MENU

La chiesa di San Rocco e i tiranesi truffati

CULTURA E SPETTACOLO - 12 10 2017 - ivan bormolini

CONDIVIDI

/chiesa san rocco Tirano

(A cura di Ivan Bormolini) La pagina dell'arte tiranese di questo mese ci porta a Madonna di Tirano per parlare della chiesa di San Rocco.

La piccola ricerca che propongo ai lettori però non riguarda solo l'arte legata a questo piccolo tempio. E' necessario infatti approfondire in primo luogo le vicende del tutto insolite che hanno portato all'edificazione della chiesa; queste ultime sono davvero curiose e ci riconducono a Gian Giacomo De medici detto “Il Medeghino”.

 

Nato a Milano nel 1495, Gian Giacomo era il primogenito di molti fratelli tra cui Giovanni Angelo che divenne Papa con il nome di Pio IV, era fratello anche di Margherita, la quale sposatasi con il conte Gilberto Borromeo, diede alla luce il famosissimo San Carlo Borromeo.

Di lui si sa che era stato tutt'altro che un santo, infatti si era segnalato ben presto agli occhi del popolo del tempo come autore di violenze, delitti ed anche come condottiero.

 

Una volta riuscito ad ottenere, nel 1523, il castello di Musso sul lago di Como, ne aveva quasi costituito uno stato a se, con evidenti mire espansionistiche. Ecco dunque che le analogie e le mire del Medeghino, interessavano anche le nostre terre, che lo ricordiamo erano sotto il dominio dei Grigioni.

Gian Giacomo De Medici, infatti dopo avere occupato le Tre Pievi, cercava d'impadronirsi, grazie anche all'appoggio del duca di Milano, di Chiavenna e della Valtellina.

 

Tralasciando le vicende di Chiavenna concentriamoci su Tirano: era chiaro, agli occhi del Medeghino, che il nostro borgo poteva assumere una valenza strategica e militare contro le Tre Leghe, essendo direttamente confinante con i territori Svizzeri. Di qui il pensiero, forse goffamente ideato dallo stesso condottiero, di costruire un fortezza a Madonna di Tirano, esattamente nelle immediate vicinanze della Valposchiavo.

Come fare però? Occorreva infatti una notevole astuzia, al fine di non destare sospetti tra gli occhi severissimi di governanti e militari Grigioni ed in questo caso anche dei tiranesi, era necessario mettere in atto una semplice truffa.

 

Nel 1526, nel tentativo di erigere una fortezza antigrigione, era giunto nel nostro borgo un sedicente frate descritto come uomo di facile favella, il quale, con il suo predicare aveva convinto la gente di Tirano a donare cospicue offerte al fine di poter erigere un tempio in onore di San Rocco, protettore del morbo della peste.

Nella realtà il finto frate, Biagio Ferrario da Musso, era un emissario del Medeghino. Sta di fatto che la buona favella del Ferrario doveva aver convinto i tiranesi ad elargire somme di denaro al fine di iniziare l'opera.

 

Osservando la pianta e l'edificazione della prima parte della stessa, tutti si erano accorti che quella che doveva essere una chiesa, aveva delle caratteristiche costruttive ben lontane, da quelle tipiche di un edificio sacro. La forma ottagonale che ancor oggi la caratterizza infatti, risultava essere del tutto particolare e non corrispondente alle intenzioni dichiarate dal falso frate.

Dal sospetto allo smascherare la truffa era passato ben poco tempo infatti, l'indignazione dei nostri concittadini di quell'epoca avevano costretto il Ferrario ad una fuga diremmo oggi velocissima.

 

Lo storico Francesco Saverio Quadrio, afferma infatti che se lo avessero preso, ben volentieri i tiranesi lo avrebbero “appiccato ad un albero”.

Ora, la domanda che ci si pone è questa: come si è arrivati alla volontà di costruire una chiesa sulle fondamenta di quella che doveva essere una fortezza?

 

E' evidente che la perseveranza degli residenti, seppur tra notevoli difficoltà, ci ha regalato questa piccola e grande opera. I lavori di edificazione erano proceduti molto lentamente e costellati da lunghe pause. Nell'anno 1589, 63 anni dopo l'arrivo a Tirano del falso frate, la chiesa non era ancora finita. Officiata all'inizio del XVII secolo, solo nel 1645 era stata completata con il campanile, tuttavia in occasione della visita pastorale del vescovo di Como Carlo Ciceri ( vescovo diocesano dal 1680 al 1694 ), risalente al 1681, la chiesa risultava “vecchia e con niente di stabile”.

 

Pare chiaro, analizzando le date e le parole del vescovo Ciceri, che la ferma volontà di erigere il tempio da parte dei tiranesi, si scontrava forse, anzi sicuramente, con un problema di risorse economiche, ma è altrettanto assodato che nulla era lasciato al caso e tutto doveva trovare, prima o poi compimento.

A dare valore a queste parole ed anche a questa tenacia è un altro fatto, ho citato che nel 1645 la chiesa aveva il suo campanile, ma da una mia ricerca ho scoperto che questo non era dotato della bella campana. Quest'ultima infatti non compariva al compimento del campanile stesso ma bensì solo nel 1745, ben cent'anni dopo. La campana era stata fusa da Giacomo Francesco Mazzolla di Valduggia e reca la dicitura latina “ S. Roche ora pro nobis MDCCVL”.

