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I rapporti tra autorità civile e religiosa in merito alle campane di San Martino e la buona volontà economica dei tiranesi

CULTURA E SPETTACOLO - 22 02 2019 - Ivan Bormolini

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/Campanile di San Martino

Poco tempo fa, nel parlare degli storici metodi di convocazione del consiglio comunale, avevo citato le campane delle parrocchiale di San Martino. Il giorno successivo alla pubblicazione del pezzo, un lettore mi ha contattato chiedendomi se fosse possibile sapere quali fossero i rapporti che regolavano il suono delle campane e la loro manutenzione, visto che vi era un uso spesso congiunto, tra autorità civile e religiosa.

 

La storia delle campane di San Martino è antica quanto il borgo, un tempo il loro suono era molto sentito, una voce cara per gli abitanti. Le campane oltre a richiamare alle funzioni religiose avevano anche scopi civili: l'adunanza del consiglio comunale, quelle dei capi famiglia, ed inoltre chiamavano a raccolta in caso di pericolo. L' uso quotidiano delle campane con prolungati scampanii, com'era costume nell'epoca, veniva a creare vari guasti e qui inizio a rispondere alla richiesta del nostro lettore.

 

Nel 1758 la campana maggiore, a causa dell'usura risultava deteriorata al punto da ricorrere alla  rifusione. Per ordine del Podestà, veniva imposta la tassa per il rifondimento del campanone, un balzello di lire undici, che aveva gravato sul bilancio dei tiranesi per ben sei anni sino al 1763. La cura e la manutenzione ordinaria del complesso campanario, dunque non era affidata solo alla Fabbriceria, ma spettava anche alla comunità civile, quest'ultima addirittura in un primo tempo ne era l'unica responsabile.
Per l'intera comunità, si trattava di un problema grave in quanto gli oneri di spesa da sostenere in occasione di manutenzione straordinaria delle campane erano piuttosto frequenti.

 

Nel 1825, esattamente il 29 aprile, la parrocchia inviava al comune una richiesta finaziaria, in quanto, come si leggeva in una nota dei fabbriceri, la campana maggiore minacciava di cadere a momenti. La deputazione comunale, non era potuta intervenire tempestivamente in quanto impossibilitata, dovendo espletare l'iter burocratico previsto dalla norma.
La stessa però invitava la Fabbriceria, con una missiva del 3 maggio, a dar mano immediatamente all'opera, senza attendere l'erogazione della spesa da imputare al comune, la quale però sarebbe stata elargita.

 

Quattro anni dopo nel 1829 si presentava un problema ancor più grave, quando le campane più importanti, prima il campanone e poi il campanoncello, a causa di una nuova fenditura, erano inservibili e necessitavano di una nuova fusione. Anche in questo caso la buona volontà dell'amministrazione comunale, votava in consiglio comunale di intervenire in modo adeguato.
Questa delibera però veniva annullata dall'Imperial Regia Delgazione Provinciale. Pronto era stato il ricorso della Fabbriceria che si rivolgeva all' Eccelso Imperial Regio Governo. Nel documento di supplica, i fabbriceri non avevano mancato di ricordare che le due campane “vennero già date alla Chiesa dal Comune” e che esse servivano “il commodo pubblico”, per battere le ore, “per chiamare a Convegno li Consiglieri Comunali”, per ogni convocazione ordinaria e straordinaria del Consiglio e “per festeggiare i fausti avvenimenti che riguardavano lo stato ed il pubblico e per dare ogni giorno il segnale di chiusura delle bettole” e che a tal proposito il comune stipendiava una persona.
Lunga la burocrazia si potrebbe dire oggi; il ricorso aveva avuto l'esito sperato il 16 dicembre 1831, a due anni dal guasto delle campane. L'Imperial Regia Delegazione Provinciale, comunicava infatti all'Imperial Commissario Distrettuale di Tirano che la delibera contenete la somma stanziata a suo tempo dal comune in favore della Fabbriceria, pari a lire 2507.50 era legittima.
Ma mancavano ancora fondi, per cui il 17 maggio 1831 si era promossa una sottoscrizione fra i fedeli al fine di integrare la somma messa a disposizione dal comune. Il preventivo per coprire le spese del concerto di nuove cinque campane era di 6.800 lire stando ai calcoli di Giovanni Monsini di Bergamo, titolare di una nota fonderia.
Anche questa volta la popolazione rispondeva in modo convincente e la somma raccolta nella sottoscrizione protrattasi sino al 1832, il giorno 10 luglio, ammontava ad importo di lire 3.148,74.
Come giusto ed ovvio, visto la grande spesa da affrontare, non era sato chiesto un solo preventivo, nel 1831 risulta che si era stipulato un contratto più vantaggioso.
Sulla base di un preventivo datato primo marzo stilato da Giorgio Pruneri fonditore, titolare della storica e famosissima fonderia di Grosio nata nel 1822, portava i fabbriceri, il 30 giugno, a stilare l'accordo con il Pruneri.
A firmare l'atto era il notaio provinciale Giovan Antonio Corvi; nello scritto il Pruneri si impeganva a fondere di nuovo, dirigere e costruire cinque campane di metallo di prima qualità.
Non solo, il fonditore si sarebbe impegnato ad occuparsi del trasporto e della messa in opera dei bronzi sulla torre campanaria.  
Nelle festività natalizie di quell'anno la nostra torre aveva un nuovo grande concerto. A tal proposito riporto la scritta latina sulla superficie del campanone “ SUMPTIBUS COMMUNITATIS TIRANI” che tradotta significa a spese della comunità di Tirano a perenne ricordo che questa era la campana della comunità, usata anche per scopi civici.

 

In seguito in parcolare nel 1865 e nel 1866, si erano rese necessarie altre riparazioni al campanone ed ancora una volta il comune concorreva alla metà della spesa. Il 19 marzo 1872, il sagrestano avvertiva con allarmismo che il battente della campana maggiore si era rotto e minacciva di cadere dalla torre.
Anche in questo frangente il comune si assumeva la metà dell'onere. Ci si avviava però in quel tardo Ottocento, a una definitiva soluzione visto che negli anni precedenti non erano mancate diatribe tra la Fabbriceria e lo stesso comune. Dalla fine di quel secolo infatti veniva meno l'usanza di convocazione del consiglio comunale con il rintocco della campana e da qual momento gli interventi del comune si limitavano solo all'orologio.

 

Spero che questo nostro lettore abbia avuto le giuste risposte alla sua bella richiesta e mi scuso per il ritardo con cui l'ho fornita

 

Fonte: La Chiesa di San Martino in Tirano. Autori Gianluigi Garbellini e William Marconi. Stampa Tipografia Bettini Sondrio.

 

Ivan Bormolini

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