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Mascherine da lavoro: quale usare per proteggersi al meglio

ECONOMIA E POLITICA - 25 03 2021 - Redazione

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Mentre si svolge la propria attività lavorativa, è possibile respirare delle particelle molto pericolose, in grado di danneggiare l’apparato respiratorio e causare l’insorgere di malattie molto dannose; addirittura queste sottili particelle potrebbero essere cancerogene o radioattive. Proprio per questo, è necessario indossare le maschere respiratorie, regolate a livello europeo secondo la normativa europea EN 149, che le denomina "semimaschere filtranti contro particelle o maschere per polveri sottili" e le divide in 3 categorie differenti, a seconda della classe di protezione: FFP1, FFP2, FFP3. La sigla FFP indica “filtering face piece” ed indica dei dispositivi composti da diversi materiali filtranti, in grado di coprire naso e bocca. Esse sono indispensabili quando, nei luoghi di lavoro, viene superato il valore limite di esposizione occupazionale, ovvero la concentrazione massima di polveri, fumi, aerosol tollerabile prima di danni alla salute. Superato tale valore, l’utilizzo dei dispositivi di protezione è indispensabile per garantire ai lavoratori una salubrità minima nell’ambiente di lavoro ed evitare possibili problematiche di salute. Nel mercato esistono modelli che possono essere utilizzati più volte nel tempo, previa pulizia accurata (e precisamente sono le mascherine che possiedono la dicitura NR), e modelli di mascherina monouso, ovvero utilizzabili esclusivamente una volta, con la dicitura R.

 

Mascherine FFP1

Le mascherine FFP1 sono adatte per gli ambienti di lavoro dove non è prevista l’inalazione di polveri tossiche oppure fibrogene. Infatti, si tratta di dispositivi in grado di filtrare almeno l’80% delle particelle fino a 6 micron, ma non possono essere utilizzate quando il valore limite di esposizione occupazionale viene superato per più di 4 volte. Generalmente, queste mascherine sono adatte per il settore dell’industria alimentare, dove non si rischia l’insorgenza di malattie ma al massimo irritazione delle vie respiratorie oppure un inquinamento dovuto ai cattivi odori. Rispetto ad altre mascherine, le FFP1 hanno sicuramente una capacità di filtraggio meno elevata, tuttavia, permettono di respirare in modo libero senza eccessiva difficoltà, ergo potrebbe non risultare difficile indossarle per ore ed ore ogni giorno. Non è assolutamente così per altri tipi di dispositivi di protezione.

 

Mascherine FFP2

Le mascherine FFP2 proteggono da polveri, fumi, aerosol che possono recare danni alla salute, con particelle fibrogene, cioè in grado di causare l’irritazione delle vie respiratorie e comportare una riduzione dell’elasticità del tessuto polmonare. Queste mascherine sono utili quando il superamento del valore limite di esposizione viene superato al massimo di 10 volte. Ciò significa, che possono essere utilizzate in ambienti di lavoro dove l’aria potrebbe contenere sostanze dannose per la salute, ed inoltre, capaci di causare alterazioni generiche. Le mascherine in questione, catturano circa il 95% di particelle che si trovano nell’aria, fino ad una dimensione di 0,6 micron. Proprio per questo, vengono impiegati in alcuni settori come l’industria metallurgica o mineraria, dove l’esposizione alle particelle è molto elevata e causa lo sviluppo di malattie, come il cancro ai polmoni, o patologie secondarie come la tubercolosi polmonare.

 

Mascherine FFP3

Le mascherine FFP3 sono sicuramente i dispositivi di sicurezza maggiormente efficaci, esse sono in grado di filtrare polveri, fumi, aerosol e liquidi tossici che possono essere dispersi nell’aria respirata nell’ambiente di lavoro. La protezione, inoltre, è anche per alcuni microorganismi come i virus, i batteri ed i funghi. Proprio per questo, sono indicate anche per salvaguardare le vie respiratorie dal coronavirus. La protezione garantita da questo DPI e di circa il 99%, e riguarda particelle con dimensioni fino a 0,6 micron, per questo possono essere utilizzate in ambienti lavorativi dove il valore limite di esposizione supera fino a 30 volte il valore specifico, ad esempio nell’industria chimica.

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