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Accadeva il 31 maggio 2008: la chiusura definitiva della Cartiera

ECONOMIA E POLITICA - 31 05 2017 - ivan bormolini

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/cartiera tirano

(A cura di Ivan Bormolini) Quando si parla di economia, soprattutto in quest'ultimo decennio, ci si deve confrontare con un periodo estremamente difficile, direi drammatico per il sistema delle imprese e per quello delle famiglie.

 

Ancora oggi, all'interno del panorama nazionale, si parla o si propina su un piatto d'argento la parola ripresa, termine tanto sospirato, ma che ancora nei fatti, tarda ad arrivare.

 

La vera sensazione è che arranchiamo nel buio ancora troppo profondo e che, come conseguenza, non lascia intravvedere quella famosa luce infondo al tunnel. L'Europa relega il nostro bel Paese come un fanalino di coda in termine di strategie economiche e ripresa duratura, al contrario di altri membri della U.E.

 

Morale della favola, in un decennio abbiamo assistito a pochi e timidi spiragli di ripresa ed abbiamo dovuto fare i conti, i quali hanno dimostrato come ancor oggi poco sia cambiato in meglio.

 

Veniamo a Tirano, la scorsa settimana, parlando del Giro d'Italia nella rubrica “Lo Sportivo Tiranese”, mi è tornato in mente un fatto relativo all'arrivo del giro a Tirano nel 2008. Si festeggiava la corsa rosa e, nello stesso tempo, Cartiere della Valtellina Spa, con un comunicato stampa decretava la definitiva chiusura dello stabilimento tiranese. All'arrivo di quella bella tappa alcuni dipendenti dello storico stabilimento erano presenti con uno striscione che la diceva molto lunga sul loro stato d'animo:

Oggi 31 maggio 2008 LA CARTIERA DI TIRANO CHIUDE!!!

insieme agli 83 lavoratori in “GIRO” verso una prossima “TAPPA”.

 

Da redattore del mensile Tirano & Dintorni”, scrivendo di economia locale, spesso, prima di quella definitiva chiusura, mi ero occupato della situazione Cartiere della Valtellina Spa, ne avevo parlato negli anni che possiamo definire d'oro e, purtroppo, anche in quelli in cui la crisi mordeva e minava le sorti dello stabilimento. Con estremo rammarico, che sono certo sia stato condiviso da tutti i tiranesi, nel numero zero dell'allora mensile “Il Tiranese senza Confini”, che inaugurava una nuova esperienza editoriale locale, a mia firma era stato pubblicato un lungo articolo che analizzava l'intera vicenda della chiusura dello storico stabilimento tiranese.

 

Sono ormai passati ben nove anni da quella lunga e sofferta intervista con l'allora Direttore delle Cartiere di Valtellina Spa, Marcello Saligari. Insieme, infatti, negli anni precedenti, sino a circa il 2003/04, avevamo parlato dei progressi dello stabilimento, delle innovazioni tecnologiche e dei regimi di vendita.

Assieme, in interviste sempre concesse con massima disponibilità e chiarezza, avevamo discusso delle situazioni di criticità che stavano emergendo e che, negli anni, si andavano via via aggravando, sino alla decisione di chiudere amaramente i battenti.

 

LA STORIA DELLA CARTIERA - Lo stabilimento della cartiera tiranese è stato costruito negli anni sessanta. Dopo la partenza, un primo fallimento si era registrato già dopo circa un decennio dalla fondazione.

 

Nel 1972, la nostra cartiera diveniva proprietà del Gruppo Fabbri. Passarono ancora poco più di dieci anni e nel 1985 veniva dichiarato un nuovo fallimento a cui aveva fatto seguito un periodo di inattività.

Lo stabilimento era poi stato rilevato dalle Cartiere Arturo Sottrici, che proprio in quel periodo si erano fuse con il Gruppo Binda, dando vita alle Cartiere Sottrici Binda Spa.

 

Nel 1998, a causa di un momento di difficoltà, anche questo gruppo si vedeva costretto ad annunciare il fallimento.

 

La cartiera era poi entrata a far parte del Gruppo Diatec con sede a Cles, divenendo Cartiere della Valtellina Spa. Il Gruppo Diatec, guidato dal Presidente Diego Mosna, aveva investito molte risorse nel sito produttivo tiranese al fine di produrre carta di alta qualità.

A Tirano si iniziava così a produrre carte naturali di pura cellulosa senza legno, ossia un materiale destinato alle arti grafiche di pregio e alla stampa digitale (stampa laser, a getto d'inchiostro e a colori).

 

Per alcuni anni lo stabilimento, sotto gli aspetti produttivi, commerciali ed occupazionali, ha vissuto un periodo florido. Già nel 2003 si sentivano le prime notizie su una crisi aziendale. Tuttavia, nonostante gli anni piuttosto difficili, la cartiera ha tenuto aperti i battenti sino al 31 maggio 2008, giorno della chiusura ufficiale e definitiva.

