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Ciao = tuo servo

CULTURA E SPETTACOLO - 03 06 2018 - Méngu

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/stretta di mano

Quante volte pronunciamo la parola “ciao” in un giorno ? Tantissime, e la rivolgiamo alle persone conosciute e anche quelle sconosciute se ci sono simpatiche o che ci donano momenti di simpatia. La parolina “ ciao “ si usa nell’incontrarsi e nell’accomiatarsi ed è un saluto che ci esce dalla bocca come un canto, a volte come un cinguettio, raramente a denti stretti. La si può dire accompagnata anche con gesto di una mano che fa pensare ad una foglia di betulla agitata dalla brezza pomeridiana.

 

Quante volte ho desiderato sentirla dire, con un sorriso, anche in chiesa al posto dell’ espressione “la pace sia con te“ , come se fossimo sempre in guerra e proferita con una voce anonima, magari sibilata all’antipatico con una stretta fugace, quasi d’una mano scottata. Si, al suo posto preferirei sentire, unita alla stretta di mano del mio prossimo: “ ciao, sono Piero; sono Luciano; sono Lorenzo”.

 

Quel saluto e quel tuo nome proferito al prossimo tuo e lui di rimando il suo , ci farebbe conoscere poiché ognuno di noi ha un nome ed è bello comunicarlo agli altri. uel Quel “ciao” è nel nostro lessico un sinonimo di pace, di sottomissione poiché l’etimologia del vocabolo “ciao“ deriva da un termine veneto “ s’ciao “ , che proviene dal tardo latino "sclavus" , traducibile in “sono tuo servo “ .

 

Era un saluto reverenziale, dei servi ai loro padroni. Il significato di questo vocabolo è poi mutato con il tempo e se un tempo aveva quindi un significato ben chiaro di dire “ io sono il tuo servo e tu sei il mio padrone “ , possiamo ora riprenderlo nell’occasione della S. Messa con il suo significato originale intendendo “ siamo tutti servi e padroni l’un l’altro”. Dicendo “ ciao “ significa dunque mettersi al servizio l’un l’altro , fare non i propri interessi, ma fare ciò che può dare il bene o la felicità dell’altro. E’ da qui che scaturisce la regola d’oro cristiana e di molte altre religioni che recita “ Tutto quanto volete facciano a voi, anche voi fatelo a loro “ ( Vangelo di Matteo 7,12 ) .

 

A mio parere, il gesto formale di stringersi la mano con l’espressione “ la pace sia con te “ dopo la liturgia eucaristica potrebbe quindi essere sostituito con la bella espressione “ ciao”, con aggiunta del proprio nome. In tal modo il mio prossimo, saprà chi è il suo servo e lui non sarà più un individuo ma un fratello con un nome. Così anche per il sacerdote celebrante la s. Messa, che mai rivela il proprio nome all’ assemblea, ma solo quello del suo Vescovo e quello dei Santi. La chiesa è fatta di uomini che hanno il proprio nome perché il nome individua il soggetto. Il tuo “ ciao “ unito al tuo nome, oltre ad essere segno di conoscenza reciproca , è dunque segno di amicizia.

 

Questo è un mio punto di vista, ma va anche bene l’espressione “ la pace sia con te “, oppure il generico “ pace “ purché il gesto non sia fatto con ipocrisia e non si crei confusione, come in un teatrino di marionette, che finito l’atto, ogni marionetta ritorna al suo posto e, fuori della chiesa, ce ne diciamo di tutti i colori.

 

Méngu

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