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La gente di montagna così rideva…

CULTURA E SPETTACOLO - 13 09 2021 - Ezio (Méngu)

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/Vecchi androni nella “città“ di Glorenza in Val Venosta
Vecchi androni nella “città“ di Glorenza in Val Venosta (foto Méngu)

Il beato istinto di Amilcare

Lo conoscevo ormai da anni. Tutte le estati passava per Ronco e si fermava a bere il solito calicino di rosso fresco di cantina alla vecchia osteria di mia nonna Virginia. Il suo incedere era claudicante. Pur non essendo vecchio lo vedevo salire dalla mulattiera come una gallina zoppa e molte volte con il fiatone. Si sedeva al tavolo e, accarezzando il suo cane pastore, si guardava intorno come se non avesse mai visto quel luogo.

 

Guardava il bosco, i prati, e ogni tanto faceva il suo commento a mia nonna. Un giorno le disse : “Virginia, guarda quel larice. Avrà più di cento anni, soffre di vecchiaia. Devi tagliarlo se non vuoi che ti cada sul tetto della casa ”. Mia nonna, sapendo che da giovane era stato un ottimo “ burelée” ( boscaiolo ) gli disse “ taglialo tu, poi ti do gratis il solito beveraggio tutte le volte che passi. “ Lui rispose: “ hai ragione, ero un buon boscaiolo e piante come quella me le sorbivo come rosolio, ma ora non ho più la forze dopo l’infortunio che mi è capitato in Val Venosta. ” La nonna lo guardò e non disse nulla. Lei aveva saputo il fatto, ma io no. Si sa che i bambini sono curiosi e basta una parolina messa di traverso e non intesa che la curiosità li assale. Quell’uomo di soprannome lo chiamavano” scuìna “ ma io per rispetto lo chiamavo con il suo nome di battesimo. Gli chiesi: “ Amilcare perché cammini un po’ sciancato sulla gamba destra ? Cosa ti è successo ? “ Lui bevve un sorso di rosso, accarezzò il cane accucciato ai suoi piedi e disse “ E’ una brutta storia, te la racconto con la promessa che aiuterai tua nonna a scopare la cucina per una settimana.“ Risposi: “ contratto fatto, raccontami quel che ti è accaduto “.

 

Bevve un altro sorso di vino e siccome vide che il bicchiere era vuoto, mi chiese di portagliene un altro. In un baleno il vino fu sul tavolo. Lui si lisciò i baffi, bevve un altro sorso, trasse un sospiro, poi uno sguardo lungo e incominciò a dire “ So che tu mi vedi vecchio e sciancato ma io ero un bel giovanotto e anche forte . Sono figlio di un “ burelée “ ( boscaiolo) e mio padre mi ha insegnato a lavorare i boschi, il lavoro mi piaceva e ne andavo fiero. Sappi che chi fa il boscaiolo ha il fisico robusto, la mente sveglia e la vista come quella di un’ aquila. Ebbene, io per guadagnarmi il pane ho passato alcuni mesi in Val Venosta a tagliare piante. Erano pini e larici da costruzione e dopo averli tagliati e trascinati lungi i pendii, li caricavamo sui carri per portarli in segheria. La segheria era presso uno splendido maso, di quei masi passati per generazioni ai figli primogeniti e tenuti come fiori all’occhiello. In quel maso vi era una grande stalla per le mucche e a un passo dalla stalla vi era una grande e vecchia costruzione in legno adibita a fienile. Il fieno veniva depositato al piano superiore molto aperto e arieggiato e per salirvi vi era una grande scala in legno. Quel maso era splendido e ordinato. Una gran quantità di fiori pendeva dai balconi e dai davanzali delle finestre dando una atmosfera fresca e piacevole. Quella natura era resa ancor più splendida da una delle figlie del padrone del maso. Era una di quelle ragazze che al mattino, appena si svegliava, apriva la finestra della sua stanza per emettere un gorgheggio di saluto alla vallata. Quel saluto rimbombava nella valle e molti lo riconoscevano.

 

Era il saluto di Magdalena, nome appropriato per la sua dolce e soave bellezza, bellezza che ricordava la donna amata da Gesù. Magdalena aveva le guance del colore del fiore di rododendro e gli occhi splendevano come il sole settembrino. Il suo petto simile all’avorio era fasciato da un vestito ricamato a fiori che le cingeva il seno, parte delle spalle e le robuste braccia sino a giungere a nasconderle gli scarponi di cuoio. Era la bellezza della Madonna in terra, era una di quelle donne speciali e graziose che puoi vederle solo nel Tirolo . Ebbene avevo finito il mio lavoro in segheria e mi avviavo verso la mia baracca quando la vidi sulla scala con in mano una scopa di frasche di betulla. Magdalena era intenta a pulire la scala dal fieno che era caduto da un grosso telo. Come si può non volere aiutare una “grazia “ di tal genere quando la si vede faticare ? Come si può togliere dalla testa il beato istinto che il nostro Creatore ci donò ? La guardai sulla scala. Era rossa in viso per la fatica ma i suoi occhi erano di una bellezza travolgente. Non sapevo parlare tedesco, ma sapevo ben spiegarmi con gesti nel mio lavoro e con le ragazze. Del resto anche alcuni Tirolesi, dopo essersi malinconicamente rassegnati alla convivenza e alla cultura italiana, sapevano intendere quel poco di italiano indispensabile. Magdalena, sull’ultimo gradino della scala in legno, vedendo il mio sguardo imbambolato, con un sorriso mi porse la scopa e dice : “ Wenn du die Stufen fickst , gebe ich dir einen Küss”. ( se tu mi scopi i gradini, io ti do un bacio ). Io che di tedesco era digiuno però sapevo alcune paroline tenere e affettuose per intendersi con le ragazze ho sentito la testa girarmi d’un botto quando ho udito le due paroline magiche “ fickst “ e “ Küss “.

 

Come un felino che ha puntato la preda, sono salito sulla scala e con un balzo le ho tolto la scopa di mano mentre lei, con grazia, ha preso il forcone con l’intento di raccogliere il fieno. Sull’ultimo gradino era rimasto una spanna di fieno e io con foga guerriera desideravo scopare. Magdalena, quando ha visto i mei occhi eccitati è diventata rossa in viso come un peperone. Forse aveva intuito che la sua richiesta di aiuto era stata mal interpretata e come una gatta in fuga si è lanciata sul cumulo di fieno del piano inferiore e via di corsa si è rifugiata nella sua “ stüa” ( salotto in legno ) di casa . Cosa mi è successo immediatamente dopo ? Nella furia si è rotto il gradino in legno della scala e sono precipitato su un forcone, Una punta mi ha trapassato il gluteo piantandosi nell’osso, schivando per miracolo gli “zebedei “ . Ho gridato aiuto e subito mi hanno portato all’ospedale di Merano. Il medico, che era un tedesco ma sapeva bene l’italiano mi disse : Was ist mit dir passiert ? “ ( cosa ti è successo ? ). Avevo perso molto sangue e feci appena in tempo a dire: “ sulla scala stavo scopando quando … “ poi svenni. Venni a sapere che il medico disse in modo sarcastico all’infermiera che l’aiutava nella medicazione “ Questi giovanotti italiani mi sembrano troppo focosi quando scopano. “ . L’operazione andò bene, ma la mia camminata non era più quella di prima e ora che sono anziano, mi fa male una gamba. “ Amilcare bevve un altro sorso di rosso, poi guardandomi con affetto mi disse: “ Ragazzo, quando scopi la cucina stai molto attento e non farlo mai con foga! “

 

Ezio (Méngu)

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