rispose stizzita: “Filippo nel sonno, improvvisamente, questa notte mi ha morsicato il lobo dell’orecchio.  Si è  scusato dicendo che nel sogno pensava d’essere quel lupo mannaro che ululava dalla cima del monte.  Ora l’orecchio mi duole.  Sono preoccupata, non vorrei che il mio compagno prendesse il vizio ogni notte di divenire un lupo mannaro e morsicarmi le orecchie.” Rispose Gianna  con un sorriso birichino “ meglio il lobo dell’orecchio che qualcosa d’altro !  “ . Verso mezzogiorno Lorenza uscì dalla baita con una fretta insolita , con la mascherina sul viso, salutando la brigata con “ a dopo,  con sorpresa ! “ . La seguirono con lo sguardo dalla finestra. La videro  entrare nella baita del “ Ruseghìna”  . In  quella baita il “grosino”  si era rifugiato , a causa della pandemia di coronavirus  con sua moglie Celestina , donna d’altri tempi. Donna quieta ed ubbidiente , donna lavoratrice al punto che sotto le pesanti gerle di legna aveva ancora il fiato di recitare il rosario, mentre suo marito , sbuffando per lo sforzo,  le portava l’accetta. La donna oltre a mille lavori di campagna cucinava il chisciöl divinamente con una ricetta che pochi ancora tengono in mente.  Lorenza lo sapeva. Chiese a Celestina se per mezzogiorno poteva cucinare sei sostanziosi  chischiöi  per portarli in baita. Non se lo fece dire due volte. Il “ Ruseghina “ dopo aver preparato gli ingredienti  con flemma e  potere grosino le disse “ Fèmna ,  ses chiscöi iè pòch, preparàn  biscì òt,  parchè völi tastài àa mi ! “  Lorenza ritornò in baita, ma non disse nulla.  A Mezzogiorno uscì di nuovo. Ritornò con quattro taglieri colmi di sei chisciöi croccanti. Disse alla brigata : “ La mia novella è questa e sarà profumata ! Ricordate il motivo per cui ci siamo messi in quarantena ? La polenta taragna che avevo cucinato quasi dieci giorni fa era piaciuta a tutti noi, meno che a Mario. Lui non sentiva il sapore e  nemmeno quello delle salsicce . Preoccupati ci siamo messi in quarantena. Ora ognuno di voi prenda dal tagliere un chisciöl , lo mangi e faccia un commento sul suo sapore e sulla sua bontà. Per primo toccò a Mario. Ne assaggiò tre buoni bocconi e disse: “Uhm, uhm,  è un incanto !! “ . Poi seguirono gli altri nell’assaggio. Fu un mugolio di piacere, più della notte passata.  Dei sei chisciöi rimasero solo alcune croste sui taglieri.  D’un tratto sentirono  bussare alla porta. Lorenza corse ad aprire. Era il “ Ruseghìna “ con la moglie Celestina  con altri sei chisciöi  fumanti . La sera tutti otto sedettero accanto al focolare e fecero incetta di quel buon cibo accompagnandoli  con due bei bottiglioni di Vino Valtellina  e con dei canti montanari che il “ Ruseghina”  estrasse dalla memoria d’alpino. A fine serata il vecchio “ Ruseghina “ dall’alto dei suoi 88 anni, togliendosi per un momento la mascherina dal viso e con il dito puntato verso il cielo, disse : “Car i mée fiöi, mangìi chisciöi e cun  l’amur cunsümìi  lenzöi. Scamperìi cént àgn !”  Nevvero  Celestina ?  “ . Celestina annuì , poi alzando gli occhi al cielo  toccò la corona del rosario. Esplosero  tutti in una risata generale.  Lorenza  aggiunse : “ Ora tutti noi abbiamo gustato il chisciöl della Celestina , era una vera delizia di sapore ! Segno  evidente che le nostre papille gustative funzionano alla perfezione. E’  la prova del nove che siamo sani come coralli poiché chi si infetta di coronavirus  non sente più i sapori . Poi sorridendo disse: “Figuriamoci il sapore dell’amore !Dichiaro la nostra quarantena finita. Allegria !”  Si seppe poi che quei sei giovani continuarono la loro permanenza in baita ancora per giorni quando seppero che nel Milanese la pandemia dilagava e falcidiava gente a non finire, soprattutto gli anziani.  Con l’ardore che la gioventù dona , la sera accanto al camino acceso, continuarono a raccontarsi le loro esperienze personali, i loro sogni, i loro progetti, arricchendo sempre di più la loro relazione e i loro affetti personali.

 

Ezio (Méngu)

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