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"Quando si spense la notte"

CULTURA E SPETTACOLO - 02 01 2019 - Alessandro Cantoni

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/Quando si spense la notte1

«Si può, siamo liberi come l’aria», cantava uno scapigliato e lucidissimo Gaber nel 76. Lapidario, sfotteva i truzzi, come si direbbe oggi in gergo giovanile, i coglioncelli che sfoggiano ovunque il vessillo della libertà senza manco sapere cosa sia, questa libertà. Di certo era ignoto ai più, in un’età che non ammetteva bazzecole. Ce lo racconta fin troppo bene Ottavia Casagrande nel suo nuovo libro Quando si spense la notte (Feltrinelli, pp.243, 2018).

 

La Casagrande offre uno sguardo inedito sul fascismo ma anche sulla guerra. Più che la storia – vera – di uno sciupafemmine e, per certi aspetti, eroico principe di Trabia, è interessante la riflessione che si trae sul valore della libertà. Ai tempi in cui il Duce spadroneggiava con le sue camicie nere, si conosceva solo la lingua del bastone. Anche allora c’era chi, in buona fede, credeva nel fascismo quale rivoluzione sociale o persino antropologica. Ma gli Italiani, è evidente, hanno la pellaccia dura, e di cambiare la loro indole proprio non ne vogliono sapere. Alcuni ci speravano veramente. Tra questi, Giorgio Almirante. Non ho fatto in tempo a conoscerlo, ma, devo confessarlo, il suo sguardo vitreo e penetrante e il suo carisma mi affascinano, incutono soggezione. Come per tutti i grandi uomini del passato, dobbiamo riconoscerne i meriti (oltre ai demeriti). Il suo fu quello di aver dato anima e corpo per la sua causa, oltre al fatto di essere stato un instancabile lavoratore. Ecco cosa potremmo e dovremmo ricordare di Giorgio. Ma vengo al sodo, non ho voglia di stancarvi con le mie prediche politiche. L’ho tirato in ballo e scomodato per fare luce su una frase da lui proferita nel corso di una Tribuna politica. Incalzato da un cinico Vittorio Gorresio sul tema del liberalismo, Almirante rispose, quasi ingenuamente, che non sapeva cosa fosse la libertà. Nessuno glielo aveva mai insegnato.

 

Aveva ragione. Del resto, potevano forse definirsi liberali i regimi che avevano preceduto la grande dittatura, dall’Unità d’Italia a Giolitti? Ha senso riferirsi a quei governi come a delle moderne democrazie? Domande, queste, che hanno tormentato intellettuali del calibro di Benedetto Croce e Norberto Bobbio.

 

Io, umilmente (sono un pivellino), credo di no. In democrazia i Carabinieri non sparerebbero su una folla di operai in sciopero.

Della libertà, a quei tempi, non si sapeva nulla. In compenso, come ci suggerisce implicitamente la Casagrande, i discorsi di allora erano intrisi di parole oggi vacue e altisonanti quali, ad esempio, dignità. Tutti volevano un po’ di dignità e, dopo anni di alleanze sconclusionate, il popolo si era buttato volentieri nelle braccia di Mussolini. Ignaro, forse, che da lì a breve il mascellone avrebbe perso ogni contatto con la realtà e sarebbe diventato «la caricatura di sé stesso».

 

È pur vero che per molti la liberà restava un’indole repressa, messa a tacere. Senza darne una definizione, perché allora nessuno sapeva cosa caspita significasse essere liberi, qualcuno avvertiva la duplicità della vita umana. Di certo lo aveva capito Raimondo Lanza di Trabia, il principe viveur che preferiva i balli e le feste in maschera ad un immotivato servilismo verso il regime. Forse, verrebbe da dire, non aveva torto ad agire in nome della libertà. Non è riuscito a deviare di un solo millimetro il corso sbilenco della Storia, ma chi se ne frega. In fondo, come gli rivela l’amante Cora, «siamo solo bambini innamorati: nati per andare a ballare, divertirci, ubriacarci, guardare film al cinematografo e fare l’amore». Non ci riesce lui, inchiodato dalle passioni; non ci riesce neppure Ciano, l’uomo che inizialmente sembrava il più adatto a cambiare il corso degli avvenimenti e che, invece, si dimostra per quello che è, una persona refrattaria al cambiamento. È fiacco e privo di quella fermezza e inflessibilità che sono necessarie a plasmare la Storia.

 

La dittatura fa girare sempre gli attributi. Non solo a Raimondo, bensì alla società tutta, a prescindere da qualsiasi epoca. Altro che partecipazione (scusa, Giorgio), libertà è: fai come cazzo ti pare. Evviva Raimondo Lanza di Trabia, che ci ha spiattellato in faccia questa semplice verità che a volte accantoniamo o vorremmo sacrificare in virtù di un ordine superiore. Guardate che di uomini della Provvidenza ce ne sono stati parecchi, eppure non è andata troppo bene. Fate vobis!

 

Alessandro Cantoni

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