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IV Parte - L'ira del Signor Battista, l'intervento del bottaio Luigi ed un buon amico a palazzo

CULTURA E SPETTACOLO - 14 02 2018 - ivan bormolini

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/Il castello del Dosso, Tirano
Il castello del Dosso

La mattina seguente al misfatto del losco e del viscido, i cantinieri una volta giunti sul posto di lavoro avevano scoperto l'ingentissimo e gravissimo danno, o almeno una parte di questo.

Avvisato prontamente il signor padrone, che dormiva sonni tranquilli accanto a quello spietato amore.

Resosi conto del tutto Battista aveva iniziato ad inveire contro i cantinieri:

Razza di incompetenti, vi avevo detto che bisognava lavare bene le botti prima di mettervi il vino nuovo. Avete lavorato con con assoluta negligenza e così qualche tarlo del legno avrà fatto

il resto, chiamate immediatamente il bottaio e fatele riparare, presto ci sarà una nuova produzione e le botti devono essere perfette.”

 

Il primo bottaio giunto alle cantine, non era riuscito a sistemare il danno, Un dipendente del signor Battista aveva suggerito di chiamare il buon Luigi definito ormai nel borgo il mastro bottaio.

Nel sentir pronunciare quel nome Battista era andato su tutte le furie esclamando:

Mai più quel rozzo contadino metterà piede nel mio palazzo e nelle mie cantine!”

Ma alla fine vedendo che altri bottai, giunti anche da fuori, non sapevano riparare l'ingente danno anche la boria di Battista si era piegata davanti ai fatti, Luigi poteva essere l'unico a poterlo salvare e così aveva ordinato di farlo chiamare.

Dal canto suo Luigi, che comunque era un dipendente, non aveva potuto fare a meno che accettare e fare il suo dovere.

 

Giunto nelle cantine con gli arnesi del mestiere si era trovato al cospetto di Battista, il quale non era certo felice di vederlo e con un certo disprezzo aveva detto all'artigiano di sistemargli le botti e capire l'origine del danno.

Analizzata la situazione il buon Luigi si era rivolto con allarmanti parole a Battista:

Vede signor Battista, mi meraviglio di lei e della sua esperienza, così come dall'abilità dei suoi cantinieri, qui le cose sono due da analizzare: nessun tarlo del legno può fare un simile danno e soprattutto nello stesso tempo su botti diverse. Queste botti sono state realizzate con pregiato legname, trattato con esperienza e sapienza dal costruttore.

Signor Battista non ha notato, nessuno ha notato che questi sono colpi d'ascia?

Comunque, la tranquillizzo, sono in grado di riparare i danni, ci vorrà del tempo malo farò, assicurandole una buona riuscita del mio intervento.”

 

Nell'udire quelle parole il padrone era iniziato ad impallidire e mestamente, una volta tanto aveva ringraziato Luigi pregandolo di fare del suo meglio.

Nella sua mente avevano iniziato a farsi strada mille pensieri, mille presupposizioni, ma nessun colpevole, si chiedeva chi poteva volergli così male per compiere un gesto simile, tra se e se pensava:

Nessuno dei mie cantinieri sarebbe capace di un boicottaggio simile, è vero li tratto male, li pago poco, ma mi sono fedeli da anni e poi è l'unico lavoro che sanno fare e nel borgo non troverebbero un'altra simile occupazione.”

 

Era evidente che quell'uomo, sempre sopra le righe, sprezzante di tutto e di tutti, tranne che di Giuditta, si sentiva minacciato, per la prima volta aveva avuto paura ma di chi?

A conti fatti, con carta, penna e calamaio, il danno era stato ingente, molti ettolitri di vino erano andati perduti e sicuramente la riparazione delle botti avrebbe avuto costi non indifferenti.

 

Finalmente era giunto all'azienda un'ingente ordine di vino Sforzato da dei clienti della Germania, che da sempre si erano riforniti di questo preziosissimo vino dalle cantine di Battista.

Questa volta, ignaro del resto della malefatta dei due maggiordomi di Giuditta, Battista per risollevare un po' le sorti dei conti, aveva chiesto ai tedeschi il pagamento in anticipo, ovvero prima della consegna.

Questi, conoscendo bene le qualità di quel grande vino, simbolo della produzione valtellinese e sapendo che mai avevano avuto nulla da eccepire con Battista avevano accettato senza batter ciclo a quella richiesta. Ma nel frattempo quella strana spezia aveva rovinato il vino irreparabilmente.

 

Un giorno di buon mattino i cantinieri avevano caricato su tre grossi carri le botticelle di Sforzato, che aveva preso la strada per la Germania con i denari già nelle casse della cantina.

Battista, poteva dunque tirare un sospiro di sollievo, ma il tarlo che non era quello del legno, gli si era annidato in testa, doveva sapere chi aveva fatto quell'ignobile gesto. Nel frattempo Luigi, congedandosi aveva terminato il suo lavoro. Aveva pure cercato di sapere qualcosa sul destino di Giovanni, ma tutto giaceva nell'assoluta riservatezza, e di certo la figlia Anna non era contenta.

Battista, per giungere ad una definitiva verità, aveva assunto un amico comasco, abile già a quei tempi nel risolvere casi piuttosto intricati. Oggi lo chiameremo un investigatore privato.

 

Per non destare sospetto alcuno, lo aveva presentato nella sua dimora come un vecchio amico d'infanzia, che per qualche tempo sarebbe stato suo ospite per godere dell'aria pulita di Tirano.

