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Le tempeste processuali di Nicolò Rusca

CULTURA E SPETTACOLO - 17 08 2017 - Ivan Bormolini

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/nicolò rusca

(A cura di Ivan Bormolini) Come già ricordato, in questi mesi stiamo cercando di approfondire le vicende storiche ed umane di un periodo molto travagliato per le nostre genti. Stiamo parlando in particolare dei fatti avvenuti tra la fine del 1500 e gli inizi del 1600, quindi delle aspre contese tra i dominatori Grigioni e le nostre popolazioni, soprattutto in tema di religione.

 

In questo viaggio, non potevamo non parlare dell'arciprete di Sondrio Nicolò Rusca. Della sua figura avevamo fatto qualche accenno nel mese di giugno, ricordando la storica disputa di Tirano, svoltasi per salvare il primo parroco di Tirano, Simone Cabasso, dalla pena capitale. Non tratteremo qui le vicende familiari o quelle della sua operosa vita terrena, bensì delle sue vicende processuali, riteniamo infatti che il processo e la morte del Martire e Beato Nicolò Rusca, descrivano perfettamente l'aspro e drammatico clima di quelle epoche.

 

Soprattutto agli inizi del 1600, i tentativi di diffondere la Riforma protestante nelle nostre valli da parte dei Ministri riformati, segnava una battuta d'arresto.

Tale fenomeno, per gli stessi Ministri, era da imputare ad una nuova generazione di sacerdoti cattolici che con a capo il Rusca, avevano avviato il rinnovamento delle comunità cattoliche locali.

Questo percorso, in una terra comunque sempre stata astiosa nei confronti della Riforma, costituiva dunque una minaccia.

 

E' facile intuire che l'arciprete di Sondrio, appariva agli occhi dei riformati come una minaccia. Dunque il cammino del Rusca iniziava ad inerpicarsi verso un periodo di gravi tribolazioni.

Dobbiamo ricordare che l'arciprete veniva ripetutamente presentato come un personaggio fazioso e violento, sia nei confronti della Riforma sia nei confronti dello Stato Retico, tuttavia gli atti processuali, che andremo ora ad analizzare e la storia stessa ci ha dimostrato l'esatto contrario.

 

Ma veniamo ora nello specifico alle vicende processuali che hanno interessato Nicolò Rusca.

In un primo caso, Rusca avrebbe commesso la colpa di rimproverare un ragazzo cattolico che da qualche tempo aveva iniziato a frequentare il culto calvinista. Immediatamente il magistrato aveva disposto l'arresto del sacerdote.

Arrestare per un rimprovero?

Effettivamente questo suona come una provocazione atta a sminuire l'azione pacifica dell'arciprete. Il tutto pare sproporzionato.

E' certo però che le regole in vigore nello Stato Retico, in quei tempi proibivano agli esponenti delle due confessioni di contrastarsi e provocarsi.

 

Evidentemente in un clima di alta tensione, tutto veniva vagliato con molta attenzione, ogni piccolo alterco diveniva provocazione e quindi in qualche modo perseguibile.

Nel caso Rusca, si era evidentemente andati un po' troppo oltre. Il servo di Dio infatti aveva rivolto un rimprovero ad un membro della sua comunità che si era legato alla famiglia dei Martinego di Sondrio, la quale era passata alla Riforma.

Sta di fatto che punire il comportamento del Rusca, avrebbe significato la negazione della libertà di azione riconosciuta ad entrambe le confessioni.

La vicenda si era conclusa con la scarcerazione del sacerdote dietro pagamento di una cauzione.

 

IL PROCESSO CHIAPPINO

Se dunque il primo tentativo di accusare il Rusca non era andato a buon fine, si tentava in ogni modo, sempre per “vie legali” di indebolire l'azione dell'arciprete di Sondrio.

Pochi mesi dopo si era formulata nei suoi confronti un'accusa ben più grave: il Rusca avrebbe tentato di far sequestrare, senza riuscirvi, il pastore della comunità riformata Calandrino.

 

A fare il nome del Rusca era stato un certo Chiappino di Ponte in Valtellina, ovvero quello che doveva essere l'esecutore materiale del fallito attentato. Va detto subito, che tale testimonianza rilasciata sotto tortura, da colui che era considerato un modesto delinquente di campagna, era stata valutata dalla stessa pubblica accusa con qualche difficoltà.

 

Per intentare la strada di un nuovo processo era necessario integrare l'imputazione con altri comportamenti del Rusca che erano ritenuti sovversivi.

