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Il cantiere del Villaggio Morelli: fatti, curiosità e tecnologie

CULTURA E SPETTACOLO - 09 01 2020 - Ivan Bormolini

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/lavori villaggio morelli

(Seconda parte di I. Bormolini) L'inizio dei lavori si presentava difficoltoso a causa del terreno in grandissima parte roccioso. Le mine brillavano innumerevoli, in tal modo si predisponeva lo stesso terreno per la successiva edificazione dei fabbricati. Gli scavi erano fatti a mano ed il materiale di risulta veniva trasportato con piccoli camioncini Ford ribaltabili.

 

Con la capacità di un solo metro cubo, scaricavano presso la discarica creata dalla ditta Castiglioni in valle del Rendenago, adiacente all'ottavo padiglione.

La stessa azienda appaltatrice, al fine di velocizzare i lavori, aveva provato ad intervenire con un piccolo escavatore. Ben presto il mezzo si era rivelato non idoneo, poco affidabile e poco funzionale.

In questa nostra epoca moderna, dove in edilizia c'è una soluzione meccanica per piccoli e grandi cantieri, ci pare ancor oggi duro e immane quel lavoro di tanti operai e manovali, che con picconi, mazze e badili, avevano reso possibile con tanta forza fisica, quelle prime parti del grande Villaggio Morelli.

 

Un mezzo meccanico utilizzato era il compressore, anzi due e molto grossi.

Questi, tramite un serbatoio cilindrico da cui partivano una serie di tubazioni, rifornivano di aria compressa i martelli pneumatici indispensabili per la perforazione della roccia.

Vi era però anche una novità per quell'epoca tecnologicamente avanzata, erano le Wolf Gru. Piazzate nella parte sud del fabbricato, scorrervano su binari e venivano azionate da un operatore sulla cabina di comando posta ad un'altezza di trenta metri.

Fatiche, per molti lontananza dalle famiglie e come già accennato ieri controlli serrati sui ritmi di lavoro, erano il pane quotidiano per manovali e operai. Ma a quanto ammontava il loro salario mensile?

130-150 lire per un manovaletto di 14 anni, 150-200 lire per un manovale, 200-230 lire per un operaio specializzato e 350-450 lire per un impiegato.

 

Anche Sondalo, dalla presenza di manovali piccoli e grandi, muratori e tecnici di vario livello, aveva tratto dei benefici che avevano portato il paese ad un notevole sviluppo. Nel 1934 aveva aperto i battenti il primo cinema ( Rex ), e veniva inaugurato anche il noto albergo delle Alpi, comprensivo di ristorante, sala da ballo e campo da tennis.

Il progetto di costruzione prevedeva la otto padiglioni “tipo”, tutti uguali, il padiglione chirurgico ed il padiglione servizi ed amministrazione, con altri fabbricati minori.

Questi hanno una struttura in pilastri e travi in cemento armato, solette in laterizio armato, muri perimetrali in mattoni pieni ( 24x12x8) con intercapedine.

 

In un primo momento per il riscaldamento si era pensato ai radiatori, per tanti tutti i padiglioni erano stati già stati realizzati con normali soffitti.

Dopo un accurato studio, nel 1938, per il riscaldamento dei cameroni, si decideva di adottare il sistema a pannelli radianti.

Questi venivano applicati ai soffitti esistenti mediante “gancio ad U” e tiranti. Erano isolati con lamiera stirata e intonaco speciale addizionato con pelo di capra con armatura finale con tela di juta.

Con questo nuovo sistema, in ogni camerone veniva recuperato notevole spazio, si migliorava l'igiene, consentendo una più omogenea distribuzione del riscaldamento.

I pannelli venivano alimentati ad acqua ad una temperatura massima di 55° C, mediante elettropompe centrifughe.

 

Nel 1939, l'energia elettrica veniva acquistata dal Consorzio Idroelettrico Alta Valtellina e veniva consegnata alla cabina principale o di ricezione, con un voltaggio pari a 23000 volt. Dalla cabina centrale, attraverso tre sottostazioni di trasformazione arrivava all'utenza vera e propria, ovvero i padiglioni, con un voltaggio di 280 volt per la forza e 160 volt per l' illuminazione.

Le apparecchiature illuminanti sono in larga parte a globo opalini. L'intonaco esterno dei padiglioni è ancora l'attuale, lavorato con tecnica a spatola, è chiamato Terranova. Per ciò che concerne i muri dei tre piani seminterrati, pure in mattoni pieni, sono ricoperti esternamente con lastre di beola con spessore dagli otto a dieci cm. La beola o bevola è il nome locale, di una roccia metamorfica, diffusa in Val d'Ossola nella località di Bèura.

I pavimenti dei padiglioni sono in piastrelle esagonali in gres rosso, fatta eccezione per la sala da pranzo, quello che costituiva il piano alloggio per infermieri ed infermiere era in linoleum.

 

Bene o male, per esperienze personali o familiari, tanti valtellinesi, tanti italiani e tanti europei, hanno conosciuto la struttura del Morelli, non solo come luogo di cura di grande valenza, sia nel passato che nel presente, ma anche come struttura intesa come un grande progetto dallo stile unico.

Concludo questa seconda parte, con i costi totali: lire 300 milioni circa; di questi 156 erano andati all'impresa Castiglioni, il restante alle altre ditte che avevano preso parte all'edificazione di questa eccellenza storica.

 

(Fine seconda parte, la terza mercoledì 15 gennaio)

 

FONTE: UN VILLAGGIO STRAORDINARIO. Autore: Stefano Rossattini. Stampa: Fotolito e stampa: Litostampa srl. Finito di stampare dicembre 2002.  

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