Antonio Russo, questo era il suo nome e cognome, secondo il racconto di Battista, soffriva di una complessa patologia polmonare e quindi, oltre al riposo ed alle cure, necessitava di respirare aria buona e di montagna.

Tutti tra le cantine ed il palazzo avevano preso per buono il racconto, compresa Giuditta e i suoi due attentatori di botti.

Subito, Antonio che dal fisico non sembrava tradire nessuna malattia ed aveva due mani come badili, si era messo all'opera vagliando la situazione di tutti coloro che potevano avere libero accesso alle cantine.

 

Da una prima analisi, analizzate pure le amicizie di Battista e le frequentazioni esterne della dimora, Antonio aveva escluso tutti. Un caso irrisolvibile? Sembrava proprio di si!

Nel frattempo un'altra sciagura si era abbattuta sull'azienda: in Germania erano giunti i carri carichi di Sforzato e subito ci si era accorti che il vino, pagato anticipatamente e lautamente, era “andato a male”, sapeva persino di aceto.

Davanti agli emissari dei compratori germanici giunti a Tirano per reclamare la restituzione del denaro, Battista si era sentito smarrito, ma aveva tentato di dire che il vino si era rovinato nel trasporto, per cui lui non aveva colpa alcuna.

Ma i tedeschi non volevano saperne, avevano proposto, o meglio intimato a Battista di assaggiare il suo vino Sforzato ancora in giacenza nelle cantine. Il risultato di quella degustazione era stato pessimo e Battista si era trovato costretto, oltre a chiedere delle scuse anche a rimborsare il denaro.

 

Nulla da fare, una tragedia dopo l'altra, le cantine erano ormai vuote, il poco vino rimasto era da buttare e i soldi iniziavano a mancare, una situazione al limite.

Battista, aveva chiesto lumi al suo investigatore, il quale, nel frattempo aveva notato un atteggiamento del tutto particolare da parte di Giuditta e dei due maggiordomi al suo seguito.

Questi infatti continuavano la loro vita, come se nulla fosse successo, sembravano persino insensibili alle preoccupazioni del padrone di casa e dei dipendenti, timorati di perdere il lavoro.

Da questa situazione, Antonio aveva aguzzato le orecchie e messo gli occhi sul terzetto e notte e giorno i tre erano seguiti, spiati in ogni movimento e soprattutto ascoltati da dietro ogni porta.

 

Mentre Battista aveva perso il sonno e pure la fame, l'investigatore aveva avvisato il figlio e la moglie di tornare a Tirano immediatamente. Ormai era certo del piano ordito dai tre. Un giorno mentre questi mangiavano un lauto pranzo, origliando aveva sentito la frase che fugava ogni dubbio ed era stata la perfida Giuditta a pronunciarla:

E bravi i miei maggiordomi, avete fatto il colpo del secolo, adesso quel pancione si trova veramente in difficoltà, è un fallito. Non mi resta altro che proporgli la mia offerta, per pochissimo denaro gli comprerò il palazzo e lui non potrà fare altro che accettare. Già l'estate prossima io ed il mio fidanzato trascorreremo qui l'estate. Voi, dopo che il palazzo sarà mio, rimarrete qui, vi sbarazzerete di botti e quant'altro, abbellirete la dimora secondo il mio gusto, vi manderò un architetto da Berna, il quale con adeguate maestranze eseguirà i lavori. Voi due dovete solo collaborare con lui, eseguire i suoi ordini e controllare che tutto proceda secondo i mie dettami! Io vi invierò il denaro per il vostro lavoro, potrete stare tranquilli che sarete ben mantenuti!”

E giù una sonora rista!

 

Mentre Battista cercava in qualche modo di risollevare le sorti della sua azienda, l'amico Antonio lo informava della scoperta, certo che la discussione dei tre era la piena confessione, ma per farli arrestare e severamente punire, magari come si usava a quei tempi sulla pubblica piazza del Pretorio, occorreva l'assoluta certezza delle prove e la collaborazione della giustizia.

Detto e fatto, amareggiato e deluso, Battista aveva fatto finta di nulla con i tre, non credeva che quella donna fosse così priva di scrupoli al punto da fingersi fedele amante e tragedia dopo tragedia, l'ormai mite uomo, aveva dato incarico ad Antonio di procedere al fine di reperire le prove.

Quest'ultimo dal canto suo, non poteva fare altro che perquisire la camera del losco e del viscido, era sicuro che avrebbe trovato qualcosa.

 

Allontanati i tre, con una scusa dal palazzo per qualche ora, Antonio si era messo a frugare, era andato a colpo sicuro. Nella camera, dietro al mobile dei vestiti aveva trovato la tagliente ascia con i quali i due malfattori avevano rovinato le botti, ed in un cassetto ben nascosta aveva rinvenuto pure la spezia che aveva compromesso lo Sforzato. Il quadro era chiaro, sin troppo chiaro e subito Battista era stato messo al corrente. Povero uomo, non poteva credere a ciò che l'amico gli stava raccontando ma soprattutto non poteva credere a ciò che sarebbe successo il giorno dopo. La resa dei conti.

 

I due, sicuri della loro ragione e con le prove in mano, si erano recati dal Pretore. Quest'ultimo, già in parte al corrente dei fatti per bocca dicerie popolari e amico di Battista. non aveva tergiversato oltre.

L'indomani mattina, quattro guardie sarebbero giunte nella residenza e formulata l'ispezione avrebbero arrestato i tre.

 

[FINE QUARTA PARTE]

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