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Il culto di San Martino

CULTURA E SPETTACOLO - 05 11 2018 - Mauro Cusini

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/chiesa San Martino Tirano
Foto di Mauro Cusini

Le vicende della storia mi hanno sempre affascinato ed è per questo che, senza pretesa alcuna, mi sono permesso di utilizzare internet per delle modeste ricerche storiche. Approfittando dello spazio che gentilmente ci offre il Direttore, propongo ai lettori alcuni elaborati.

Mauro Cusini


Il culto di San Martino

 

Nel 422 Paolino di Milano scrive, su richiesta di Agostino di Ippona, una Vita di sant’Ambrogio di Milano. Nel prologo della Vita l'autore elenca i modelli su cui si vuole sostenere la sua storia: la Vita di Antonio di Atanasio, la Vita di Paolo eremita di San Girolamo e la Vita di San Martino di Sulpicio.

Questa enumerazione, in una data così precoce, mostra l'immenso successo di Sulpicio. Il suo libro si trova fra i "top 3" degli autori cristiani.

Sulpicio Severo, in latino Sulpitius Severus (360 circa – 420 circa), è stato uno storico e saggista romano cristiano e praticamente è la nostra unica fonte sul personaggio di Martino; Martino non ha scritto nulla di se stesso, né ha lasciato niente scritto.

Sulpicio Severo apparteneva alla aristocrazia senatoria gallo-romana di Bordeaux, era un avvocato e aveva ricevuto un'ottima formazione retorica; fu legato ai migliori studiosi cristiani. Il suo amico Paolino, pure originario da Bordeaux, si era ambientato in Campania, a Nola, dove alla fine divenne vescovo.

 

Dopo aver abbandonato i propri beni, Sulpicio Severo si era ritirato in una villa – di cui aveva mantenuto il possesso – a metà strada tra Carcassonne e Narbonne. Viveva lontano da Tours e quindi non aveva nessun rapporto con la Valle della Loira. Ha invece mantenuto una corrispondenza letteraria, accademica e spirituale con il suo amico Paolino. Ed è proprio Paolino che gli fa conoscere l'esistenza di Martino; Paolino, a Vienna sul Rodano, aveva incontrato Martino ed era stato guarito da una malattia agli occhi. Fu dunque Paolino colui che incoraggiò Sulpicio a fare un viaggio a Tours.

 

Paolino morì nel 431 e il racconto della sua morte fu immediatamente redatto dal prete Uranio; e questi scrive che Paolino, sul letto di morte, ebbe la visione di due Santi: non il martire Felice di Nola, bensì Martino e Gennaro. Questa è la prima menzione di San Gennaro, noto per la sua fama a Napoli. L'associazione con Martino ricorda invece la devozione di Paolino per il vescovo di Tours; ma dimostra pure che Paolino sapeva diffondere questa devozione anche nel contesto della Campania e del Sud Italia.

 

La base del culto di un Santo è normalmente la sua tomba: ma sappiamo poco della tomba di Martino all'inizio del V secolo. Il successore di Martino, Brìzio, ha una cattiva reputazione in Sulpicio; in realtà il vero e proprio impulso del culto presso la tomba di Tours sembra strettamente legato all'azione del vescovo Perpètuo, a partire dal 460 circa. Tuttavia la diffusione della biografia martiniana di Sulpicio fu veloce e il successo fu immenso.

 

All'inizio della Vita Sulpicio scrive che Martino era nato in Pannonia (odierna Ungheria) a Sabaria, ma che era stato educato a Pavia, nell’Italia del Nord. Quando Martino raggiunge Ilario a Poitiers, gli chiede il permesso di lasciarlo tornare a casa per convertire i suoi genitori. Sulpicio Severo riferisce che a Martino "fu ordinato di far visita alla sua terra d'origine e ai suoi genitori”. Come ufficiale romano Martino è probabilmente passato molte volte per Milano. Secondo Sulpicio, anche allora Martino passò per Milano in direzione della Pannonia; dopo Milano incontrò il diavolo a tu per tu e secondo certi commentatori si sarebbe trattato dell'imperatore Costanzo II, un sostenitore dell'arianesimo. Al ritorno, dopo aver combattuto appunto contro l'arianesimo nell’Illirico, cercò di stabilirsi infine a Milano per condurre finalmente la vita monastica a cui aspirava.

