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La gente di montagna così rideva: "La signora(!) apparsa alla buon’ora"

CULTURA E SPETTACOLO - 02 11 2021 - Ezio (Méngu)

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/Il bosco dove posò, di buon’ora, gli scarponi la “signora”
Il bosco dove posò, di buon’ora, gli scarponi la “signora”

Sono cose che succedono anche al giorno d’oggi, ma con modi diversi e forme diverse. Sono passati quasi sessant’anni da allora, ma credetemi che certi vizietti non hanno tempo e addirittura si perfezionano. Carlo era un giovanotto volonteroso e amante della montagna. Svolgeva il suo lavoro a turni in una bottega in Tirano. Iniziava quando il sole calava e terminava al mattino presto, a volte quando l’alba non era ancora spuntata. Così nel pomeriggio inoltrato, dopo aver terminato il suo lavoro in baita, lo si vedeva scendere dalla mulattiera Trivigno –Tirano con buon passo per iniziare il suo lavoro in paese. Successe di settembre quando le giornate si fanno sempre più corte, il cielo è terso e la brezza in montagna è pungente. Lui faceva il panettiere e quella mattina dopo essersi scrollato di dosso il pulviscolo delle farine si avviò verso il “Castelàsc” per poi incamminarsi sulla mulattiera che conduce all’ape Piscina dove aveva la sua baita e la sua famigliola. Era buio, incrociò presso il Campone solo un camion della filovia che trasportava il cemento dalla stazione ferroviaria sino a Cancano. Riconobbe l’autista, si scambiarono un saluto. Carlo con una alzata di mano, e l’autista con un leggero colpo di clacson. In fretta raggiunse la Prima Croce, fece il solito cenno di reverenza con la testa, poi per tre volte mosse verso l’alto come per incensare il Cristo crocefisso la lampada a carburo. Con passo deciso raggiunse Ronco quando la notte incominciava a farsi meno scura.

 

Vide i due tavoloni in legno dell’osteria desolatamente vuoti e osservò a lato la vecchia baita immersa in un silenzio irreale. Si ricordava il vociare dei “viciurin” (conducenti dei carri) durante il giorno che si fermavano con le loro “priale” (carri carichi di fieno per bersi il calicino di vino e giocare a carte. Proseguì sino a giungere ad un bivio di due stradine. Una conduceva all’alpe canali e l’altra all’alpe Piscina. Era di buon’ora! Sui monti del Mortirolo si intravedeva il chiarore dell’alba, quand’ecco che d’innanzi a lui, nel sentiero immerso nella fitta e semi oscura boscaglia, apparve una figura femminile. Il lume a carburo di Carlo era ancora acceso, la tremula fiammella e le ombre delle piante davano una sensazione di movimento. La “signora” era immobile e appariva risplendere con grazia. Era una figura di giovane donna, con capelli lunghi sciolti sulle spalle. I suoi occhi sembravano due brillanti al chiarore del lume. La sua veste era bianca e lunga fino ai piedi e ai piedi portava due graziosi scarponi.

 

Carlo rimase immobile per un attimo e poi, a causa della sua religiosità ebbe un tremore alla gambe. Si inginocchiò muovendo il suo lume verso la graziosa figura femminile. La giovane donna gli sorrise e poi con una grazia impossibile da descrivere alzò la mano destra, come per benedire, poi si portò l’indice della mano destra diritto alla bocca e disse: “fai silenzio con tutti, eh…mi raccomando . “Lui rispose tremate: “Signora, dovunque andrò sarò muto come un pesce”. La giovane donna con passo leggiadro scomparve dalla luce della lampada a carburo avviandosi verso l’alpe Canali, quando un lembo del suo bianco vestito si impigliò in un ramo di rose selvatiche e un piccolo lembo si strappò rimanendo tra i rami. Carlo si riebbe, si alzò, ravvivò il suo lume, vide il lembo del vestito sul rovo. Lo staccò e lo depose nella sacca come me fosse una reliquia. Raggiunse meditando sulla visione l’alpe Piscina, quando le montagne del Mortirolo già erano illuminate dal sole. Per tre giorni tenne, solitario e pensoso, il bianco lembo tra le mani. Rigirandolo tra le mani appariva che la sua visione era reale e non un sogno ad occhi aperti. Aveva promesso alla “ signora“ che non avrebbe parlato a nessuno dell’incontro, ma non fu così.

 

Giunse la domenica e come consuetudine raggiunge alpe di Ronco per fare una partitina a carte e bere del buon vino all’osteria di mia nonna Virginia. Carlo portava sempre con sé il lembo che aveva raccolto quella mattina a buon’ora della visione. Ora dovete credermi sulla parola; nessuno sarebbe riuscito a trattenersi dal confidare con mia nonna i più intimi segreti. Il suo cruccio era quello di non aver potuto fare il prete confessore poiché era nata femmina e sapeva che era ormai troppo vecchia per aspettare il momento che madre Chiesa finalmente si decidesse per il presbiterato anche alle donne. Ebbene, Carlo dopo cinque calici di rosso raccontò la visione di quella notte a mia nonna. Non contento estrasse dalla tasca il lembo bianco del vestito raccolto tra i rami del roseto. Mia nonna poteva in osservazione e indagini competere con Sherlock Holmes. Prese il lembo bianco del vestito, lo guardò attentamente, lo girò e disse:” è un lembo di una sottana di buona fattura e per giunta è ricamato in modo eccelso. Lasciami il lembo e aspetta un momento”. In cucina vi erano le due donne anziane amiche di mia nonna, una rammendava i calzoni del suo uomo e l’altra la più anziana di nome Cecilia lavorava di pizzo su una grande lenzuolo.

 

La nonna andò verso Cecilia, che interruppe per un attimo il suo lavoro. Le mostrò il lembo con il pizzo. Cecilia disse: “è un pezzo di sottana che io ho lavorato. L’ho dato per regalo di nozze a Serafina quando si è sposata con Luigi. E’ da un po’ di tempo che non vedo quel bravo giovane. So però che ha dovuto andare a lavorare a Samaden per mantenere la sua famiglia”. La nonna sorrise, poi disse: “Bene! Aspettatemi, poi vi racconterò “. La nonna tornò da Carlo, gli porse il lembo bianco del vestito e disse: “Tienilo da conto, sarà per te un buon ricordo e una testimonianza per la tua visione “. Carlo sorrise soddisfatto e la depose, come reliquia, in un suo borsino. La nonna appena ebbe tempo andò in cucina e disse: “Cecilia, allora è vero che la Serafina, tutta casa e chiesa, fa le corna al marito con il suo miglior amico che ha la casa all’alpe Canali. Carlo ha incontrato la santerellina, in sottana, questa notte mentre tornava dal lavoro a casa alle Canali. Un pezzo della sottana si è impigliato in un roveto selvatico ed è quello che ti ho mostrato e che tu hai ricamato. Non dire niente a nessuno. Carlo ha gridato al “miracolo e ha parlato della visione persino in Parrocchia. Lasciamo andare le cose come devono andare “. Le tre donne scoppiarono in una fragorosa risata, poi però subito dopo si rattristarono pensando a Luigi, lavoratore indefesso a Samaden, ora giovane “cervo”.

 

Ezio (Méngu)

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