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Prove di dialogo tecnico tra “secchioni” e “piselloni”

CULTURA E SPETTACOLO - 24 01 2022 - Ezio (Méngu)

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/Ridenti stradine nella piana di Villa di Tirano
Ridenti stradine nella piana di Villa di Tirano

Probabilmente questo scritto, dal tono vagamente tecnico e goliardico, sarà letto da pochi poiché ho notato che, spesso, la notizia di un cagnolino che fa la pipì sopra una scarpa di un passante è letta con più interesse delle problematiche del territorio. La vita è piena di nodi, purtroppo ci sono delle persone abili nel farli per proprio tornaconto e nel disfarli sono veloci e furbi più del dott. Azzeccagarbugli, personaggio inventato dal Manzoni, gran conoscitore dell’animo umano. Sono un vecchio elettrotecnico, di quelli del tempo in cui i professori inculcavano ai loro allievi l’idea che la filosofia di un impianto elettrico da progettare deve tendere alla massima semplicità e funzionalità. Suggerivano, anzi comandavano a suon di brutti voti e bocciature, che quando si progetta un impianto elettrico si deve mettere l’essenziale poiché quello che non serve e non c’è non si rompe e non è d’impaccio. A dimostrazione di questa filosofia d’impianto racconterò un episodio che mi ha accompagnato tutta la vita lavorativa.

 

Il fatto lo accomunerei, giusto o sbagliato che sia, anche ad alcune notizie che leggo sui giornali locali in merito, alla “ santa razionalizzazione delle linee elettriche di valle ” ( come io la definisco) e che mi sembra una ottima idea da parte dell’Ente gestore delle linee, con la collaborazione dei vari Enti del territorio e del Comitato che studia e raccoglie le varie osservazioni dei Cittadini  A me pare però di capire, leggendo i giornali, che le buone idee e quelle “ non possibili” si aggrovigliano in contrasti di opinioni e di ripensamenti quasi facendo inceppare il progetto generale. Mi fa pensare, senza volere far torti e offese a nessuno, a un Capitano che vorrebbe pilotare la nave con il motto “ Avanti tutta “ però è costretto a pilotare con il motto “ avanti adagio, quasi indietro “ dove la ruota del timone una volta gira a destra e un’ altra volta a sinistra secondo le forzature o le opinioni mutevoli dei vari passeggeri. Pare logico pensare che un Capitano, per condurre la nave sulla giusta rotta, quando la” bagarre” dei passeggeri si fa tumultuosa e poco collaborativa dovrà “scaricare” dal veliero i rissosi per poi prendere, lui stesso e magari suo malgrado, il timone. Sarò fantasioso o magari troppo razionale ma la nostra bella Valle appare piena di linee e tralicci che a me sembra essere “ ‘n càmp de mais “  in stato invernale che dopo aver tolto le “ puiàte ( pannocchie ) rimane in piedi solo lo stelo alto e rinsecchito.

 

Racconto un episodio che dovrebbe fare riflettere e che a me pare sempre attuale. Nei corsi del mio Istituto Tecnico Industriale c’erano nel programma di studio anche varie lezioni e prove di laboratorio. Ciò che si studiava, in parte, lo si metteva in pratica con applicazione di “tensione e corrente”. Ebbene, il nostro professore di impiantistica ci mise alla prova. Divise la classe in due gruppi, poi ci propose uno studio di soluzione d’impianto il quale doveva essere poi fatto praticamente in opportuna scala dimensionale sui banchi di lavoro del laboratorio. Oltre alle apparecchiature sui tavoloni era stesa una planimetria del territorio, direi assai complicata, con indicati schematicamente i siti di produzione di energia, ma non le relative reti di distribuzione di corrente in Alta tensione e Media tensione. In aula, l’ingegnere ci diede un tempo ben preciso di discussione, mi pare di ricordare due settimane, poi ogni gruppo doveva cimentarsi sui banchi di laboratorio mettendo in opera la propria soluzione. Io, che ero nel secondo gruppo, con i miei compagni discutemmo prima lo sviluppo d’impianto con una sana foga tecnica che adesso rimpiango osservando che anche i politici sono diventati tecnici. Fu una battaglia con epitaffi, titoli “onorifici”  che non posso scrivere!

