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Il risorto "da toccare"

CULTURA E SPETTACOLO - 08 04 2018 - Don Battista Rinaldi

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La domanda di fondo è sempre quella. Dove incontrare il risorto? Come riconoscerlo? E se questa domanda era importante all’inizio della chiesa, quando i cristiani potevano far riferimento a coloro che lo avevano incontrato e si erano accompagnati con Lui dopo la risurrezione, possiamo immaginare quale importanza possa vere qualche generazione successiva o ai nostri giorni, quando i testimoni diretti della prima ora non ci sono più.

 

E allora ecco che i testi evangelici di queste domeniche ci vengono incontro per aiutarci nella ricerca, per sostenerci a individuare la risposta.

 

Un primo indizio è la comunità cristiana. Essa è frutto dell’evento pasquale e dunque anche luogo dell’esperienza del Risorto, spazio dove si vive grazie alla fede nel Risorto. Il suo farsi presente ai discepoli la sera del giorno di Pasqua, provoca un cambiamento radicale in loro: un gruppo di uomini impaurito e ripiegato su di sé, che quasi giace in un luogo chiuso simbolicamente assimilabile a un sepolcro, viene fatto risorgere come comunità capace di testimonianza e di annuncio. Passano dalla paura alla gioia e questo dice cosa comporta nella propria vita l’esperienza della risurrezione che si vive di otto giorni in otto giorni nell’incontro della comunità. Gesù alita sui discepoli: gesto di creazione, di passaggio dalla morte alla vita; il dono dello Spirito e il potere di rimettere i peccati rende i discepoli partecipi della vittoria della vita sulla morte.

 

Ma il Risorto non è diverso dal Crocifisso. Anzi la risurrezione ha fissato per sempre la croce quale supremo atto di donazione amorevole, totale, senza limiti, di Dio per noi. Ecco perché Gesù annuncia anche il dono della misericordia e la chiesa testimonia la risurrezione attuando tra gli uomini la remissione dei peccati.

 

Tommaso, è assente alla prima manifestazione di Cristo ma è presente alla seconda. Egli rappresenta tutte le generazioni che non hanno conosciuto i testimoni della risurrezione, ma che sono presenti nelle comunità che si radunano a celebrare la risurrezione da quando la chiesa esiste. Come Tommaso (che non è, dunque, un incredulo testone) esse hanno bisogno di vedere e di toccare nella chiesa che frequentano le stesse piaghe di una vita donata totalmente, per amore e senza riserve, perché queste sono segno inconfondibile e rimandano al Crocifisso Risorto. Sono un altro indizio che evoca il ‘dove’ e il ‘come’ della presenza del Risorto. E Gesù esaudisce la sua richiesta: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco…”. Proprio questa risposta suscita un sentito e sincero atteggiamento di fede nell’apostolo. La comunità è luogo sacramentale della presenza del Risorto e accompagna alla fede nella misura che non è ripiegata su se stessa, ma aperta ad essere per e con gli altri fino a un dono di sé che lascia il segno.

 

E non è ancora tutto. Per l’evangelista – lo ha già affermato domenica scorsa – altro corpo che rimanda alla presenza del Risorto è quello scritturistico. Il libro del Vangelo contiene “Questi segni [che] sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome”.

 

Don Battista Rinaldi

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