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La luce e le tenebre

CULTURA E SPETTACOLO - 11 03 2018 - Don Battista Rinaldi

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Ancora un linguaggio che può anche appartenere alla meteorologia: luce e tenebre. Gesù dice senza mezzi termini: “la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce”. E lo dice proprio a Nicodemo, personaggio ragguardevole tra i farisei, forse addirittura membro del grande sinedrio, che approfittando del buio e del silenzio della notte si recò dal rabbi Gesù, alla ricerca di quella luce che, ha intuito, proprio Lui possa dargli. L’evangelista non ci riferisce come si è concluso il suo dialogo con Gesù, ma più avanti ci ripresenta il medesimo personaggio che, tra i sommi sacerdoti di Gerusalemme, i quali cercano il modo di togliere di mezzo Gesù, prende le sue difese: “La nostra legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?” Riceve una risposta irridente e dispregiativa, ma comunque ha preso posizione in modo chiaro in suo favore.

 

Ebbene, proprio a costui Gesù spiega che “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito”. Questa è la ‘luce’. E Lui, Gesù, è venuto proprio a raccontare questo amore di Dio. Un amore molto diverso dal nostro, perché non cerca mai una restituzione, una reciprocità: “come il Padre ha amato me, così io ho amato voi” e “come io ho amato voi così voi amatevi gli uni gli altri”. Il movimento della dona- zione divina non diviene un circolo chiuso: io-tu, tu-io, ti amo perché tu mi riami o ti amo fino a quando tu mi restituisci lo stesso amore. È un cerchio infernale e bipolare che non si apre mai agli altri, non cerca mai di servire la vita. È ‘le tenebre’, proprio quelle che l’uomo ha preferito e preferisce. L’amore che Cristo narra non è totalitario e obbligante, non pretende gratitudine, ma rispetta la libertà e la vita dell’uomo.

 

Il senso dell’amore di Dio che si esprime nel dono del Figlio non è la condanna, ma la salvezza dell’uomo, chiunque esso sia. E questo diventa norma per la Chiesa. Anch’essa inviata tra gli uomini non per giudicarli, ma per raccontare loro l’unica cosa necessaria: la misericordia di Dio. Gesù ha vissuto l’intera esistenza donando la propria vita e così ha generato alla vita, ha suscitato vita. Giovanni chiama ‘innalzamento’ la morte in croce di Gesù: nel Cristo innalzato il credente vede la misericordia di Dio che manifesta un amore unilaterale e salvi co per tutti.

 

Forse gli ultimi giorni della Quaresima possono diventare per ciascuno di noi l’occasione per un incontro come quella di Nicodemo con Gesù. Diamoci tempo, di notte o di giorno, per un momento a tu per tu; in un spazio di preghiera che lascia penetrare in noi questa parola, in un colloquio per la confessione, in un gesto di solidarietà o di perdono.

 

È l’unica opera essenziale: ‘credere in colui che egli ha mandato’. È la scelta della luce.

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