 

LA SITUAZIONE DEL SETTORE IN QUEGLI ANNI - Era fuori dubbio che l'analisi del settore della produzione di carta, a livello nazionale ed europeo, in quegli anni, segnalava delle difficoltà. Già prima della chiusura di Cartiere della Valtellina Spa, avevano chiuso i battenti altre grandi realtà. Si parlava di un settore dove la congiuntura economica stava seriamente mettendo in difficoltà le aziende. Questa spirale negativa era dunque destinata a mietere altre illustri vittime del comparto, tra le quali appunto la nostra cartiera tiranese. Ed i suoi oltre 80 dipendenti.

 

LE CAUSE DELLA CHIUSURA DELLE CARTIERE DELLA VALTELLINA SPA - L'azienda, in quel periodo, aveva dovuto far fronte ad enormi aumenti nelle principali voci di spesa del proprio budget economico. Il costo dell'energia, in particolare, aveva fatto registrare una significativa crescita, che dal 2004 al 2008 segnava un più 30%. Tale aumento era stato alla base dell'enorme gap competitivo che si era andato delineando rispetto ai costi di produzione delle aziende concorrenti con sede in altre nazioni. Il calcolo che era stato fatto dava dei risultati negativi. Infatti, rispetto a Paesi come Francia, Germania e Spagna, si evinceva come questo aumento del prezzo dell'energia fosse una voce che andava pesantemente ad incidere sui conti dell'azienda e sulla sua concorrenzialità. Lo stabilimento, quando funzionava a pieno regime, ossia H24 e per 330 giorni all'anno, per la produzione necessitava di circa 28 milioni di KW/h, compresa l'auto produzione che si attestava a 3500 KW/h, ossia 84.000 KW/h al giorno.

 

All'aumento dei costi energetici si era poi sommata un'altra voce non indifferente, ovvero quella del BTZ, combustibile a basso tenore di zolfo. Il BTZ veniva impiegato presso lo stabilimento in larga misura per la produzione di vapore, un elemento indispensabile per il ciclo produttivo della carta.

 

Per garantire la produzione, la cartiera necessitava di 8.000 tonnellate annue di BTZ, ovvero 25 tonnellate al giorno. Dal 2004, sino alle ultime quotazioni appena prima della chiusura del maggio 2008, si era calcolato che l'aumento del BTZ era stato del 213%; tali stime ovviamente andavano di pari passo con l'aumento vertiginoso del petrolio, che in quegli anni faceva registrare quotazioni giornaliere vertiginose.

 

A questi costi, cresciuti in pochi anni in maniera da aumentare l'indebitamento dell'azienda, si andavano poi a sommare altre voci, ovvero quelle delle materie prime come la cellulosa: già tra il 2004 ed il 2005, rispetto a quelle che venivano considerate le normali quotazioni di mercato, si assisteva ad un primo aumento che si attestava tra il 20 ed il 25%.

 

In una normale condizione di mercato, le regole economiche avrebbero potuto far pensare ad un conseguente aumento del prezzo del prodotto finito al fine di arrivare ad un pareggio di bilancio. Perché questo non era stato attuabile da parte dei vertici dell'azienda?

 

La risposta, pur nella sua schietta drammaticità era molto semplice: in corrispondenza dell'aumento dei costi di gestione, che come abbiamo visto erano enormi, contestualmente l'andamento del mercato di riferimento della carta di quegli anni non ha consentito di pareggiare le maggiori uscite. La congiuntura internazionale infatti aveva evidenziato delle continue quotazioni al ribasso dei prodotti finiti all'interno di un quadro di eccessiva sovrapproduzione.

 

Qualcuno, forse con facili soluzioni e poca conoscenza del settore, aveva palesato l'idea di immagazzinare la carta e poi metterla sul mercato in periodi più propizi; tuttavia, anche questo non era stato attuabile. La carta infatti, se immagazzinata per un lungo periodo, perde le proprie caratteristiche in quanto troppo soggetta all'influenza negativa di fattori esterni che ne vanno a minare la qualità.

 

LE AZIONI INTRAPRESE DAL GRUPPO DIATEC PER SALVARE LO STABILMENTO - Chi, come me, in quegli anni ha seguito la vicenda delle Cartiere della Valtellina Spa sa bene che le iniziative intraprese per arginare la difficile situazione erano state molteplici sotto vari aspetti.

 

I vertici del Gruppo Diatec e la direzione locale non avevano assistito al fenomeno passivamente, anzi si tentava in tutti i modi di arginare le perdite che si erano accumulate anno dopo anno.

 

Erano state messe in campo delle strategie specifiche mirate a ridurre i costi di gestione; per un periodo di circa otto mesi, sino alla fine del 2007, si era passati da un lavoro a ciclo continuo ad una turnazione discontinua che prevedeva periodi di chiusura concentrati sui fine settimana. Si era fatto pure ricorso alla cassa integrazione e, ancor prima della chiusura, il personale era stato ridotto del 20%. Oltre a questo ci si era concentrati nell'individuare e sviluppare nuove particolari tipologie di carta da immettere sul mercato.

