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11 settembre 1620 - La battaglia del Campone

CULTURA E SPETTACOLO - 11 09 2020 - Ezio (Méngu)

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/La battaglia del Campone dell’11 settembre 1620
La battaglia del Campone dell’11 settembre 1620

Ricevo con piacere questa e-mail dello storico tiranese professor Gianluigi Garbellini, sempre attento alle “ricorrenze storiche tiranesi“, che mi suggerisce, conoscendo bene il mio vizio di “scriv giù vergùt“, una data storica importante di Tirano: 11 settembre 1620- La battaglia del Campone.

 

Cito : “ Oggi ricorre una data importante per la nostra storia:  la vittoria dei Valtellinesi insieme agli Spagnoli della battaglia del Campone contro i Grigioni e alleati di Berna e di Zurigo (protestanti) fatto che segnò una virata risolutiva per i Valtellinesi tutti. Che sarebbe stato se avessero vinto i protestanti svizzeri e grigioni? La storia non si fa con i "se", però potremmo intuire le conseguenze della loro vittoria. Nessuno ricorda oggi questa pagina di storia, riportata da tutti gli storici nostri e che i Tiranesi in particolare hanno per secoli ricordato con la processione di ringraziamento al Santuario dell'11 settembre di ogni anno fino agli anni Sessanta del secolo scorso (dopo Concilio Ecumenico del 1962) nel clima dell'ecumenismo.Farò un piccolo articolo per il Bollettino del santuario. Scrivi qualcosa anche tu su "Intorno Tirano" per non dimenticare. Ciao. Gianluigi.”

 

Ebbene sì lo farò e con grande piacere, caro Gianluigi ! Per chi vuole leggere, propongo una paginetta che racconta quella battaglia scritta nel mio romanzo storico “ Michele e Martina ai Tempi del Sacro Macello di Valtellina” con prefazione dello stesso professor Gianluigi Garbellini e raccontato in dialetto dall’indimenticabile Cici Bonazzi, scrittore e poeta dialettale.

 

La vittoria dei Valtellinesi insieme agli Spagnoli della battaglia del Campone contro i Grigioni e alleati di Berna e di Zurigo (protestanti)

Giunse la mattina dell’ 11 di settembre.

Quella notte Michele con i suoi uomini raggiunse Cologna e vide che le truppe dei Grigioni si stavano preparando per l’attacco a Tirano.

Mandò un messaggero al Robustelli per informarlo.

Quella notte in Tirano nessuno dormì. Uomini, donne, tutti si erano dati da fare per aiutare le truppe spagnole nei preparativi di guerra. Le armi nascoste dai contadini erano state recuperate e affilate.

Ogni cosa poteva essere buona per contrastare il nemico; la battaglia doveva essere vinta ad ogni costo.

Al mattino le truppe grigioni, forse più di 10.000 uomini, stavano per raggiungere Tirano.

Michele con i suoi uomini e le truppe spagnole iniziò le prime schermaglie sotto Sernio, intanto il grosso delle truppe grigioni proseguiva sino a metà Campone.

Le truppe spagnole al comando del capitano Pimentel e del Robustelli attaccarono le avanguardie oltre la porta Bormina, mentre tutti gli uomini e le donne del Borgo stavano dietro le mura pronti a spegnere gli incendi.

Dal castello di S. Maria e dalle mura della porta Bormina, i cannoni trasportati dal Forte di Fuentes erano pronti al fuoco.

Al mattino alle undici iniziò la battaglia.

Le truppe grigioni erano ormai tutte compattate per la battaglia nella china del Campone, quando si incominciò a sparare con i cannoni dal castello di S. Maria. Da Cologna l’Àigula e i suoi cento spagnoli attaccarono le retrovie nemiche spingendole verso Tirano con i loro carri.

Era una magnifica giornata; in settembre il cielo è cristallino e il sole è cocente forse più che in agosto.

