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Tra latitudini e latitanze, l'Italia che non cambia

ECONOMIA E POLITICA - 28 02 2018 - Alessandro Cantoni

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Caro Alessandro,

vuol veramente cambiare l’Italia? Allora prenda l’Italia intera, la faccia ruotare verso Nord come il fulcro in Torino, afferrandola per Marsala, sino a porla parallela alla Svizzera. Dopo alcune generazioni vedrà che L’Italia andrà a gonfie vele poiché a stessi paralleli terrestri corrispondono pensieri e comportamenti eguali, mentre a latitudini diverse tutto cambia.

Mengu, Tirano (SO)

 

 

Caro Mengu,

In virtù o a causa delle sue travagliate vicende, l'Italia è certamente un paese diverso rispetto a quelli della grande Casa comune, l'Europa. Anche il carattere degli italiani è un derivato di mamma storia. Basti pensare alle rivoluzioni che accompagnarono l'età moderna nella industriosa e tutt'altro che provinciale Inghilterra del 1648, oppure al trionfo degli ideali illuministi in una Francia assolutista e dispotica. Il suo sovrano, infatti, fu un reuccio capriccioso e sprecone, terribilmente avaro.

 

Qualche decennio dopo, un altro ometto, piccolo ma ingegnoso, avrebbe portato una ventata di aria nuova in Italia: il buon (in verità non troppo) Napoleone. Aria nuova, dicevo, ma anche aria fritta. Non era la prima volta che la nostra penisola veniva contesa dalle potenze straniere, esattamente come oggi ci si spartirebbe una deliziosa torta al cioccolato. Mi riferisco all'occupazione che va dagli Asburgo di Spagna sino agli Austriaci, passando per i Francesi e le ingerenze di quella "buonanima" del papa, che a quei tempi, nemmeno lui, ahimè, era uno stinco di santo.

 

Gli italiani hanno sempre preferito inghiottire bocconi amari e, sebbene le politiche vessatorie dei pontefici dessero adito a preoccupazioni e a qualche isolata ribellione, molti rimasero nascosti sotto le sottane di un Giulio II o di un Leone X qualsiasi.

 

Il livello della morale, si sa, doveva rimanere alto, in un paese che era sì un groviglio di signorie, ducati e repubbliche, ma che era pur sempre il tempio della cristianità.

 

Una bella immagine dell'Italia di allora ce la restituiva qualche annetto fa Alberto Sordi in un film ironico e brillante. Il marchese del Grillo dimostra il paradosso del paese; quello di una società precaria, rassegnata, a cui non resta che ridere per non piangere. Anche allora gli italiani, per fuggire la realtà, giocavano alle carte. Non si parlava ancora di calcio, non c'erano i bar, ma di certo non mancavano le osterie, dove i calici di vino abbondavano, insieme alle belle donne; nemmeno quelle, si sa, sono mai mancate.

 

Forse è proprio questo il modo migliore per raccontare la nostra "Repubblica senza patria", come la definisce Vittorio Feltri.

 

Cambiare l'Italia sarebbe impossibile. Non ci resta che osservare con simpatia l'immagine pittoresca di un paese strano, ma che rimane pur sempre il più bello, ingegnoso e creativo del mondo.

 

Alessandro Cantoni

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