 

Nel 2006 il gruppo Diatec aveva dato vita alla strategia definita di Leas/Back, ovvero la cessione degli immobili a riscatto. La manovra aveva permesso di acquisire maggiore liquidità, dando così respiro all'azienda. Dal punto di vista occupazionale, oltre alla precedente riduzione d'organico del 20%, i dipendenti rimasti avevano fatto dei sacrifici, rinunciando ai premi di produzione che erano stati precedentemente introdotti dal Gruppo Sottici Binda, con la sottoscrizione dell'accordo del maggio 2006 che interessava anche la quattordicesima mensilità.

 

Infine, va evidenziato come il Gruppo Diatec si fosse impegnato nella ricerca di un nuovo acquirente che rilevasse l'azienda, ma purtroppo nulla di fatto.

 

“La riflessione dopo nove anni”

Durante le fasi della chiusura definitiva delle Cartiere della Valtellina Spa, alla fine della lunghissima e purtroppo ultima intervista con il Direttore dello stabilimento tiranese Marcello Saligari, mi aveva colpito molto una sua personale osservazione professionale ed umana che usciva dalla bocca di un uomo che aveva vissuto in tutto e per tutto una lunga parentesi di storia di questo sito produttivo. 

 

Mi disse: “Mi creda, non è per nulla facile gestire un fallimento!”. Questa comprensibilissima affermazione mi aveva lasciato molto amaro in bocca. Pensavo alle sorti degli 83 dipendenti, in un periodo dove veramente la crisi a livello generale cominciava a mordere e pensavo pure alle perdite che l'indotto locale e non doveva registrare con la chiusura dello stabilimento.

 

In quel tempo, in quei mesi, parte della voce dell'agorà locale, forse ancora ignara di quello che economicamente e socialmente andava a profilarsi su scala italiana, europea e mondiale, affermava che la chiusura della cartiera era una goccia in mezzo al mare, ovvero un caso isolato.

 

Sono bastati pochi mesi per capire il contrario: gli allarmi dei mass-media in quel periodo ,tra il 2008 ed il 2009, si sono purtroppo rivelati veritieri ed ancor oggi lo sono. Gli strascichi di una pesantissima crisi economica che ancora perdura sono li da vedere: stabilimenti smantellati, cancelli definitivamente chiusi da lucchetti e catene, disoccupati, esodati, cassaintegrati e altro, sono la testimonianza che purtroppo la crisi non è finita, ma soprattutto evidenziano che seppur ci sarà una duratura ripresa, questa non ci porterà più ai livelli economici e sociali dei lunghi anni d'oro prima della crisi.

 

Nella lunga carrellata fotografica che vi propongo ho inserito delle fotografie dello stabilimento in produzione ed altre, la maggior parte, di ciò che rimane della cartiera oggi, ovvero un desolante quadro che a parer mio rappresenta la situazione in cui versano altri moltissimi siti industriali italiani. L'assordante silenzio che si percepisce deve rappresentare un monito a chi di dovere per tentare di ridare al nostro paese la certezza di un lavoro a tante maestranze che negli anni, pur con impegno e notevole esperienza, si sono visti negare la dignità che il lavoro conferisce alla persona.

 

Ivan Bormolini

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1 COMMENTI

31 05 2017 13:05

Méngu

Caro Ivan, ho letto con estremo interesse la tua precisa relazione sulle vicende dello stabilimento “ Cartiere della Valtellina Spa “ e mi sono chiesto quale fosse stato grande il sacrificio e la scelta dei nostri Amministratori per il nostro territorio del tiranese ai tempi degli anni ’60, allo scopo di dare spazio a tale industria, in relazione poi al ritorno economico della nostra città. Ricordo mio padre, il quale aveva un terreno coltivato a mele proprio dove ora sorge la cartiera e che io immagino ancora tra i capannoni abbandonati, che mi diceva: “ Ho dovuto cedere il terreno e mi hanno pagato solo il valore delle piante. Non era il solo che si lamentava”. Tutto sommato quei terreni dove ora sorge lo stabilimento ora danno il ritorno economico di quel grande sacrificio di territorio ? Piange il cuore vedere quella grande estensione ora non più produttiva per noi cittadini e, forse anche per i proprietari . Ho l’età per dire che ciò che sembrava giusto ieri , oggi è sbagliato, ma se i tempi cambiano si può ben cambiare rotta anche nella valorizzazione di ciò che è obsoleto e improduttivo ora. Se per caso un Amministratore legge questo commento mi piacerebbe sapere anche il suo punto di vista. A che vale dare ampi spazi di territorio industriale per poi vedere i capannoni abbandonati per fallimento ? So bene che i fallimenti fanno parte della storia industriale , come pure so e credo nella loro riconversione a scopo produttivo o al servizio del cittadino.