Protesi mentale e intossicazione digitale
CULTURA E SPETTACOLO - 27 03 2017 - Méngu
Non ci sono studi che lo confermano, ma per la teoria di Darwin sull'evoluzione della specie, non mi meraviglierei se nel nostro DNA vi fosse qualche mutazione che al nascere di qualche bambino facesse comparire al posto delle orecchie due smartphone. Ormai il telefonino è diventato, non solo per gli adolescenti, ma anche per i grandi, una protesi che fa parte dello schema corporeo. Poco si fa senza l’ausilio di questa protesi. L’altro ieri sono stato testimone d’una scenetta che merita di essere raccontata. Sono quasi certo che non sarà una novità per chi legge, ma per me è stato un episodio da teatrino che chiamerei ”protesi con intossicazione digitale”. La scenetta si è svolta in un piccolo e grazioso ristorante. Il cibo era raffinato, i vini ottimi, ma il locale era ristretto. I tavolini erano distanziati di poco tra loro. In verità si poteva udire il rumore della masticazione dei vicini commensali del tavolo accanto. Insomma, pur non conoscendosi, si mangiava in “famiglia“. Accanto a noi c’erano due “compagni“. Preciso: un maschio e una femmina. Lei, vista da dietro era “liceo”, davanti “museo “. Lui, non più giovane di pelo, aveva la barba bianca, da capretta, i capelli grigi e scapigliati. Dovevano essere compagni da lungo tempo poiché i loro sguardi non erano da innamorati. Ho scorto in loro momenti di assenza che di solito hanno marito e moglie quando si è assieme da lungo tempo. Appena arrivati al tavolo, la signora con uno sguardo assente ci ha proferito un convenevole “buon appetito “, poi si sono accomodati nel tavolo accanto al nostro. Lei subito ha tolto dalla sua borsetta il suo smartphone, lui la stessa cosa, ma con gesti di noia. Li hanno appoggiati sul tavolo alla loro destra in silenzio. In silenzio hanno scrutato le carta dei cibi e dei vini e poi, di botto, hanno chiamato il cameriere per l’ordinazione. Noi, sul lato destro e quasi appresso, abbiamo iniziato il nostro pranzo mentre loro, nell’aspettativa del cibo sembravano galline impazzite che beccano il granoturco tale era la velocità nel digitare una valanga di messaggini. Finito lui, iniziava lei. Insomma si capiva benissimo che stavano comunicando tra loro. Si capiva dai loro accenni, dagli stentati sorrisi comuni, dai moti di condivisione e di stizza. Noi eravamo in rispettoso silenzio: io, a causa dello spazio, a fianco della sua compagna, lui accanto a mia moglie. Beata intimità non voluta, dettata dall’interesse del ristoratore, quando ti fa la grazia di guardare nel piatto dell’altro. Di li a un po’ è arrivato anche il loro turno di pranzo. Subito hanno fotografato i loro cibi continuando la valanga di messaggini inviando messaggi a non so chi. Con la seconda portata la storia si è ripetuta, idem per il dolce, il caffè. Noi, terminato il nostro pranzo ci guardavamo in giro parlandoci come in confessione e con la mano sulla bocca per non farci intendere. D’un tratto la signora si è alzata di scatto, ha afferrato la sua borsetta, il suo smartphone ed è uscita dalla sala al piccolo trotto. Si è recata in bagno. Questo però l’ho dedotto dopo, poiché passati alcuni minuti il compagno ha ricevuto un messaggino sul suo smartphone appoggiato sul tavolo. Benché vicini, non ho potuto leggerlo per via della poca luce. Lui, poi con una smorfia di sufficienza ha chiamato il cameriere. Ho pensato: ”allora questo signore non è muto“. Poi, parlando con il cameriere concitatamente ha detto: “guardi che in bagno manca la carta igienica” . Con gentilezza ha risposto: “un secondo e la farò portare “. Dopo alcuni minuti è arrivata la signora al tavolo con in mano il suo smartphone. Noi ci siamo alzati e dopo alcuni passi ho sussurrato a mia moglie: “hai potuto constatare l’utilità dello smartphone? Come avrebbe potuto comunicare con lui per avere la carta igienica, essendo seduta sulla tazza del bagno con il suo bisogno già fatto?”. Dobbiamo ammettere che il telefonino è ormai una protesi del pensiero, della memoria, persino della cultura che accompagna preadolescenti, adolescenti, giovani e meno giovani in ogni luogo. Anche nei più impensati e nei più intimi e salva da situazione di pericolo e anche da quelli imbarazzanti. Insomma, è una protesi utile che ormai fa parte del nostro schema mentale e corporeo, ma che può dare intossicazione, in particolare quando si è a tavola e si mangia. Méngu
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