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La generosità rende felici

CULTURA E SPETTACOLO - 06 01 2019 - Ercole Ricci

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/Terre des Hommes

Ho sempre pensato che essere generosi e altruisti nella vita rende più felici. Non c’è atto più bello del donare. Esso rappresenta una manifestazione di rispetto, gratitudine e stima nei confronti del prossimo.

 

La generosità è il costruttore per eccellenza della fiducia naturale. Non solo ci fa sentire meglio con noi stessi, ma combatte attivamente i sentimenti di isolamento, promuovendo quelli di connessione sociale. Dare fa apparire altruisti ma non solo, si ottiene qualcosa che non ha prezzo: il sorriso e l’affetto della persona che ha ricevuto il nostro dono. Decidere di dare via solo un po’ di soldi ha lo stesso effetto sulla felicità che donarne molti. La quantità spesa non importa è importante tenere in mente che anche le piccole cose hanno un effetto benefico.

 

Fare del bene agli altri, specialmente a coloro che versano in particolari situazioni di bisogno come anziani, senza tetto, e soprattutto bambini come quelli di cui si occupa l’Associazione Terre des Hommes: bambini privati della propria infanzia e del loro diritto di essere al sicuro, di crescere, imparare e giocare, a cui viene negato il diritto all'educazione; costretti al lavoro minorile; con problemi di crescita della malnutrizione che muoiono per malattie facilmente curabili; in fuga a causa di guerre e persecuzioni; spose bambine costrette a sposarsi prima dei 15 anni, ci farà sentire utili.

 

Un gesto di generosità, piccolo o grande non importa, importa invece che qualcuno ha deciso di donare un qualcosa (denaro o cose) che altrimenti andrebbe speso o distrutto mentre da qualche parte c’è qualcuno che con quel qualcosa può continuare a vivere anzi sopravvivere.

Troppo spesso camminiamo a testa bassa, immersi nei nostri cupi pensieri che ci impediscono di guardare negli occhi e sorridere alle persone che incontriamo.

Se vediamo un poveretto per strada (o in televisione) e ci accontentiamo di pensare a quanto ci dispiace per lui, non siamo generosi, e nemmeno altruisti: ci stiamo solo specchiando per un attimo nel caos che può impossessarsi di tutte le vite, compresa la nostra, per poi ritrarci, affrettandoci a pensare ad altro. Un piccolo dono fatto senza distogliere lo sguardo sarebbe già un passettino in più.

 

La generosità non è pietà, non deriva dalla tristezza che ci fa una particolare situazione di sofferenza, non deriva in poche parola da qualcosa di esterno. Se così fosse, non sarebbe più vera generosità. Molte volte pensiamo di essere generosi, ma in verità facciamo gesti quasi dovuti, spinti da un'esigenza che ci porta a fare qualcosa. Lo facciamo per un dovere, ma la generosità non è un dovere, né una costrizione.

Donare è l’elogio massimo del senso profondo di questo gesto. È il dono senza chiedere nulla in cambio, senza porsi prima il problema del perché si dona qualcosa di sé, senza fare appello alla propria bontà. Questo dare però, ancor più se lo si fa così gratuitamente senza concedersi nemmeno la gratificazione di sentirsi buoni, in realtà restituisce molto a se stessi e agli altri. È uno dei pochi modi che abbiamo noi esseri umani, uomini e donne, per affermare la vita, esaltare l’amore sull’odio.

Gli esempi in materia affondano nella storia della nostra civiltà, da Madre Teresa di Calcutta che diceva: “Non è tanto quello che facciamo, ma quanto amore mettiamo nel farlo. Non é tanto quello che diamo, ma quanto amore mettiamo nel dare”, fino a San Francesco, nato nel benessere, che si spoglia di tutto per stare tra i poveri.

 

Ci sono dei periodi particolari dell’anno in cui ciascuno di noi, in maggiore o minore misura, indipendentemente dal rango sociale ha piena coscienza, più del solito, del valore della generosità verso il prossimo. Il periodo per eccellenza in cui emerge il tema del dono sono sicuramente festività religiose, come il Natale. Queste sono un momento di speranza, ma non per chi è solo. In chi è solo diventa più acuto e doloroso il senso della sua esclusione. Sono un momento di gioia, ma non per chi subisce maltrattamenti, umiliazioni sfruttamenti e violenze di ogni genere, per loro diventa più grave umiliante il senso della loro povertà e solitudine.

 

Per questo, lo scrivente, seguendo una bella e consolidata tradizione, iniziata 16 anni fa, subito dopo la festa dell’Immacolata ha aperto al pubblico il Presepe, finalizzato alla raccolta fondi da devolvere all’associazione Terre des Hommes.

La risposta della gente è stata notevole. Durante le festività natalizie ho visto tanti gesti di generosità che mi rimarranno nel cuore per lungo tempo. Gente che non si è fermata a pensare quanto stava facendo di buono, o ad una ricompensa. Credo davvero che questo sia uno dei valori più grandi. Desidero pertanto ringraziare con grande stima e riconoscenza chi ha permesso di onorare questo appuntamento natalizio con la solidarietà con un intervento discreto ma di indubbio valore, animato dalla speranza che anche il prossimo Natale possa essere nuovamente arricchito da una preziosa e numerosa partecipazione da parte Vostra per restituire un significato davvero “diverso” alla ricorrenza natalizia.

 

Un grazie speciale agli amici Giacomo e Alberto del ristorante “Ai Portici” promotori dell’iniziativa, per la loro straordinaria collaborazione e al loro personale; Alle ditte: Pensini Giovanni & figli s.n.c.; Ghilotti Giuseppe e Figli s.r.l.; Mèla di Marchesi Piergiovanni & C. s.n.c. e Saligari s.r.l.s, per la fornitura dei materiali. Agli amici Marco Milesi e Pupo Ermanno per la messa a punto dell’impianto elettrico e idraulico. Alle animatrici Wendy Culanti Indiano Antonella della Bosca e al suo compagno Francesco; alla Signora Zanoli Marisa e ai coscritti 1990/2000 del mandamento Lovero -Tovo- Mazzo di Valtellina, per il generoso contributo.

 

Un grazie di cuore al direttore Marco Travaglia per la concessione dello spazio nel suo giornale.

 

Ercole Ricci

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