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Un contratto di rete per l'agricoltura di montagna

ECONOMIA E POLITICA - 19 03 2019 - Redazione

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/Agricoltura e territorio

Le attività agro-silvo-pastorali, storicamente connesse al territorio montano, sono state al centro del nono appuntamento di Montagna 4.0 ospitato presso la sala Bormio Terme nella serata di Venerdì 15 marzo. L’incontro, coordinato dalla Prof.ssa Maria Chiara Cattaneo, ha visto come relatori il Prof. Geremia Gios, dell'Università di Trento, e l’Ing. Benedetto Abbiati, Presidente del Consiglio Direttivo di SEV.
Un argomento di sicuro interesse, soprattutto a fronte dell’importante funzione ricoperta dall’agricoltura di montagna: non solo fonte di reddito ma fondamentale per il mantenimento del territorio e del paesaggio.

Altro aspetto di rilievo fortemente connesso all’agricoltura di montagna, come sottolineato dal Prof. Gios, è la possibilità di immettere sul mercato prodotti agroalimentari identitari; globalizzazione e competizione tra i territori, infatti, portano ad esaltare il ruolo delle specificità territoriali.

 

A dispetto di queste ottime premesse, l’agricoltura rimane in montagna un’attività marginale a causa di condizioni climatiche-morfologiche sfavorevoli, all’oggettiva ridotta disponibilità di terre coltivabili, alle maggiori difficoltà ad usufruire di economie esterne in conseguenza della bassa densità di aziende, nonché a produzioni e politiche agricole distorsive. Una situazione effettivamente critica che richiede non solo un adeguamento tecnologico ma che necessita di innovazioni in campo organizzativo-gestionale. In un tale contesto ciò che può veramente fare la differenza è l’adozione di buone pratiche, come dimostrato da un’attenta analisi delle attività agricole sulle Alpi. Da tale indagine emerge come il maso chiuso, istituto giuridico riconosciuto in Alto Adige finalizzato a preservare l'indivisibilità della proprietà agricola, si proponga quale strategia vincente; esso, infatti, si traduce in un efficace strumento per scongiurare la frammentazione fondiaria, spesso all’origine dell’abbandono delle aree coltivabili.

 

Proprio rifacendosi all’esempio virtuoso del maso chiuso, il Prof. Gios ha suggerito come possibili soluzioni a favore delle attività agricole in aree montane il ricorso al riordino fondiario o all’istituzione della banca della terra. Quale esempio concreto di riordino fondiario, Gios ha illustrato al pubblico il recupero di un’area incolta nel comune di Vallarsa che ha visto far confluire in un unico fondo frazioni di territorio appartenenti a ventotto proprietari diversi. Tala area, ceduta dai proprietari al Comune d Vallarsa per 25 anni (dei quali 20 anni senza canone) è stata affidata a due giovani, la cui impresa agricola ha generato nuovi posti di lavoro.

 

Un’ulteriore opportunità per dare respiro all’attività agricola in montagna, suggerita da Gios, consiste nel creare relazioni tra i produttori attraverso un contratto di rete, istituto innovativo che realizza un modello di collaborazione flessibile tra imprese in cui ciascuna conserva indipendenza, autonomia e specificità. Attraverso il contatto di rete è possibile incrementare la capacità innovativa e la competitività sul mercato realizzando progetti e condividendo obiettivi. Tipologie di contratto di rete sono riconducibili a iniziative congiunte per l’ingresso o la gestione di uno o più mercati esteri, attività propedeutiche a quelle produttive e commerciali come la ricerca tecnologica e di mercato, servizi di interesse comune come la logistica, i trasporti, i servizi contabili e fiscali.

 

Un esempio di associazione fondiaria nel territorio valtellinese ha riguardato il recupero di un’area dei vigneti di San Rocco a Castione. L’intero percorso che ha portato a questa formula gestionale, come è stato illustrato dall’ Ing. Abbiati, ha avuto avvio grazie alla convergenza su tale progetto di obiettivi diversi perseguiti rispettivamente dal Comune di Castione, dalla Società Economica Valtellinese e dalla cooperativa Intrecci. In estrema sintesi, le finalità del progetto portate avanti da questi tre enti sono riconducibili al recupero di una porzione di versante terrazzato importante sotto il profilo ambientale e paesaggistico, alla verifica dell’applicabilità dello strumento dell’Associazione Fondiaria nel contesto valtellinese e nel settore delle colture intensive come il vigneto, al reinserimento lavorativo per soggetti in difficoltà e disoccupati. L’importanza della proposta e le sue ricadute del territorio hanno fatto sì che, anche grazie ad un finanziamento da parte della Fondazione Cariplo, il 7 gennaio 2017 venisse costituita l’Associazione fondiaria Vigneti di San Rocco. Attualmente vi aderiscono i proprietari di 37 unità catastali per una superficie complessiva di 34.000 mq.

 

Tale Associazione fondiaria, che intende garantire a chi è realmente interessato la disponibilità “a tempo” di proprietà agrarie inutilizzate senza alterarne il regime proprietario, cerca di opporsi alla diminuzione di aree deputate a vigneto, pressoché dimezzate (48,3%) dal 1961 al 2017 nel territorio della Comunità Montana Valtellina di Sondrio. E’ importante sottolineare come un simile intervento apporti benefici anche sotto il profilo della costruzione e del mantenimento del paesaggio, della conservazione della diversità biologica, della prevenzione dei dissesti idrogeologici, della conservazione del patrimonio culturale legato all’attività agricola.

 

A conclusione della serata è stato lasciato spazio alla presentazione dei tre proposte partecipanti al concorso di idee strettamente connessi all’argomento della serata: Rivoluzione agricola, che mira al superamento del problema della frammentazione e al recupero della tipicità delle piccole produzioni locali; Il benessere della montagna, progetto di recupero delle aree agricole abbandonate attraverso la coltivazione di erbe officinali; Butega Valtellina e Azienda Agricola Substrato hanno invece pensato alla realizzazione di un laboratorio condiviso rivolto a supportare i piccoli produttori e capace di favorire lo sviluppo di sinergie e progetti collettivi.

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