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Un ricordo del 36° Giro d’Italia del 1953

SPORT E TEMPO LIBERO - 23 05 2017 - Mèngu

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/coppi, giro d'italia 1953

Per noi ragazzi dell’oratorio, in quei giorni, era un vociare serrato. Quante figurine valevano Fausto Coppi e Hugo Koblet? Era tutto da stabilire a suon di spintoni e paroline poco gentili. Nella nostra animazione c’erano anche i nomi di Fiorenzo Magni, Bruno Monti, ma su questi si dava meno battaglia.

 

Correva l’anno 1953, all’oratorio S. Cuore di Tirano era un brulicare di ragazzi che gridavano: “Evviva Coppi, Evviva Koblet!". Pochi inneggiavano a Magni e Monti, che avevano vinto alcune tappe del giro. Nel polveroso campo da gioco dell’oratorio due grossi gruppi si erano divisi. L’uno per Coppi e l’altro per Koblet. Il motivo c’era .

 

Quel giorno la grande tappa del 36° giro D’Italia, la 20° del 1 giugno del ’53, Bolzano- Bormio l’aveva vinta Fausto Coppi. Fausto in quella tappa strappò la maglia rosa al forte Koblet. Lo staccò proprio sui tornanti del Passo dello Stelvio, passo che era stato inserito per la prima volta nel percorso del Giro. Oggi, per antonomasia, è denominato Cima Coppi, passaggio più alto dei ciclisti professionisti durante il giro D’Italia.

 

Il giro d’Italia era iniziato il 12 maggio, doveva finire il 2 giugno in 21 tappe. L’ultima tappa era quella del giorno 2 di giugno: Bormio- Milano. Ma andiamo con ordine anche se allora noi ragazzi eravamo piccoli vulcani e i ricordi sono lontani nel tempo. Io ero nel gruppo di Coppi anche se mio padre aveva sempre tifato per Bartali. Mi aveva raccontato la leggenda di Bartali e la rivalità sportiva con Fausto Coppi. Non era raro il caso di raccontare le vicende dei due supercampioni tra padre e figlio. Su di loro sono state scritte valanghe di libri, fatti filmati, racconti, aneddoti, ecc. ecc. e penso che ogni sportivo ne sappia qualcosa.

 

E’ invece il caso di raccontare quella bella giornata di ricordi, per noi ragazzi dell’oratorio. Passato la sera del 1° giugno, con la vittoria di Coppi, il mio gruppo era più che mai convinto che il giro lo vincesse lui, anche se prima della scalata dello Stelvio Coppi aveva detto il contrario, poiché Koblet era un osso duro e degno avversario.

 

Così quel pomeriggio decidemmo di fare una partita al pallone con l’intento di rappacificarci gli animi e di distendere i nervi che erano a fior di pelle da ambedue le parti. Se non ricordo male la partita finì in pareggio. Insomma né la squadra di Coppi né quella di Koblet aveva vinto e l’accordo fu di trovarci in gruppo al mattino per vedere passare il Giro D’Italia.

 

Quella sera avevamo parlato con il nostro beniamino tiranese Carletto, baldo giovane sportivo e valente corridore ciclista, degno d’essere paragonato ai partecipanti del Giro d’Italia. Carletto, a cavallo della sua bicicletta da corsa, ci aveva raccontato la scalata dello Stelvio di Coppi che aveva strappato la maglia rosa a Koblet nel freddo e tra muraglie di neve, con un entusiasmo che pareva lui stesso il protagonista.

 

In quel giorno, molto probabilment,e non ci fu folla così numerosa in Valtellina per quell’evento nemmeno quando arrivò Garibaldi nel 1859. La folla ai bordi della statale 38 era immensa. Anche chi non aveva l’ombrello, la pioggia non lo poteva bagnare, tale era la fila del tetto d’ombrelli. Era un brulicare di persone intente a primeggiare per recuperare un posto ai bordi dello stradone.

 

Io, con il mio gruppo ero in prima linea; aspettavamo impazienti, intanto che prestigiose macchine, quali le nere Alfa Romeo 2500, le Lancia, le Fiat Topolino e le macchine dei “réclame“ dell’amaro Ferro China Bisleri, del Tamarindo, della carne Simmenthal con il furgone della “mucca muggente”, della Campari , del cioccolato Nestlè, del dentifricio Chlorodont's, sfrecciavano innanzi a noi.

 

Poi arrivò la polizia con le scoppiettanti moto Guzzi Falcone, con i piloti avvolti in mantelli grigi e al suon delle stridenti sirene. Ecco! Si sentì un boato provenire a monte, era la gente che in quel momento vedeva passare il giro. Poi il boato si avvicinò a noi, si fece sempre più prossimo e in batter d’occhio fu subito il nostro turno. Fu un ondeggiare furibondo d’ombrelli aperti per vedere passare il gruppo.

 

Ricordo di aver visto sfrecciare il mio idolo, Fausto Coppi nel gruppo, tra una nuvola di spruzzi sottili di pioggia. Quell’attimo fuggente mi è rimasto nella memoria. Poi a seguire la carovana d’auto e un volteggiare di ombrelli e di gente che invadeva la statale e che diceva di aver visto e riconosciuto quasi tutti i corridori. Erano balle, dettate dall’emozione del momento!

 

Quella tappa del 2 giugno, Bormio-Milano, la vinse Fiorenzo Magni, ma Fausto Coppi era in testa nella classifica e il Giro d’Italia del ’53 lo vinse lui. Gridavamo: "Primo Fausto Coppi squadra Bianchi; "Secondo Ugo Koblet squadra Guerra".

 

L’allegria di quella memorabile giornata non finì e merita di essere ricordata. Ed è quella che capitò al mio caro amico Luciano, partigiano di Koblet. Successe che gli autisti delle bianche automobili della Chlorodont graziosamente gettarono, nel passaggio sulla statale 38, dei piccoli tubetti di dentifricio che la gente si affrettava a raccogliere. Così fece anche Luciano che raccolse da terra, con scatti felini, due o tre tubetti.

 

Quando lo raggiunsi, parlammo dei nostri idoli. Mi accorsi che stranamente aveva un alito profumato, lui che il sapone profumato lo vedeva solo nei filmati Luce. Nel parlare mi accorsi che la saliva gli spumeggiava in bocca. Mi confessò che aveva succhiato il contenuto del tubetto di dentifricio Chlorodont scambiandolo, così disse lui, per una crema deliziosa. Non ho mai saputo se il tubetto di dentifricio Luciano l’avesse succhiato per una stizza di rabbia dovuta a Koblet che si era classificato dopo Coppi nel memorabile giro d’Italia del ’53...

 

Méngu

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