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Io sono re!

CULTURA E SPETTACOLO - 25 11 2018 - Don Battista Rinaldi

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Il vangelo di oggi, presentando il confronto tra Gesù e Pilato, aiuta a far uscire dall’ambiguità una festa che risente del clima culturale e politico in cui è stata istituita (1925). Il dialogo tra i due aiuta a comprendere evangelicamente le qualità del Regno che Gesù è venuto a portare.

 

Nel confronto serrato si prelude alla consegna di Gesù alla crocifissione dove proprio la croce sarà il luogo della manifestazione più vera della regalità di Gesù. Egli è un re da burla, per i soldati che lo dileggiano, ma dal suo ‘trono’, la croce, Gesù offre la sua vita per tutti.

 

Cristo rivela la sua regalità sulla croce e il credente lascia dispiegare questa regalità nella sua vita attraverso il pentimento e nella testimonianza di fede fino alla pienezza di una vita donata.

 

La valenza pubblica della testimonianza cristiana non passa attraverso una pretesa di riconoscimento e di occupazione di spazi, ma attraverso uno stile di vita che rimanda al mistero divino, cioè una vita di fraternità e di comunione (Dio è amore e comunione) e che accoglie Gesù Cristo come il ‘centro’ della propria vita e della vita dell’universo.

 

L’accoglienza di questa regalità diventa ascolto della sua voce e accoglienza della parola di Gesù che consentono al credente di far regnare su di se e sulle proprie scelte il Signore. Non la seduzione né la manipolazione della libertà dell’altro sono i mezzi con cui il Signore regna sui credenti, ma con la sua parola da ascoltare, che fa appello, sempre, alla libertà e alla responsabilità dell’uomo.

 

Di fronte a Pilato Gesù appare quasi reticente, perché la sua regalità non può essere intesa come potere di ordine mondano, un potere dalle parole facili e insolenti (come spesso ci capita purtroppo di sentire!): ‘ il mio potere non è di questo mondo!’. Cioè non ricorre ai mezzi e ai servigi di questo mondo: forza e potere, violenza (anche verbale) e ricatti o armi. Purtroppo questo tratto non-violento della regalità di Cristo, da Pietro in poi, non è sempre stato compreso nella storia. E continua a riproporsi in forme diverse, anche oggi.

 

Don Battista Rinaldi

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