 

Ma è un fallimento, a causa dell'ostilità del vescovo di Milano Aussenzio, di tendenza ariana. Va quindi a stabilirsi sull'isola ligure di Gallinaria, dove conduce vita ascetica, mangiando erbe selvatiche e riuscendo perfino a scampare a un avvelenamento; quando poi viene a sapere del ritorno dall’esilio di Ilario, parte verso Roma. Ilario nomina Martino prima diacono e poi prete. Prende forma e si diffonde la fama di Martino come uomo di Dio.

 

Tornato in Francia comincia a vivere la vita monastica a Ligugè, a 8 km da Poitiers. Ben presto diversi seguaci lo raggiungono.

In questo momento comincia a esistere una piccola comunità, primo nucleo del monachesimo occidentale. In questo senso si può dire che Martino è il padre del monachesimo occidentale, prima ancora di san Benedetto.

Compie miracoli impressionanti; resuscitando un catecumeno, un giovane schiavo, appartenente a una famiglia vicina, un bambino. Alla fama di santità si aggiunge anche quella di taumaturgo. In seguito a queste guarigioni il popolo di Tours lo elegge vescovo della città. Martino accetta questo incarico pastorale e compie una scelta di grande valore simbolico: sarà vescovo, ma vivrà come monaco tutto il tempo che le cure della diocesi gli lasceranno.

 

Dal 360 al 370 sono anni di studio intenso della Scrittura, ma anche di preoccupazione per lo stato di abbandono delle popolazioni delle campagne che non conoscono il cristianesimo. Martino inizia in questo periodo uno straordinario lavoro di predicazione e di conversione delle popolazioni rurali. Questo impegno apostolico diventerà il tratto più importante del suo ministero.

 

Uno dei primi popoli barbarici a convertirsi al cattolicesimo fu quello dei Franchi. Stando alla narrazione del vescovo Gregorio di Tours (538-594), autore di un’importante Storia dei Franchi, re Clodoveo attorno al 496 si sarebbe convertito al cristianesimo, su consiglio della moglie e del vescovo di Reims, Remigio, dopo aver sperimentato l’efficacia dell’aiuto di Dio in battaglia. Sarebbe stato, dunque, un elemento utilitaristico a convincere il re franco ad abbandonare, assieme al suo popolo, la propria religione tradizionale e ad abbracciare quella professata nei territori della Gallia che allora stava portando sotto il suo diretto controllo. Come spesso succede per il primo medioevo, noi non sappiamo con esattezza cosa spinse effettivamente Clodoveo a compiere questo passo. In ogni caso egli intraprese una strada che permise una rapida integrazione tra il suo popolo e quello gallo-romano, grazie soprattutto al ruolo di mediazione svolto dall’episcopato.

 

Simbolo significativo dell’integrazione tra Franchi e Gallo-romani è il culto di san Martino. Il suo mantello divenne una reliquia ambitissima, che Carlo Magno custodiva nell’oratorio del palazzo regio, chiamato «cappella» proprio per la presenza della «cappa» di san Martino.

Santo guerriero di origini romane, Martino divenne il santo protettore dei Franchi convertiti al cristianesimo. Egli simboleggiava lo stretto legame che stringeva tra loro i guerrieri franchi alla Chiesa, un legame che divenne particolarmente saldo a partire dalla seconda metà del secolo VIII, quando l’ascesa dei Carolingi fu resa legittima proprio dall’appoggio ottenuto dal clero franco e, soprattutto, dalla Chiesa di Roma.

Con Carlo Magno e la conquista del regno longobardo il culto di San Martino si affranca anche in Italia, dove troviamo più di 900 chiese a Lui dedicate.

 

 

Fonti:

- Michele Aramini, San Martino di Tours, Gorle (Bg), Editrice Velar, 2008

- (1) Bruno Judic, conferenza a Casalecchio di Reno (BO), 2016

- Sulpicio Severo, Vita Martini

(1) docente di Storia del Medioevo presso l'Università di Tours e presidente comitato scientifico del Cammino di San Martino di Tours

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