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Tre peti al momento giusto

CULTURA E SPETTACOLO - 09 04 2018 - Méngu

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/bambino ride

(Potrebbe succedere anche a voi!)  Con alcuni miei amici siamo presenti ad un importante convegno sulla gastronomia. La sala è piccola ma accogliente. Non v’è una sedia vuota e alcuni assistono in piedi, altri sono appollaiati su un antico bancone presso la porta d’ingresso. Il silenzio è totale, mentre parla un luminare della gastronomia. Il tema è imperniato sui piatti tipici di Valle, quali i taròzi pizzoccheri, gli sciat, e il chisciöl, piatto tipico del tiranese. L’attenzione è estrema.

 

Un colpo di tosse in questa assemblea sembra un colpo di archibugio tra le antiche pareti della sala affrescate con scene di caccia. Tra una pausa e l’altra del relatore s’ode un tarlo che lavora senza soluzione di continuità, in un buco d’una antica trave. Con un lento movimento di capo, facendo ben attenzione a non far scricchiolare le mie artrosiche vertebre del collo, osservo i miei amici, tutti immobili e attenti nell’ascolto. Sono seduti alla mia destra e alla mia sinistra nella lunga e stretta fila di sedie da non lasciare passare un passero. Alla mia destra, d’un tratto vedo l’amico Valerio che contorce il naso e la bocca come se stesse per starnutire. Osservo i suoi occhi. Li strizza avvicinando il naso alle guance con una smorfia da partoriente. La sue labbra sono serrate come l’ano d’una  gallina, ma non emette un lamento. Poi lo vedo contorcersi e oscillare con il busto avanti e indietro come un ebreo in preghiera mentre con le due mani si restringe la pancia come in una morsa.

 

“Cosa hai, Valerio non stai bene?”, sussurro come in un confessionale nel padiglione sinistro del suo orecchio. “Taci, mi scappa un peto! Deve essere stato quel piatto di taroz che ho  mangiato a mezzogiorno prima del convegno. Ho la pancia come una mongolfiera, se mi alzo in piedi temo di scaricare un peto con il frastuono d’una valanga. Ti prego Ezio, parlami, distraimi un poco che forse riesco a farlo retrocedere da dove è schiumato. Parla, amico mio,  per amicizia nostra, se de no, lo scarico come un colpo di Katiusha e non sarà l’unico! “. Gli sussurro stringendogli il braccio: “Stai calmo, trattieni il colpo, siamo in una fase importante del convegno, non puoi farci fare brutta figura. Il relatore ti ha visto mangiare i taroz, un  peto intempestivo potrebbe essere visto come un messaggio negativo.  

 

Lasciami pensare... ci sono, ho trovato una soluzione; trattieniti e non sparare per un minuto.” Sul block -notes dove prendo appunti, stacco otto foglietti e scrivo succinto : “ Valerio è pregno come un uovo- stop.  Gli scappa un peto micidiale, dice che è impossibile trattenerlo-stop.  Occorre silenziarlo durante una pausa con battimani al relatore- stop. A mio segno alzarsi in piedi e applaudire con vigore! - fine. “. In un baleno distribuisco il telegramma sugli otto foglietti agli amici. Valerio legge e tace, ma ci guarda con occhi imploranti. Ascoltiamo con attenzione il relatore per qualche secondo, poi , ecco giungere il momento giusto quando dice: “Signori, occorre essere consapevoli che tante realtà culturali e tradizionali passano anche attraverso il gusto e la cultura del cibo“ . Faccio cenno ai miei amici di alzarsi in piedi e di battere le mani per una ovazione. Come militari scattano al mio cenno, seguiti dagli altri uditori. Tutti si spellano le mani gridando: “Parole sante, viva i taroz, pizzoccheri, sciat  e chisciöl “.

 

L’amico Valerio si alza, volge gli occhi al cielo ed emette un peto terminante in un borbottio paragonabile ad una scarica di massi che si infrangono a valle, poi un secondo peto fischiante come un colpo di Katiusha. Il borbottio e il sibilo sono attutiti e coperti dal furioso battimani che dura alcuni secondi. Il relatore si compiace, annuisce, si destreggia a atteggiamenti da Duce e fa cenno di sedersi. Ma ecco che Valerio con un cenno di capo mi dice che non tutto è finito. Io capisco. Faccio cenno ai miei amici di alzarsi ancora per un nuovo battimani e il tutto si ripete. Valerio emette, simile ad un colpo di bazooka, un peto secco come un corallo. Io capisco, essendo amante dei fuochi d’artificio, che tutto è finito. Il problema è risolto.

 

Faccio cenno agli amici di sedersi , mentre il relatore ringrazia per il bis. Tutti si quietano e il relatore termina la sua conferenza in modo eccellente con saluti e grandi strette di mani. Valerio si alza, ci ringrazia  e se ne va quatto quatto e a piccoli passi. All’indomani leggiamo sui giornali che il convegno ha avuto un successo eccezionale, per merito del relatore e dei gustosi cibi  e forse anche per merito dei… tre peti di Valerio.

 

Méngu  

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2 COMMENTI

11 04 2018 15:04

Méngu

Carissimo Sanmichele, la Sua domanda è acuta e molto pertinente !! La nostra principale preoccupazione era il rumore del terrificante peto minacciato e quindi abbiamo elaborato la strategia del battimani. Mi scuso per non aver specificato nello scritto , come abbiamo fatto a coprire l’olezzo della scariche di Valerio. Dietro di noi v’erano due signore intensamente profumate di ciclamino. La scoreggie di Valerio olezzavano di metano. La relativa combinazione tra il profumo di ciclamino delle signore e l’olezzo di metano dei peti , combinandosi nella sala, s’è trasformate in un odore tendente leggermente al tabacco, che diffondendosi in sala non hanno dato adito ad alcun disagio. Insomma, tutto era stato calcolato con grande perizia. Allegria !

09 04 2018 13:04

sanmichele

Ok per il rumore...ma per l'olezzo, cosa vi siete inventati?