I Grigioni avevano il sole negli occhi e con i loro archibugi e cannoni avevano grande difficoltà nel vedere il nemico, mentre per i cannoni del forte di S. Maria sembrava un tiro al piccione tanto era limpida e cristallina l’aria.

I Grigioni attaccati da valle e da monte ripiegarono verso il monte Masuccio, dove corre l’Adda e dove è il precipizio. Costretti ad indietreggiare, molti caddero nel dirupo e morirono affogati nelle acque dell’Adda, altri combattendo con il sole in faccia dovettero soccombere.

La battaglia durò ben otto ore.

Quel giorno alcune pie donne guardando la chiesa della Beata Vergine, videro la statua in bronzo di San. Michele Arcangelo, situata sulla cupola della chiesa, scintillare e muovere continuamente la spada verso il Campone come a proteggere i nostri e a scacciare ancora una volta e per sempre i Grigioni.

Alcune donne, tra le più ardite, corsero sul campo di battaglia a riferire del fatto miracoloso. Si sparse la notizia e tra i nostri soldati e tra gli Spagnoli aumentò il furore della battaglia, certi d’essere vittoriosi.

E così fu.

Più di duemila uomini grigioni caddero quel giorno; si videro le acque dell’Adda, sotto il ponte della Porta Poschiavina, tingersi di rosso, si videro cadaveri trasportati dall’acqua e depositati lungo gli argini e sull’isola.

Qualcuno vide il parroco Manfredotto che sul ponte, al passaggio dei poveri corpi degli uccisi o annegati, impartiva la sua benedizione.

La sera dell’ 11 settembre i Grigioni batterono in ritirata verso Bormio inseguiti della truppe spagnole.

Anche Tirano contò i propri morti che furono più di cinquanta.

Michele Gèta giunse al Castello la sera tardi con i suoi uomini; uno di loro mancava ed era morto in battaglia. Era lo Schisciagèra della contrada di Piazza Parravicini. Di questo valoroso congiurato del Castello di S. Maria, quella sera Michele raccontò come era caduto sul campo di battaglia al Campone. Le truppe grigioni battute erano comandate dal colonnello Von Mülinen e da un prode e valoroso soldato Nicola da Myler. Erano le quattro del pomeriggio, quando infuriava più violenta la battaglia sul Campone che Michele con i suoi uomini vide giungere da Sernio i due condottieri.

Per timore che la battaglia fosse persa erano scesi personalmente sul campo per dar battaglia e per ricompattare le loro truppe in difficoltà. Michele con i suoi li vide scendere a cavallo accompagnati da più di venti soldati in corona a loro difesa.

Michele e i suoi pensarono che uccidendo i due capi la battaglia si sarebbe volta a loro favore.

Con abile mossa Michele sparò un colpo di archibugio tra il gruppo di cavalieri allo scopo di attrarre attenzione, per essere poi inseguito tra le selve di castagno di Cologna e trarli in un agguato mortale. Tre del Gèta: Schisciagèra, il Sturgìna e il Bòsula si sarebbero poi nascosti tra i castani per ucciderli. Il gruppo, al colpo di archibugio di Michele, si precipitò per catturarlo, ma lui che conosceva bene quei luoghi, in un baleno sparì.

Il Bòsula, nascosto tra gli alberi, sparò un colpo di archibugio che colpì il colonnello Von Mülinen in pieno petto.

In un baleno i soldati grigioni catturarono il Bòsula.

Il valoroso Schisciagèra, che già si era messo al sicuro, si lanciò sul gruppo di soldati con forza inaudita. Uccise tre soldati a colpi di mazza, nel frattempo il Bòsula si liberò e fuggì tra le selve, mentre il Schisciagèra, colpito per ben tre volte da colpi di archibugio, cadde morto.

La sera della vittoria sul castello di S. Maria fu issata la bandiera spagnola e quella della contrada di piazza Parravicini……..

 

Ezio (Méngu)

 

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