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Il Natale di una volta e il Natale di oggi

CULTURA E SPETTACOLO - 17 12 2018 - Ercole Ricci

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’Madre Teresa di Calcutta diceva:  “E’ Natale ogni volta che sorridi a un fratello e gli tendi la mano. E’ Natale ogni volta che riconosci con umiltà i tuoi limiti e la tua debolezza. E’ Natale ogni volta che permetti al Signore di rinascere per donarlo agli altri”.

 

Sono nato negli anni cinquanta. Non molto tempo fa, tutto sommato, ma mi sembra eternità dal punto di vista dell'umanità che abita il pianeta. Riflettendo sul 'Natale oggi', mi sono affiorate alle mente immagini di parecchi Natali fa, quando ero un bimbo. Cosa è cambiato dagli anni Cinquanta ad oggi? Come si viveva il Natale e come si vive oggi?

 

L’atmosfera del Natale incominciava con la preparazione del presepe,s otto l’albero di Natale, compito di mio padre che con carta e cartone creava piccole casette, un laghetto e un fiume (di carta stagnola) e lo popolava di personaggi.

La festa cominciava la sera della Vigilia, quando i numerosi membri della famiglia, formata da tanti (nonni, genitori, fratelli, zii e cugini), si riunivano festosi intorno alla tavola.  A quel tempo non si avevano grandi disponibilità economiche, e ciononostante in quella sera i visi di tutti i familiari segnati dalla fatica e dalle privazioni, si distendevano in gioiosi sorrisi e allegria. In questa occasione si mangiavano verdure lessate, come cavolfiori e finocchi, poi pastellate e fritte, e per secondo l'immancabile baccalà, l’anguilla fritta o al sugo  preparati con cura dalla mamma. Non potevano mancare alla nostra tavola i dolci di Natale, fatti dalla nonna.

 

Finita la cena la casa si riempiva di persone che abitavano nelle vicinanze, così da far diventare la serata festosa, chiassosa e gioiosa. Mentre si aspettava l'ora per andare alla Messa di mezzanotte, gli uomini in gruppo parlavano e giocavano a carte, le donne si radunavano in cerchio parlando allegramente. Noi bambini ci disponevamo intorno alla stufa ad ascoltare la nonna, che solitamente narrava il viaggio di Maria e Giuseppe e la nascita del Bambin Gesù, il tutto con l'aggiunta di molta fantasia semplice e genuina di quel tempo.

 

Poi arrivava il momento tanto atteso, e allora tutti indossavamo quel che avevamo e frettolosamente ci recavamo verso la Chiesa. Lungo la strada, nel freddo dell'Inverno, spesso con la neve, si udivano cori di saluti e auguri che scaldavano il cuore e tutto il corpo, tanto da non sentire più il freddo pungente di quella notte speciale. Finita la messa si usciva dalla Chiesa, ci si fermava brevemente vicino al grande falò preparato con la legna donata dalle famiglie e poi  si tornava a casa un po' stanchi per l'intensa giornata. Noi bambini della famiglia appendevamo al camino le calze di lana sferruzzate dalla nonna e, con gli occhi chiusi, nel nostro cuore chiedevamo a Gesù un dono diverso da quello del Natale precedente. Poi, il bacio della mamma e tutti a dormire

 

Naturalmente la mattina si andava a messa tutti insieme. Poi, la mamma correva a preparare il pranzo mentre noi ci rechevamo dai nonni,  dalla madrina e dagli zii per gli auguri di Natale. Il clou del pranzo era l’immancabile letterina di Natale, prima del dolce. Ognuno di noi a turno, leggeva  la sua, in piedi su una sedia, con l’applauso finale di rito. Da piccoli eravamo fierissimi di questo momento tutto nostro

Per l’occasione, ed eccezionalmente, noi bambini beneficiavamo anche di una distribuzione di monetine, in modo che ognuno di noi potesse avere il suo tesoretto da spendere. Ricordo che nei giorni prima del Natale mia madre e le mie zie cercavano di tenere da parte degli spiccioli appositamente, in modo da poter dare a ognuno di noi la stessa cifra!

 

Oggi il Natale lo viviamo diversamente, ma non è il Natale ad essere cambiato, bensì è il cuore degli uomini che ha perso un po' l'obiettivo e la strada, non si ha tempo più per nessuno, perché si corre dietro ai regali, alle luci e al divertimento.

Purtroppo il materialismo del mondo in cui viviamo ha trasformato questa festa  in un rito pagano dedicato alla falsa bontà (si dice che a Natale siamo tutti più’ buoni!), all’ipocrisia, all’acquisto insensato e frenetico, e anche i regali che decidiamo di fare alle persone che ci sono vicine, che dovrebbero rappresentare solo una piccola manifestazione di affetto: talvolta diventano un vero incubo.

Quello che dovrebbe essere un momento di autentico ripensamento della propria vita e di come ci rapportiamo con gli altri, diventa uno dei momenti più brutti dell’anno.

 

Quando ci fermiamo  a guardare il presepe, al di là di ogni significato religioso, e vediamo un bambino che nasce povero tra poveri, dovremmo scoprire, non senza costernazione, quello di tanti figli che vengono al mondo nella precarietà, nell’indigenza più stringente; dovremmo rivedere l’affannosa lotta per sopravvivere di intere famiglie la drammatica ricerca di alloggio, di sicurezza e di protezione, che spesso le costringe a spostarsi oltre i confini delle loro terre e a cercare lontano.

 

Magari la gente, non potendo spendere  e spandere, forse potrebbe riscoprire il vero valore del Natale e ritrovarsi più vicino agli altri, a chi ha bisogno, a chi vive accanto e di cui neppure ce ne accorgiamo, a chi vive realtà più tremende come le guerre, le carestie, la fame; ai cosiddetti “invisibili” che vagano per le strade rincorsi da gelide folate di vento con le loro misere cose al seguito mentre preparano i loro giacigli fatti di cartoni per la notte, e forse potremmo per una volta non essere carichi di nervosismo  e di insofferenza verso noi stessi e gli altri.

 

Abbiamo bisogno di tradizioni: ne ho bisogno io per sentire vicino il mio passato. Pensare al Natale di una volta mi viene più semplice. Forse il vero senso del Natale.

 

Ercole Ricci

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