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Boschi locali, fondi dimenticati

ECONOMIA E POLITICA - 17 02 2017 - Giancarlo Bettini

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/Giancarlo Bettini di Tirano

QUASI SERIE (115)

Una decina di anni fa ho assistito ad una riunione, qui nel tiranese, sullo stato dei nostri boschi. In realtà avrebbero potuto partecipare solamente i diretti interessati, coloro che effettivamente possedevano qualche terreno “coltivato” a bosco.  Chi scrive, da curioso e per di più ignorante, si era seduto tranquillamente tra i vari, veri boscaioli. Nessuno ha notato la mia illegale presenza sino a quando i relatori, dopo i loro interventi, hanno invitato i presenti a fare le loro domande. Allora possedevo, nel terreno accanto alla casa, una pianta di albicocche ed una di fico. Quindi ero la persona meno adatta ad intervenire perché il bosco non l’avevo ma, alzando con coraggio la manina, ho chiesto la parola. Ricordo che al tavolo dei relatori erano presenti anche un certo Puntel ed un mio conoscente che in quel periodo era anche Assessore Provinciale alla Pesca Sportiva. Ho trovato il coraggio di mandare a quel paese la politica allora praticata dicendo che il comportamento del Corpo Forestale era da ritenere non solo inadeguato, ma ridicolo. 

 

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Devo spiegare ai lettori il perché di un simile sfogo. Pochi giorni prima del citato incontro avevo conosciuto, presso l’Ospedale Morelli di Sondalo, uno dei fratelli Ghilotti della nota segheria di Tirano, di nome Fausto. Convalescenti, dopo due interventi chirurgici, eravamo seduti all’esterno dei reparti, dove tanti anni or sono avevano cercato sollievo i colpiti dal mal sottile.  Avevo tempestato Fausto con mille domande.  La più importante consisteva nel riuscire a capire perché ogni giorno uscivano dalla Svizzera, tramite ferrovia, vagoni carichi di legname da opera.  La risposta di Fausto era stata questa: ”La confederazione Elvetica cura molto il turismo e l’agricoltura. In particolare cura lo sviluppo dei boschi perché i boschi stessi sono fonte di ricchezza.  Qui da noi, in Italia e in Valtellina, i politici non conoscono la situazione dei nostri boschi.  Non sanno nemmeno cosa sia la coltura degli stessi.  Dovremmo copiare dalla Svizzera ed il 50% del legname che acquistiamo potremmo produrlo in casa nostra. Logicamente lo Stato dovrebbe darci un po’ di aiuto”.

 

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Il 1° febbraio del corrente anno ho letto sul quotidiano “La Provincia di Sondrio” un ottimo articolo a firma Danilo Rocca dal titolo “Boschi locali, fondi dimenticati”.  Come sottotitolo “La denuncia. In occasione della presentazione del quadro regionale, operatori e CISL lanciano un grido di allarme. Il Piano di Sviluppo rurale sul capitolo forestale è ancora al palo e l’avvio degli interventi è gravato dalla burocrazia”. Riporto alcuni stralci dell’articolo:
“Ieri ha parlato Oliviero Sora, Segretario Regionale della Fai-Cisl Lombardia, Federazione Agricola alimentare e ambientale. “Si inneggia al patrimonio costituito dai nostri boschi- ha affermato il Segretario Regionale-lo si reclamizza, ma in realtà questa parte di territorio montano appare lontano dai <palazzi della politica> e fa la parte del dimenticato”.
“I fondi ci sono, ma si deve far partire bandi specifici per potervi attingere. Niente bandi, niente investimenti per le aree boscate”.
Puntel, Presidente dei Consorzi forestali di Regione Lombardia, aveva ricordato   come le zone alpine da sole non potevano creare la  rete di accessi alle aree boscate, niente accessi, niente coltivazione del bosco.

 

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Egregio Governatore della Regione Lombardia Roberto Maroni. Lei è uno dei pochi uomini politici che ancora stimo. Si è espresso per la Provincia di Sondrio autonoma ed è molto vicino alla gente di Valtellina. Desidero oggi affrontare il problema dei nostri boschi. Alcune settimane fa ho scritto sui nostri maggenghi, sul contributo dato dalla Regione Lombardia a coloro che ancora hanno il coraggio di vivere alcuni mesi dell’anno sopra quota 2000 con la sola compagnia del suono dei campanacci delle mucche, suoni intervallati dal fischio delle marmotte. Ho scritto che la montagna si salva se rimarranno aperte le malghe, se in quei manufatti l’uomo userà le chiavi per tenerle aperte. Scendendo a quota più bassa e percorrendo la valle i boschi la fanno da padrone non trovando ostacoli da parte dell’uomo. In altre parole i legittimi proprietari, molti dei quali non più contadini, non sanno nemmeno dove sono. Come scritto all’inizio del mio articolo la politica dei boschi è stata, per decenni, dimenticata. Il lavoro del Corpo Forestale era quello di segnare, di tanto in tanto, qualche albero da tagliare.

 

Ora sembra che la Regione si sia svegliata e che la coltivazione dei boschi abbia avuto inizio. Ma, come risulta da quanto sopra riportato, il detto inizio ha trovato subito ostacoli di carattere finanziario e burocratico. Per quanto riguarda la burocrazia i miei lettori già conoscono il mio pensiero. Una buona parte dei burocrati andrebbe licenziata o collocata in pensione. Per quanto riguarda i finanziamenti occorrenti per aiutare i boscaioli ho una proposta da farle, Governatore Maroni.  Non so cosa ne pensa, Governatore, dell’Unione Europea. Io copierei l’azione fatta dalla Gran Bretagna, uscirei subito da quella massa di incapaci che siedono a Bruxelles.  Una delle tante fesserie dell’Unione è stata quella di legiferare per la reintroduzione su tutte le alpi europee dell’orso e del lupo. Per denigrare quegli sprovveduti ho già scritto molti articoli. Tra l’altro ho avvertito, tramite stampa, che se dovesse morire una persona valtellinese a causa di un orso o di un lupo denuncerò l’Unione Europea, tramite legali, di omicidio premeditato. So che il Corpo Forestale (ora Carabinieri) ha un settore dedito alla vigilanza, alla segnalazione di qualsiasi azione dei plantigradi e dei lupi. Anche nella nostra Provincia esiste detto ufficio e numerosi bipedi alle dipendenze.

 

La proposta. Eliminate quell’ufficio, in tal modo si risparmierebbero molti euro da spendere nel migliore dei modi, nell’investire il ricavato nell’aiutare i nostri contadini nella coltivazione dei boschi.  Caro Governatore, quando varco il confine con la Svizzera, che da Tirano è vicino, e sento il rumore di un elicottero so già che trasporta il legname elvetico dal bosco all’area di deposito. Da quell’area i tronchi verranno caricati su automezzi o sulla ferrovia retica e portati alle nostre segherie dietro pagamento. Conclusione: se c’è un popolo fesso quello è il nostro che non si ribella alla corrotta Roma. Per me la capitale d’Italia non è più Roma, ma Milano.

 

Giancarlo Bettini  

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