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I polimeri più utilizzati in ambito industriale

ECONOMIA E POLITICA - 22 11 2023 - redazione

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Quando si parla di polimeri, si fa riferimento a macromolecole che possono essere di origine naturale o sintetica. Quelli utilizzati in ambito industriale sono soprattutto sintetici, e si ottengono da reazioni chimiche di sintesi: il nylon, il plexiglas e il ptfe sono solo alcuni degli esempi che si possono menzionare. Prodotti da monomeri che sono derivati dagli idrocarburi, i polimeri di sintesi (fra i quali si ricordano anche le fibre acriliche e il polietilene) si trovano in tanti oggetti che siamo abituati a usare nella vita di tutti i giorni, come le bottiglie per l’acqua, le pellicole per gli alimenti, i contenitori, le fibre tessili o le vernici. Aziende come Unigasket sono specializzate nella produzione di oggetti e utensili realizzati con questi materiali, dalle caratteristiche variabili in base alle esigenze che ci si propone di soddisfare.

L’industria medicale e i polimeri

Nel comparto dell’industria medicale i polimeri si prestano a numerosi campi di applicazione, consentendo peraltro di beneficiare di approcci terapeutici all’avanguardia. Le strutture polimeriche sono ideali, per esempio, per le protesi, e più in generale sono in grado di funzionare come sostituti temporanei, andando a stimolare la rigenerazione dei tessuti in attesa che gli stessi ricrescano. Mentre gli impianti fissi non possono adattarsi a eventuali cambiamenti fisici, come quelli di un ragazzo che deve ancora completare la propria crescita, i polimeri permettono di sopperire a questo inconveniente quando vengono utilizzati nella loro versione degradabile. L’acido poliglicolico e l’acido poliattico, che viene utilizzato anche per le borse della spesa in plastica biodegradabile, offrono esempi puntuali in tal senso. Ecco, allora, che l’industria medicale ricorre ai polimeri degradabili per la produzione di protesi, fili di sutura e viti di fissaggio osseo.

I tecnopolimeri

L’industria sempre più spesso utilizza anche i tecnopolimeri, conosciuti anche con il nome di engineering polymers. Essi vantano caratteristiche di rigidità e di resistenza che permettono di utilizzarli al posto dei metalli nel settore ingegneristico. In ambito industriale questi particolari polimeri sono apprezzati per la loro capacità di resistere all’invecchiamento e ai carichi dinamici; inoltre, sono facilmente lavorabili e vantano una stabilità dimensionale buona. Infine, anche oltre i 100 gradi di temperatura conservano proprietà meccaniche buone. Ecco, allora, che i tecnopolimeri possono essere impiegati nell’industria alimentare e in quella edile, ma anche per la produzione di elettrodomestici e nei settori della cura della persona, dell’automazione industriale e dell’elettronica. Un tecnopolimero molto diffuso è il policarbonato, che viene usato soprattutto nell’ottica e nel settore dei trasporti. Il nylon e la poliammide 6 sono altri polimeri utili nell’industria meccanica, anche perché possono essere caricati con fibra di vetro: vi si ricorre tra l’altro per i cavi e le guaine necessarie per l’isolamento elettrico.

Il pet

Il pet è un altro polimero necessario in ambito industriale, apprezzato per la sua resistenza chimica e la sua stabilità dimensionale. Anche altre doti meritano di essere prese in considerazione, come la leggerezza, la resistenza termica, la resistenza meccanica e la resistenza agli urti. Questo tecnopolimero, inoltre, può essere utilizzato in un range di temperature che va da un minimo di 60 gradi sotto zero a un massimo di 130 gradi. Idoneo al contatto con le bevande e con gli alimenti, viene usato per la produzione di contenitori e bottiglie a uso alimentare.

Il pbt

Il pbt è in grado di resistere a temperature fino a 150 gradi e vanta una stabilità dimensionale eccellente. È un termoplastico semicristallino e sintetico con caratteristiche paragonabili a quelle del pet. Le alte proprietà di isolamento elettrico si coniugano a basso peso molecolare e alla capacità di bloccare le radiazioni UV. In ambito industriale, il pbt viene usato per la produzione di ventole, di componenti per auto, di corpi di pompe, di bobine, di trasformatori e di commutatori. La velocità di cristallizzazione fa sì che esso sia facile da modellare; inoltre, le sue proprietà termiche e meccaniche possono essere migliorate grazie alla combinazione con fibre.

Il ptfe

L’ultimo polimero che vale la pena di citare in questa rassegna di polimeri utilizzati dall’industria è il ptfe, che si caratterizza per un coefficiente di trasmissione termica ridotto e, proprio per questo motivo, può essere ritenuto un isolante termico. Inerte rispetto alla maggior parte dei reagenti chimici conosciuti, il ptfe è una sorta di lubrificante allo stato solido, in virtù del suo coefficiente di attrito molto basso, che lo rende antiadesivo. Vanta, inoltre, una resistenza ottima ai raggi UV e agli agenti atmosferici; a temperature fino a 300 gradi è insolubile in qualunque solvente, e si scioglie unicamente quando le temperature si avvicinano al punto di fusione cristallino a contatto con olii altamente fluorurati. Il ptfe non è altro che il teflon, cioè il materiale che conosciamo per le padelle e le pentole antiaderenti, ma utilizzato in molti altri ambiti di produzione a livello industriale.

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