 

Eravamo in dieci e tra noi c’erano tre “teste di pisello” e due “secchioni “, di quelli che dovevi strappare a notte fonda dal tavolo di studio per imporre d’andare a dormire. I due “ secchioni “  con calma  e gesso cercarono , ma senza riuscirci , di far  capire quello che non riuscivano a capire le tre “ teste di pisello” . Occorre dire che i tre” piselloni non mancavano di intelligenza, ma dal loro ragionare si capiva chiaramente il fatto che l’impianto di distribuzione d’energia doveva accontentare alcune zone che per il loro modo di vedere erano privilegiate e abbandonarne altre. I “piselloni “sotto sotto confabulavano di nascosto dei “ secchioni “, ritardando il lavoro e con una soluzione di linee a  ghirigoro per i “ secchioni “ a dir poco oscene.  Ora da anziano ritengo che accontentare ogni testa, che normalmente tira l’acqua al proprio mulino, rimane un sogno quasi impossibile o quanto meno poco realizzabile in tempi brevi e che ognuno debba proporre esperienze attinenti al proprio mestiere. I due ”secchioni  “ vociavano ai “ piselloni “ che il nostro ingegnere, con la sua filosofia d’impianto, aveva suggerito di semplificare, razionalizzare, rendere sicuro la distribuzione d’energia  a vantaggio del territorio poiché di quella” pappa “ i nostri posteri ne avrebbero avuto bisogno  e succhiato più del latte poppato dalle mammelle della loro mamma.

 

Bene! Anzi male per il nostro gruppo! A progetto di laboratorio terminato ecco nascere sui due estesi banchi il relativo progetto d’impianto. I due gruppi avevano studiato e attuato in miniatura il progetto, indipendentemente l’uno dall’altro. Nessuno aveva copiato o sbirciato dall’altro, come spesso si fa quando non si hanno le idee chiare. Il professore, un ingegnere d’impiantistica, un “ drago “  pagato d’Istituto Tecnico come consulente, visionò il nostro banco di lavoro. Per circa un quarto d’ora non disse nulla:  guardava e mugugnava , mentre noi con il cuore in gola aspettavamo il suo verdetto. Poi sbottò e disse: “becchini, siete degli auto becchini, vi siete giocato l’anno, vi siete scavati la fossa con le vostre mani! Togliete tensione al garbuglio d’impianto !”Così facemmo. Poi paonazzo in faccia ci disse: “Giovanotti, non vi ho forse detto di semplificare l’impianto e renderlo funzionale magari a costo di qualche “sacrificio “territoriale? Cosa sono questi ghirigori impiantistici? Sappiate che se anche l’energia passa nei conduttori di vostra traccia non per questo dovete allungare i percorsi per futili motivi.“  A questo dire siamo rimasti tutti ammutoliti, anche perché alcuni di noi non si sentivano “ piselloni” e la colpa era di quei tre “ ceffi “ che avevano imposto con tracotanza lo schema di impianto. Risultato? Il medaglino e la minaccia applicataci dall’ingegnere però erano comuni al gruppo! Poi, l’ingegnere, si spostò nella seconda aula dove c’era l’altro gruppo. Visionò il lavoro e fu più clemente con loro poiché vide che il progetto aveva osservato alcune idee fondamentali di semplicità e razionalità. Non fece togliere tensione all’impianto e lasciò tutte le apparecchiature, i conduttori, tralicci al loro posto. Se ne andò brontolando e in apparenza ancora non troppo soddisfatto, ma era nel suo modo di fare poiché dicevano malignamente che per cena l’ingegnere mangiava elettroni in bianco a causa del suo il mal di stomaco.

 

Dimenticavo di dirvi che l’ingegnere aveva fotografato i due nostri lavori con la Polaroid. Dopo un mese discutemmo le soluzioni progettuali dei due gruppi. Trovammo un ragionevole accordo tecnico eliminando alcuni “svarioni” e inosservanze delle norme CEI sui campi elettromagnetici e la minaccia della bocciatura sembrava essersi allontanata.  Nacque così uno spirito collaborativo che ancora oggi sento “ nel sangue “ quando parlo di impiantistica. Io penso che sia variato poco d’allora nello spirito e nel comportamento delle persone, poiché di compagni “ piselloni “ , cioè quelli che pensano ad una impiantistica adatta solo a propri interessi e non al bene comune, ce ne sono ancora. Come ai miei tempi scolastici con quelli occorre pazienza e “gesso”! Occorre che i “ secchioni “ ragionino con i “ piselloni “ con calma e serenità ed è certo che una soluzione buona la si troverà in tempi brevi  poiché pochi sono “ gli asini che si impuntano” ma molti sono servi del proprio egoismo, della politica e del protagonismo. Altrimenti, come ci diceva l’ingegnere, non trovando un accordo e una soluzione e non realizzando nulla, ci si scaverà la fossa con le nostre mani e rimarremo soli con il cerino in mano acceso scottandoci le dita. Capito?

 

Ezio (Méngu)

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