 

Ben differente è la situazione in cui si presentava l'edificio sacro nell'anno 1752. Il vescovo Neuroni ( vescovo di Como dal 1746 al 1760 ) aveva parlato di una chiesa ben tenuta, ricca di altari e suppellettili, grazie anche all'interessamento della generosa famiglia Salis. Dunque, sempre stando al vescovo Neuroni, anche se l'altare appariva ancora privo dell' ancona lignea policroma risalente all'epoca tardo settecentesca, il tempio era dotato delle statue, sempre lignee, dei due santi protettori della peste, San Rocco appunto e San Sebastiano. In buona sostanza, grazie anche ai già citati Salis, la chiesa risultava in buono stato, ben arredata e regolarmente officiata.

 

La chiesa di San Rocco, al tempo della visita del vescovo Neuroni godeva di quadri oggi dispersi, oltre alle statue in gesso dei dodici apostoli, tutto questo a testimonianza della sentita vitalità della chiesa nel XVIII secolo.

All'esterno notiamo il bel portale in pietra verde risalente all'anno 1751 che riporta la scritta Deo Optimo Maximo ab Vtraqve lve praesidivm che tradotta dice “ A Dio ottimo massimo in “presidio” da entrambe le pesti”, dove per entrambe le pesti si intende quella del corpo e quella dell'anima.

 

Verso la fine degli anni 90, la chiesa di San Rocco, per volere del prevosto don Tullio Viviani, era stata al centro di un notevole intervento di recupero, a tal proposito ho trovato una dettagliata relazione sullo stato di fatto del tempio prima dell'inizio dei lavori che qui vi riporto:

“La struttura ad un primo esame qualitativo, dal punto di vista statico non presenta particolari problemi.

Si rilevano tuttavia alcune crepe nella parte alta della muratura perimetrale del vano centrale sopra i contrafforti probabilmente dovute alle spinte del cupolone centrale. Altre sono in corrispondenza dell'attacco fra il campanile e la chiesa.

Si notano sostituzioni di buona parte degli originari intonaci sia interni che esterni con altri in malte cementizie.

Ciò rende l'opera alquanto disordinata nell'aspetto e non curata.

Notevoli sono i problemi di umidità ovunque presenti, problemi accentuati dalla presenza di malte cementizie che contribuiscono non poco ad aumentare il fenomeno.

I tetti sono in cattivo stato di conservazione. L'orditura in legno presenta segni di degrado per infiltrazioni d'acqua, mentre la copertura in piode in diversi punti non garantisce più la funzione preposta. Soprattutto le lattonerie in semplice lamiera sono completamente rovinate, in parte marcite creando notevoli problemi di infiltrazioni d'acqua nelle murature. I serramenti non sono certo in una situazione migliore.

Ad oggi sono stati eseguiti alcuni saggi e sondaggi stratigrafici sulle pitture ed intonaci in modo da poter verificare la loro sovrapposizione nel tempo, la presenza di eventuali decorazioni o intonaci pregiati. Da essi, all'interno della chiesa non sono emerse note rilevanti, se non una diversa cromia da quella più attuale, più chiara, tendente a sfumature azzurrine. Non sono state trovate superfici decorate.

All'esterno non ci sono elementi significativi, se non una pittura a calce su una finitura a calce tipo rasatura nelle parti alte del fronte ovest ed in un angolo sud ovest. Per le rimanenti superfici esterne tutto è stato rifatto nei decenni passati con l'utilizzo di malte a base cementizia non compatibile con l'originario impianto”.

 

E' sin troppo evidente leggendo questa relazione risalente al settembre del 1997, che il tempio necessitava di urgenti e costosi interventi mirati a salvaguardarlo dal degrado strutturale.

Parlando di finanziamenti, come avevo già citato nel caso dell'oratorio di San Filippo Neri, difronte alla chiesa parrocchiale di San Martino, la Legge Valtellina n° 102/90 è stata determinate anche per il recupero del patrimonio monumentale della nostra valle.

Oltre all'oratorio anche la chiesa di San Rocco aveva beneficiato dei finanziamenti della legge in misura di ¾ dei costi previsti.

 

Il tempio della Rasica, infatti figurava al 75° posto della graduatoria stilata dalla Soprintendenza ai Beni Ambientali ed Architettonici. Il finanziamento erogato con i fondi della Legge Valtellina per la chiesa era stato di 525 milioni, il resto delle spese era a carico della Parrocchia in qualità di proprietaria.

 

Ecco dunque un altro pezzo di storia e di arte tiranese che è tornato ai suoi antichi splendori; osservando oggi la chiesa di San Rocco da più angolazioni essa pare dipinta in un incantevole quadro, fatto di storiche vie ed il verde dei coltivi che la circondano.

 

FONTI:

  • Per le prime vicende legate a Gian Giacomo De Medici detto “Il Medeghino” Enciclopedia Treccani.
  • Tirano Il centro storico. Storia arte architettura. Autore Gianluigi Garbellini. Prima edizione febbraio 2009. Stampa Lito Polaris Sondrio.
  • Bollettino parrocchiale “Le campane di San Martino” N° 3 – Terzo trimestre settembre 1997.Fotocomposizione e stampa Tipografia Petruzio srl Tirano.
  • Per la campana del campanile le indicazioni sono state tratte dal sito Campane di Valtellina e Valchiavenna.
  • Le fotografie sono di Ivan Bormolini ad eccezione della fotografia della chiesa prima degli interventi di restauro che è tratta dal bollettino parrocchiale “Le Campane di San Martino” N° 3 – Terzo Trimestre ottobre 1998. Fotocomposizione e stampa Tipografia Petruzio srl Tirano.

GALLERY

LASCIA UN COMMENTO:

DEVI ESSERE REGISTRATO PER POTER COMMENTARE LA NOTIZIA! EFFETTUA IL LOGIN O REGISTRATI.

0 COMMENTI