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Il Villaggio Morelli verso la fine dei lavori e la 2^ Guerra Mondiale

CULTURA E SPETTACOLO - 15 01 2020 - Ivan Bormolini

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/Villaggio sanatoriale Morelli
Il cantiere

(Terza parte di I. Bormolini) La settimana scorsa ci siamo lasciati con alcune vicende inerenti agli aspetti costruttivi del Villaggio Sanatoriale Morelli. Nel 1939, il Villaggio era quasi del tutto ultimato e veniva consegnato all' I.N.F.P.S., mancava solamente l'attrezzatura.

Allo scoppio della guerra, rimanevano al Villaggio solo una

trentina di operai, parte di essi erano alle dipendenze delle ditte costruttrici, mentre una decina erano i guardiani.

I giardinieri continuavano il loro lavoro di rifinitura del parco, l'impianto idraulico veniva svuotato completamente ed il riscaldamento fermato. Evidentemente in precedenza erano state fatte delle prove tecniche, al fine di verificare il corretto funzionamento di alcuni impianti in attesa di una futura apertura.

Rimanevano in loco anche due geometri presso l'ufficio tecnico.

 

Viste le ristrettezze alimentari dovute al periodo di guerra, gli operai usavano le aiuole per seminarvi ortaggi e piantine di tabacco, dunque da quegli orti di guerra si ricavava del cibo ed anche l'olio dei motori diesel, dopo vari filtraggi, si rivelava un buon surrogato di condimento.

Nel 1940, completata la costruzione, rimanevano da edificare le case per i dipendenti con famiglia fuori dal cosiddetto recinto sanatoriale.

Le restrittive disposizioni in vigore durante la guerra, non avevano permesso la predisposizione dell'arredamento, quasi tutto completamente in metallo.

La mancanza di combustibili liquidi, inoltre non aveva reso possibile nemmeno un definitivo collaudo di tutti gli impianti.

 

Ma poteva una così grande struttura rimanere inoperosa in tempo di guerra?

Già nel 1941 si iniziava a pensare che forse sarebbe stato meglio utilizzare l'ospedale al fine di far fronte alle grosse necessità sanitarie.

Se ne era decisa l'apertura parziale utilizzando combustibili solidi nazionali e mettendo a disposizione 1200 posti letto.

A questa apertura, erano favorevoli ed interessate le Amministrazioni militari e la Croce Rossa, che avrebbero potuto arredare i padiglioni con materiali che giacevano nei loro magazzini, questi propositi però non avevano trovato alcuna attuazione anche durante il 1942.

 

Anche il servizio tecnico dell'Istituto, si accorgeva che l'inattività ulteriormente prolungata, sarebbe stata causa di danneggiamento degli impianti ed una conseguente e costosa spesa “a vuoto” per la manutenzione.

Nell'estate del 1943, si riusciva ad iniziare i lavori per le modifiche necessarie mirate alla parziale messa in funzione, ma nel settembre dello stesso anno tutto si fermava nuovamente.

A questa situazione di stallo, si aggiungeva il timore che le truppe tedesche occupassero e danneggiassero i fabbricati.

Dai timori alla realtà, il passo era stato breve, al loro arrivo nel 1944, i militari tedeschi si erano appropriati del sanatorio e vi avevano trasferito i loro malati (non di Tbc).

 

I tedeschi avevano occupato il padiglione chirurgico con 400 malati, aprendo anche il primo ed il secondo padiglione.

Il quinto padiglione invece veniva tenuto pronto per l'arrivo dei militari della Luftwaffe, mai però arrivati vista l'evolversi della guerra.

Questo ospedale militare era diretto da un tenente colonnello medico, coadiuvato da altri medici, da una ventina di infermiere tedesche e altro personale italiano.

Pur avendo scarso aiuto dagli italiani, i tedeschi avevano messo subito in funzione una caldaia della centrale termica, si erano procurati del carbone con relativo frantoio e un fuochista di origini mantovane.

I materassi erano stati requisiti in un albergo di Santa Caterina, altri degenti si erano dovuti accontentare di brande militari.

Per il vitto, si erano aperti tre reparti della grande cucina generale, si erano fatte funzionare le teleferiche del padiglione chirurgico, del primo e del secondo padiglione.

I viveri, preparati nella cucina centrale, dunque venivano inviati ai padiglioni in uso mediante le teleferiche.

 

Sta di fatto che dalla presenza dei tedeschi, sia aveva avuto la prova che il sistema progettato funzionava alla perfezione.

In merito alla grande cucina generale, una volta aperto il sanatorio, questa non veniva messa in funzione vista la complessità del sistema.

Venivano successivamente ampliate ed attrezzate le cucine, che da progetto erano chiamate di preparazione e collocate in ogni padiglione.

Nel marzo del 1945, l'ospedale militare partiva rientrando in Germania, nell'aprile dello stesso anno, il Villaggio era quasi intatto, necessitava riparare i danni subiti a due padiglioni causati da un bombardamento notturno e rimpiazzare un grosso trasformatore distrutto a Milano, dove doveva essere riparato.

Nel settembre del 1945, veniva trasferito al Villaggio il Preventorio di Sondrio, occupando solo alcuni piani del padiglione chirurgico.

 

(Fine terza parte, la quarta domani giovedì)

 

FONTE: UN VILLAGGIO STRAORDINARIO. Autore: Stefano Rossattini. Fotolito e stampa Litostampa srl. Finito di stampare nel dicembre 2002. Foto tratta dalla stessa pubblicazione

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