In particolare si sosteneva che l'arciprete avesse sobillato i soldati Grigioni in servizio al confine spagnolo durante la costruzione del forte di Fuentes, a passare dalla parte del nemico.

 

Vista la gravità delle accuse, la comunità sondriese, aveva costituito un apposito comitato e impegnato ben sette uomini di legge per raccogliere testimonianze in difesa dell'arciprete e seguire il processo a Coira.

Lo stesso tribunale nel discutere la delicata causa aveva sentenziato la piena innocenza del Rusca, comminandogli solo una multa per contumacia.

 

L'ULTIMO PROCESSO E LA MORTE

Dunque ancora un'assoluzione, ma per Nicolò Rusca purtroppo non era finita.

Sarebbe qui necessario citare alcuni fatti storici avvenuti tra il 1617 ed il 1618, per comprendere meglio l'inizio della terzo tragico processo al Rusca.

Tralasciamo questi eventi succedutisi sia a livello locale che su scala internazionale e ripartiamo dall'arciprete, pare chiaro e sono i fatti ad averlo sino a qui dimostrato, che il Rusca appare del tutto estraneo a quella figura di violento e sobillatore, ma nonostante tutto è proprio quell'abito che gli si voleva cucire addosso.

 

All'inizio dell'estate del 1618, bande di armati partite da Thusis, arrivavano a Chiavenna per poi raggiungere la Valtellina, il loro obbiettivo, anche se non era il solo, era l'arresto di alcuni ecclesiastici di spicco, quali l'arciprete di Chiavenna e ed il parroco di Morbegno che si erano salvati con la fuga.

La cattura del Rusca era stata organizzata a parte con molta più attenzione, nell'obbiettivo di non fallire.

Gli uomini incaricati di condurlo a Thusis, erano diverse decine e tutti armati, erano scesi a Sondrio dalla Valmalenco, tra sicure e riservate strade di montagna sfruttando il favore delle tenebre.

 

Alla guida della spedizione vi era il ministro riformato Marc' Antonio Alba, questo personaggio già da tempo si aggirava per la Valmalenco senza apparenti incarichi precisi, anche se l'incarico alla luce dei fatti era ben chiaro.

Era stato proprio Alba, nella notte del 24 luglio a condurre gli uomini armati sin sotto le finestre dell'arcipretura di Sondrio. Ne era seguito un vero e proprio sequestro di persona, ben lontano da quello che doveva essere un arresto in forma legale.

Per i sondriesi quello del 25 luglio era stato un brusco risveglio, la notizia della cattura dell'arciprete aveva fatto scendere molte persone nelle strade con le armi tra le mani, mentre le campane della collegiata richiamavano tutti a raccolta. Il governatore Grigione aveva riportato il tutto alla calma con modi energici.

 

La comitiva aveva dunque condotto Nicolò Rusca a Thusis, sede del famoso tribunale che aveva chiari intenti persecutori.

Da subito non era stata ammessa nessuna difesa legale, erano state formulate una serie di accuse del tutto infondate contro l'imputato ed in più erano stati ripresi gli stessi capi d'imputazione del precedente processo.

Un'accusa forse parzialmente attendibile era stata quella di essersi temerariamente opposto all'apertura di una scuola di ispirazione calvinista a Sondrio. Dopo questo si era proceduti all'interrogatorio sotto tortura al fine di ottenere una confessione e formulare così una sentenza di condanna.

 

Il prigioniero era stato sollevato “sulla corda” con le mani legate dietro la schiena al fine di provocare dolorosissime distorsioni. A rendere ancora più macabra e crudele la scena era stato l'intervento di giovani pastori presenti in quel tribunale.

Questi, si erano sostituiti ai carnefici ritenuti troppo esitanti e si erano accaniti contro il Rusca con insulti e scherni, prolungandone e rafforzandone i tormenti. La loro cruda e insistente azione, aveva fatto in modo che qualcosa in quella macchina della tortura venisse a rompersi.

L'arciprete era caduto a terra ed allora, con ancora maggiore crudeltà, quei fanatici avevano tentato di risollevarlo sulla corda. Vani quegli ignobili tentativi, ormai Nicolò Rusca, la sera del 4 dicembre 1618 aveva fatto ritorno alla Casa del Padre.

 

 

FONTE: Nicolò Rusca e il suo tempo, autore Monsignor Saverio Xeres. Stampa Tipografia Polaris Sondrio nel mese di aprile 2013.

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