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L'identità degli oratori

CULTURA E SPETTACOLO - 24 10 2018 - Ercole Ricci

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/oratorio tirano

È una vera festa diceva Don Bosco il poter prendere cura delle anime dei suoi giovani. Con il termine Oratorio (dal latino orare, cioè pregare) s’intende un piccolo edificio dedicato al culto religioso cristiano dove i fedeli si recavano a pregare: la parola prende il nome dal luogo in cui, intorno al 1600, si riunivano i fedeli in preghiera.

Oggi il termine sta a indicare una vasta rete di attività svolte dalle parrocchie ed altre istituzioni cristiane a favore dei ragazzi e dei giovani.

Gioco libero, sport, grest, gite e doposcuola: sono queste le attività principali che vengono svolte negli oltre 8000 oratori italiani, sparsi da Nord a Sud

 

Il riconoscimento del ruolo e della funzione degli oratori infatti non va a scapito delle altre realtà, che sul territorio adempiono a funzioni educative e sociali, ma ne evidenzia la diversità e quindi la ricchezza.

L’oratorio è l’istituzione attraverso la quale la comunità parrocchiale realizza il suo compito educativo nei confronti delle giovani generazioni, ponendosi in tal modo, a fianco delle principali agenzie educative, prime fra tutte la famiglia e la scuola, per essere loro d’aiuto nel gravoso compito della “crescita dei figli”. Attraverso l’oratorio la comunità cristiana si scopre responsabile della comunità che cresce e offre ai suoi giovani uno spazio dove fare esperienza di vita fraterna, che insegni a divenire uomini e donne.

 

Non un lusso, non solo svago ma un luogo in cui si svolgono attività, finalizzate alla promozione, all’accompagnamento ed al supporto della crescita equilibrata dei minori, adolescenti e giovani, che vi accedono spontaneamente, anche al fine di prevenire il disagio sociale minorile; Un mondo attraverso il quale la comunità cristiana riserva ai ragazzi attenzioni concrete, capaci di capire i bisogni dei ragazzi, di dare delle risposte alle domande vere della vita; intrecciare attraverso l’isegnamento della dottrina cristiana il Vangelo e la vita.

 

Con la legge n. 206 del 1 agosto 2003 (che si richiama all’articolo 8, terzo comma, della Costituzione). Lo stile dell’oratorio è evidentemente più vasto di un’attenzione laica alla persona, ma non è niente di meno: non distorce o riduce la crescita umana! lo Stato ha riconosciuto la funzione educativa e sociale svolta dalle parrocchie e dagli istituti religiosi mediante l’oratorio. Per la prima volta un ente ecclesiastico, che di suo ha finalità di religione e di culto, organizza e disciplina un’attività che lo stato riconosce nella sua rilevanza sociale ed educativa e annovera tali enti a pieno titolo fra i soggetti abilitati ad agire nel campo degli interventi di carattere sociale, e in particolar modo nella promozione dei diritti e delle opportunità del mondo dell’infanzia, degli adolescenti e dei giovani mediante gli oratori.

 

Una storia che inizia intorno al 1550 quando Filippo Neri, il “papà” degli oratori soprannominato “Pippo il buono”, per il suo carattere allegro e altruista, crea il primo oratorio, iniziando la sua opera sopra il soffitto della Chiesa dove era stato chiamato ad esercitare la sua funzione di sacerdote.

Nel 1500 a Roma non c’erano scuole, ma abbondava la miseria e fiumane di ragazzini abbandonati a se stessi, ladruncoli laceri e sempre affamati, affollavano le strade cercando di borseggiare qualche passante o di sottrarre qualcosa da mangiare dai banchi del mercato. Filippo riuscì a radunarli intorno a sé, diede loro un tetto e una famiglia; chiese l’elemosina nelle strade, busso nei palazzi dei ricchi per farsi dare un aiuto, affinchè avessero da mangiare, e istruendoli.

Si narra che una volta, un ricco signore, infastidito dalle sue richieste, gli diede uno schiaffo. Il santo non si scompose: “Questo è per me – disse sorridendo – e ve ne ringrazio. Ora datemi qualcosa per i miei ragazzi” La sua frase ricorrente era: “State buoni…se potete!”

 

Tra il 1802 e il 1808 santa Maddalena di Canossa definita “imprenditrice” della carità, fondò le prime case per accogliere le ragazze di strada e metterle nelle condizioni di imparare un mestiere, di uscire da un destino di degrado, mettendo a disposizione il suo palazzo di Verona e le case prese in affitto. Fu grande promotrice della carità attraverso l’assistenza, ai bambini, e alle donne dei quartieri poveri del suo tempo in diverse città italiane..

 

Nel 1841 S. Giovanni Bosco, grande apostolo dei giovani, incontra dei giovani nella sacrestia della chiesa di S. Francesco d’Assisi a Torino per il primo di una serie di incontri di preghiera. La sua passione educativa per i giovani lo portò ad avvicinare sempre più i ragazzi, tra i quali Domenico Savio, il Santo bambino morto a soli 14 anni (il più giovane Santo non martire), la cui esistenza fu piena d’amore e carità verso il prossimo che, nel 1856 poco prima di morire fondò la Compagnia dell’Immacolata.

 

L’Oratorio è l’intuizione principale di don Bosco..Ho promesso a Dio che fin l’ultimo mio respiro sarebbe stato per i miei poveri giovani”. diceva. Da qui prende l’avvio ogni sua opera. E’ la casa dei giovani, il loro punto di ritrovo, ma non per “passare il tempo”, ma per partire, per operare scelte di vita, per valutare ed accedere alle varie offerte educative: iniziative culturali, sociali, ricreative, la scuola, il catechismo, la scelta di diventare animatore o entrare nella grande famiglia Salesiana. L’Oratorio è sicuramente una scuola di vita.

 

Gli obiettivi dell’oratorio di oggi sono gli stessi di quelli di ieri: la trasmissione del Vangelo, il sostegno alle famiglie nell’educazione cristiana dei fanciulli e ragazzi, l’accompagnamento di questi nel tempo. Ma alla luce dei tempi e dei cambiamenti, che sta vivendo la società italiana: la presenza di molti ragazzi, figli di famiglie immigrate, che provengono da altre culture, da altre confessioni cristiane e da altre religioni; la cultura della rete; i bisogni sono altri, e quindi anche gli strumenti vanno rinnovati, per fare in modo che i giovani scoprano i loro valori e le potenzialità, per poter investire nel loro futuro.

 

Ercole Ricci

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