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L'ora

CULTURA E SPETTACOLO - 18 03 2018 - Don Battista Rinaldi

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Ritorna spesso, nel vangelo della quinta domenica di Quaresima (anno B), il vocabolo: l’ora; esso nel linguaggio comune ha qualche riferimento anche meteorologico, ma nel discorso di Gesù diventa parola cruciale per dire l’apice della sua rivelazione, della manifestazione a tutti della sua vera identità. Verso quest’ora è orientata tutta la vita di Gesù fin dall’inizio.

 

“È giunta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato…”. Siccome anche alcuni Greci, cioè pagani, - quindi anche tutti noi – vogliono “vedere Gesù”, Egli quasi si nasconde e utilizza un’immagine molto famigliare a tutti, presa della natura, per ‘mostrarsi’: un chicco di grano che marcisce produce molto frutto. Come a dire che per ‘incontrare’ Gesù non è necessario vederlo: il cristiano sa che l’esperienza e l’incontro con il Signore avvengono nella fede. Nel chicco di grano caduto a terra che deve morire per dare frutto, Gesù vede la necessità della sua passione e morte; e il portare molto frutto del chicco di grano caduto a terra richiama l’attrazione universale (anche dei pagani) di colui che è innalzato da terra. Anche noi, dunque, possiamo ‘vedere Gesù’, l’invisibile, nell’esperienza visibile di chi dona la vita quotidianamente per l’uomo; e anche noi siamo richiamati ad una sequela che non passa attraverso esperienze intense, ma momentanee: seguire Gesù è faccenda quotidiana, lungo la via dell’amore e della donazione di sé.

 

E se l’ora è il momento della massima rivelazione di Gesù, questa non è disgiunta dalla sua gloria, che nel linguaggio biblico indica il risplendere nel modo più evidente dell’amore generoso, gratuito e senza limiti di Dio.

 

Nella gloria di Gesù noi conosciamo, dunque, la compassione di Dio per l’uomo: Egli è disposto a perdersi pur di non perdere nessuno dei suoi; quando l’uomo si allontana a Dio, Egli lo segue fin dentro gli angoli più oscuri della sua esistenza, quali il dolore, la solitudine, l’umiliazione e la morte. Dio ha posto se stesso, cioè la vita, là dove si muore, proprio come il seme che nel suo morire genera una nuova vita. La vicenda di Gesù ci racconta proprio questo.

 

Allora, di fronte a questa ‘ora’ di svelamento forse la domanda che dobbiamo porci non è tanto quello che dobbiamo fare noi; semplicemente guardiamo e lasciamoci guardare da quel Crocifisso; stupiamoci per una vita che si realizza nello scomparire e nel marcire, perché è proprio il contrario del nostro modo di pensare; impariamo a sentirci piccoli di fronte a un amore così grande. Forse da qui potrà iniziare una vera conversione.

 

 

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