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Quasi serie (111): Il nostro futuro

CULTURA E SPETTACOLO - 16 03 2017 - Giancarlo Bettini

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/Giancarlo_-Bettini_Tirano

Molti conoscono in Valtellina un certo Rezio Donchi, tellino doc, ora in pensione ma sino a ieri Presidente dell’Accademia dei pizzoccheri. Sì, anche a Teglio, nel paese “De li beli miri” esiste un’Accademia “mangereccia”. Il merito di questa strana Associazione va principalmente a quell’uomo che, oltre che a ricoprire un importante ruolo nella ditta di costruzione tiranese fondata dall’ing.

 

Saverio Quadrio Curzio molti anni fa, ha trovato il tempo per fare rinascere un prodotto tellino sino a poco tempo fa conosciuto da pochi buongustai. Non so quanti anni ha il Presidente citato, ma con probabilità la nostra data di nascita è vicina e se così fosse ricorderà, come io ricordo, quel ritmico battere dell’attrezzo in legno sulle piante del grano saraceno, piante tagliate e stese a terra su un tessuto atto a non disperdere il prezioso frutto. Risalgo agli anni della seconda guerra mondiale e quel necessario movimento ritmico si ripeteva a lungo togliendo alle donne, alle mamme, molta della forza necessaria per liberare dalle piante appassite il prezioso frutto triangolare. Risalgo col pensiero alla seconda guerra mondiale quando i miei genitori, per ragioni di lavoro, si erano temporaneamente trasferiti da Tirano a Tresenda e noi, ragazzi, frequentemente salivamo a Teglio per acquistare farina e pane di segale. Il pane di segale fatto a Teglio lo ritenevamo il migliore, ma forse ci sembrava tale perché l’appetito non mancava e poco altro avevamo sulla tavola.

 

Oggi abbiamo tutto quanto desideriamo, ma l’amico Rezio Donchi ha visto lontano, ha ricordato con nostalgia quanto accadeva in tempo di guerra, le donne che eseguivano i ritmici movimenti per sostituire i mariti in guerra, la bontà di un piatto speciale tellino a base di grano saraceno, i pizzoccheri, piatto gradito agli indigeni ed ai turisti; e ha pensato ad un brevetto. Quello di assicurare la genesi del piatto di tagliatelle a base di grano saraceno al suo paese, a Teglio. Con non poche difficoltà è riuscito ad ottenere il brevetto. Alla fine della guerra i tellini hanno abbandonato la coltivazione del grano saraceno. Hanno trasformato molti campi in prati. Non so se ora, dopo il riconoscimento ottenuto da Donchi, la coltivazione antica, seppur modesta, riprenderà in tutta la valle. Alcuni tellini dicono di sì. Me lo auguro.

 

Noi valtellinesi usiamo dire che in qualsiasi posto della nostra valle ci troviamo vediamo spiccare più campanili. Ciò corrisponde a verità. I nostri nonni, i nostri padri hanno contribuito alla costruzione di quei luoghi sacri. Mi sembra di vederli porgere al muratore i sassi raccolti lì vicino in momenti tolti al lavoro dei campi. Forse, tra un sasso e l’altro recitavano il ben conosciuto “amen”, così sia. E così è stato. Queste linde chiesette sorgono lungo i pendii dei monti , da sole o più frequentemente attorniate da gruppetti di case rurali, ieri residenza permanente, oggi non più abitate. Architettura spontanea vengono chiamate quelle mura elevate senza progetto, solo con la fantasia, il buon senso dei capomastri. Di tanto in tanto sento la voglia di portarmi in alto per vedere da vicino quelle antiche residenze. Le residenze permanenti le abbiamo costruite sul fondovalle, ma qualche nostalgico ha riparato, e sta riparando, anche ciò che un suo antenato aveva lasciato al degrado del tempo. Lassù, appoggiato ad un vecchio parapetto, rivedrei, con la fantasia, quel gruppo di case rivivere, alcune donne in un facile conversare, dei bambini giocare con le biglie (la mia passione di un tempo), le galline in cerca di qualche contenitore per depositare le uova.

 

Non sono affatto amico della cosiddetta globalizzazione. Nè sono amico di coloro che sostengono l’Unione Europea. Visto come stanno andando gli avvenimenti politici gioisco alla decisione presa dall’Inghilterra, al distacco di quella nazione, un tempo padrona di mezzo mondo, dall’Unione Europea. In tanti anni tra le mura dei costosi palazzi della Comunità Europea nel nord dell’Europa poco o nulla è uscito di buono, direi che la maggior parte dei parlamentari europei ha rubato, e sta rubando lo stipendio. Preferisco che ogni nazione mantenga i suoi confini, la sua lingua, i suoi dialetti. Sono per un’Italia federale, per una macro regione che comprenda il Piemonte, la Lombardia e il Veneto. In alternativa sono per la sola Regione Lombardia. Sono per il ritorno delle Province e penso che lo sprovveduto Ministro Delrio inizi a capire che qualcosa ha sbagliato. Piglio, come esempio di Regione ideale , l’attuale Lombardia con il Governatore Maroni. Sorvolo sulle altre regioni, in particolare su quelle del sud.

 

“Corsi e ricorsi storici”. Sono certo che i lettori avranno capito che chi scrive ha parecchi anni sulle spalle, che non vede per il futuro alcuna luce in fondo al tubo nel quale ci siamo cacciati. Cosa desidero? Non molto di più di quello che avevamo quando le nostre donne, per far uscire i frutti dalle piante del saraceno, ritmando con il nodoso terminale in legno, raccoglievano dal tessuto poggiato sul terreno. Era poca cosa, ma genuina. A parte i prati dei tellini che presto, speriamo, vedremo trasformarsi in campi di saraceno, per il resto dobbiamo dire che tutti gli altri terreni della valle sono ottimamente coltivati. Ai vigneti di Olmi, ai frutteti, anche se, per il momento poco redditizi. Da alcuni anni il territorio si è arricchito con uliveti, con piccoli frutti. Il tutto aiuta al miglioramento della nostra economia.

 

Non tutti i nostri figli devono giungere alla laurea. Assistiamo alla saturazione del mercato delle camice bianche. Nessuno deve vergognarsi se, pur avendo ottenuto quel pezzo di carta dopo anni di studio, decide di coltivare la propria terra. Qualche esempio lo abbiamo già. La Provincia di Sondrio può divenire autonoma se anche i giovani ameranno l’agricoltura. Agricoltura e turismo è il binomio vincente. Dal Ministro Delrio desideriamo solo il suo interessamento per il potenziamento delle strade statali. Dallo Stato desideriamo il mantenimento di quanto ci aspetta dai sovraccanoni sulle acque. Avremo una Valtellina autonoma, lo desideriamo fortemente. Una piccola Svizzera che già oggi ci è amica e con la quale confiniamo. All’amico Remo Bracchi, al tesoriere del nostro dialetto, auguro una maggior salute, una ripresa, con il valido collaboratore Antonioli, del lavoro a loro congeniale. La Valtellina deve essere a loro riconoscente.

 

Giancarlo Bettini

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