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I racconti del Menico: La preghiera del dottor Corvi

CULTURA E SPETTACOLO - 14 01 2021 - Domenico Corvi

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/IL DOTT CORVI, A SINISTRA, CON IL CAV GUIDO MAZZA E IL PROF WILLIAM MARCONI
IL DOTT CORVI A SINISTRA CON IL CAV GUIDO MAZZA E IL PROF WILLIAM MARCONI

(I.B.) Gentili lettori questa è l'ultima puntata della collana dedicata alla memoria del “Sciur dutur”, del Menico, oppure dello “Spianazza”. Come sempre, si tratta di una scritto molto intenso, intriso di riflessioni, una sua testimonianza di quando era tra gli amministratori della nostra Casa di Riposo. Mi sono permesso di dare un titolo a queste sue parole “La preghiera del dottor Corvi”. Buona lettura e consentitemi di dire “Grazie dottor Corvi per il bene che ha profuso per la nostra comunità e per gli intensi pensieri che ha dedicato ai tiranesi e che con grande piacere ho voluto riproporre dopo tanti anni dalla loro originale pubblicazione”.

 

La preghiera del dottor Corvi

( Di Domenico Corvi ) Nell'espletamento del mio lavoro mi capita spesso di entrare nelle Case di Riposo della Valle ed ogni volta resto sorpreso dei continui miglioramenti che vengono apportati sia nelle strutture che alla qualità della vita degli ospiti.

Le camere sono sempre più spaziose, il vitto è di prima qualità, l'assistenza è quanto di meglio si possa desiderare ed inoltre esistono una quantità di infrastrutture finalizzate a rendere sempre più piacevole la vita in comunità.

Non mancano televisori, videoregistratori, musicassette, film, palestre e chi più ne ha ne metta.

Ci sono persino gli animatori, sempre pronti a risollevare il morale di chi cade in depressione.

Inoltre ci sono le vacanze al mare, i soggiorni in montagna, le gite organizzate.

Cosa si potrebbe pretendere di più? Eppure, ogni volta che guardo in volto i vari ospiti, vedo sempre lo stesso sguardo assente, lo stesso stato di tensione ansiosa, lo stesso senso di gelo, come se invece che in un ambiente gioioso, ci si trovasse in un carcere.

Ma cosa vorranno questi anziani? Possibile che non siano mai contenti? Eppure molti di loro, se non la quasi totalità, provengono da ambienti umili; hanno vissuto magari nelle vecchie case contadine dormendo su materassi di crine, in case prive di servizi igienici e tutte le altre comodità moderne.

E allora cosa c'è che non va? Forse dovremmo ristrutturare le vecchie dimore del centro storico, con gli angusti cortili incuneati tra gli usci delle stalle con le concimaie sulle porte delle case e gli animali che razzolano sotto la tavola?

E' vero, lì l'anziano troverebbe il suo spazio magari accovacciato su una fascina di legna con una scodella della magra minestra sulle ginocchia ed il cane ai piedi che attende gli avanzi.

E' vero, forse lì si sentirebbe ancora parte della famiglia, vedrebbe i nipoti scorrazzare tra le pozzanghere; udrebbe i pianti dei bambini e le grida delle donne.

Probabilmente gli basterebbe così poco per sentirsi ancora vivo; ma che vita sarebbe?

Infondo se i figli hanno deciso di sistemarlo al pensionato a costo di sacrifici e spese, l'hanno fatto per il suo bene, l'hanno fatto per dargli una vecchiaia serena.

Ma il vecchio non è mai contento.

Dice: “Possibile che riescono a trovare la cameretta per il cane di razza e l'angolino per il gatto d'angora e non riescono a trovare uno stanzino per l'anziano genitore”.

D'accordo: magari il figlio riuscirebbe a risolvere il problema, ma la nuora poi cosa direbbe?

Non si può mica sfasciare la famiglia per i capricci di un vecchio scorbutico. E se poi sporca il tappeto persiano o urta il tavolino delle ceramiche o protesta per l'eccessivo volume del televisore?

Eh no! Cosa c'è di meglio della Casa di Riposo? Eppure l'anziano non lo capisce e, allorchè è costretto a lasciare la propria abitazione, lo fa come se andasse al martirio e, invece di goderne di tutte le comodità che gli vengono offerte, si chiude in ostile mutismo e si accuccia vicino alle finestre con lo sguardo perso nel vuoto, incapace di godere di quanto gli viene così munificamente offerto. Valli a capire gli anziani!

Ma, a questo punto mi viene il dubbio, e se avessero ragione? Se tutta questa messa in scena fosse soltanto un modo subdolo per farsi perdonare un sopruso. In fondo non è facile dopo una vita passata nello stesso ambiente, aprire un mattino le finestre e trovarsi davanti un paesaggio del tutto diverso; aprire gli occhi e non trovarsi più attorno gli stessi oggetti, non percepire più gli stessi odori, non udire più gli stessi rumori che li hanno accompagnati per l'intera esistenza.

Da giovani ci si adatta a tutto ma da vecchi.....

Non sapendo più che pesci prendere, mi viene spontaneo di rivolgere a Dio una preghiera:

“Signore, ti prego, quando sarà il mio momento, quando non sarò più in grado di provvedere a me stesso e le forze mi verranno meno, risparmiami, se possibile, questa prova. Fa in modo che non debba mettere i miei figli nella dura necessità di scegliere fra il mio egoismo e la loro tranquillità così da mettere in crisi la loro famiglia.

Chiamami a Te prima che le forze mi abbandonino e, se proprio non sarà possibile, prima chi io varchi per l'ultima volta la soglia della mia casa toglimi ogni facoltà di raziocinio in modo che i miei occhi vedano soltanto il vuoto che ho davanti e che rispecchia ancora il vuoto più profondo che c'è nella mia mente. Così sarà più facile guardare oltre i vetri della mia nuova casa, in attesa di tornare a Te. Amen”

 

Dott. Domenico Corvi

 

FONTE: LA CASA DI RIPOSO COMPIE CENT'ANNI. TIRANO 1897-1997. Edizione a cura di Bruno Ciapponi Landi. Stampa: Tipografia Bettini Sondrio. Stampa: Tipografia Bettini Sondrio.

La foto di copertina è tratta dallo stesso volume e fa parte del servizio fotografico di Enrico Bellora.

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