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10^ parte - Le calamità del 1987 in Valtellina

CULTURA E SPETTACOLO - 12 05 2017 - Méngu

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/alluvione 1987

Questo scritto, diviso in diverse puntate, è dedicato alle 53 vittime delle calamità che si abbatterono nell’estate dell’87 in Valtellina e ai giovani, perché non dimentichino il “male antico” della valle.

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Parte 1Parte 2Parte 3Parte 4Parte 5Parte 6Parte 7, Parte 8, Parte 9

 

 

L’ira del Drago

“Laudato sì, mi’ Signore,

per sor’acqua,

la quale è molto utile

et humile et preziosa et casta.

Laudato sì’, mi’ Signore,

per sora nostra morte corporale,

da la quale nulla homo vivente

po’ skappare”

Mio Signore,

nei giorni dell’ira

sorella acqua utile, umile,

preziosa e casta

ha teso la mano a

sorella morte corporale.

Preservaci, o Signore,

dall’ira del male antico della valle

 

E ancora vale la pena di raccontare, con soffocante  monotonia, un fatto disastroso che molto assomiglia alla disastrosa frana caduta dal monte Zandila in Valdisotto  dell’ ’87 .

 

Una frana inaspettata formò un lago: quella di Sernio.

Nell’autunno del 1807 piovve molto in Valtellina ma una zona fu maggiormente colpita: quella di Tirano e del monte Masuccio. Questo monte alto m.2820 si erge con i suoi fianchi ripidi a guardiano di Tirano. Fino a 700 metri e più è contornato dai terrazzamenti dei vigneti; magnifico lavoro dei nostri padri che con le gerla hanno portato lassù la terra. Per contenere la terra e coltivare la vite in quei terrazzamenti sono stati costruiti possenti muri in pietrame. Oltre le vigne vi sono belle selve di castano e verdeggianti pascoli. Ancora più in alto v’è la cima rocciosa del monte Masuccio con conche e due graziosi laghetti che alimentano quiete sorgive. Ma quelle quiete acque, scendendo su terreni ripidi , ripieni di sedimenti d’antichi ghiacciai, scavano sotto il suolo la loro segreta strada. Lì le acque stazionano formando pozze nascoste e poi riemergono qua e là a valle nella zona chiamata Fontanile presso l’Adda. In quella zona di fondovalle, l’acqua del fiume Adda  scorre da secoli e continuamente con la sua furia asporta e abbassa pian piano il suo alveo in modo continuo e inesorabile togliendo piede ai depositi morenici del monte. E’ quindi la terra e la roccia che tiene in equilibrio la base di quei terreni scoscesi del monte Masuccio e l’acqua con il suo lento e inesorabile lavoro ne scalza le fondamenta.

 

E’ naturale quindi che la montagna si cerchi un nuovo equilibrio.

In questo caso non c’entra nulla la mano dell’uomo.

La mano dell’uomo può forse contrastare questa opera della natura con lavori di consolidamento, di arginatura, ma spesso è una lotta impari.

 

Avvenne così! Nella zona del Fontanile, le acque sorgive causate dalle forti piogge e il lento scalzare del terreno delle acque dell’Adda alla base del Masuccio  avevano diminuito la coesione tra la parte rocciosa e la parte argillosa della montagna.

D’un colpo l’equilibrio si ruppe e franò parte del monte.

Questo avvenne la mattina dell’ 8 dicembre 1807.

 

A Tirano, a Sernio e a Lovero quella mattina si udì un boato. Quando successe era ancora buio, ma appena si fece chiaro si vide subito il disastro: dal monte Masuccio una enorme frana si era abbattuta da metà montagna. Aveva distrutto vigne, quattro torchi e cinque mulini sull’Adda e fu sepolta anche una casa con l’intera famiglia.

La frana era scesa poco prima della confluenza del torrente Valchiosa e sbarrato completamente il corso del fiume Adda creando una barriera alta 43 metri.

 

Gli abitanti di Sernio e Lovero capirono subito la gravità della situazione; capirono che in breve tempo tanti loro terreni e case sarebbero finiti sott’acqua.

Lì si sarebbe formato un grande lago.

I tiranesi e la gente della valle capirono anch’essi l’enorme pericolo per le loro case. Formandosi il lago, l’acqua avrebbe raggiunto la sommità della frana, l’avrebbe erosa e cedendo di colpo avrebbe distrutto Tirano e i paesi in valle.

Inesorabilmente dopo alcuni giorni Sernio e Lovero ebbero i loro siti allagati.

 

Il lago che si era formato era lungo più di due chilometri e mezzo, largo quasi un chilometro; le acque sommersero i terreni coltivati, le case di Lovero, la chiesa di S. Agostino e raggiunsero l’altezza di m 2,85 dalla soglia d’ingresso della porta principale della chiesa. Per riempirsi e tracimare il lago impiegò undici giorni; il 18 dicembre verso sera l’acqua tracimò dal corpo frana e defluì nel suo vecchio alveo. Il lago andava abbassato, ma per far ciò significava lavorare sulla soglia del corpo frana con grave pericolo poiché la parte del monte Masuccio franata era instabile.

 

Grandissima fu la preoccupazione dei tiranesi per il pericolo del cedimento improvviso dello sbarramento.

Anche allora si pensò subito di abbassare la soglia dello sbarramento ed infatti si lavorò in tal senso; il progetto era di abbassare almeno di cinque o sei metri il ciglio della frana in modo tale che almeno le case di Lovero e parecchi terreni non fossero più invasi dalle acque.

Si lavorò tutto l’inverno ma la situazione migliorò di poco.

 

Cosa si poteva fare se non pregare per la sorte di Tirano, della valle intera? Infatti si pregò, si fecero voti alla Madonna di Tirano  perché la catastrofe non avvenisse o per lo meno fosse mitigata dalla intercessione della Beata Vergine.

Così avvenne !

 

Giunse il mese di maggio. Ai primi caldi le nevi sulle cime dei monti si sciolgono e le acque dell’Adda si ingrossano.

Fu così che lunedì 16 maggio del 1808 le acque dell’Adda iniziarono a erodere e a demolire lo sbarramento causato dalla frana . Le acque erosero in modo violento ma non catastrofico il corpo delle frana e la soglia si abbassò di ben dodici metri. Le acque si ritirarono dalle case di Sernio e Lovero e parecchi terreni furono liberati dall’acqua.

 

Purtroppo l’acqua che in modo violento aveva eroso e abbassato la cresta del lago era precipitata a valle con violenza trasportando una grande quantità di detriti.

Vi furono danni ma non vi fu la catastrofe; la piena durò cinque ore e la portata dell’Adda in Tirano raggiunse i 650 metri cubi al secondo. A rendere disastroso l’impeto dell’acqua di quasi otto volte maggiore della sua forza fu il materiale trasportato. Esso innalzò il corso del fiume nel tratto che correva presso le mura fatte costruire dal Duca Ludovico il Moro  tra il 1494 e il 1498.

 

Fango e acque entrarono nella Tirano vecchia dalle aperture praticate per accedere nell’Adda per lavare i panni e dalle aperture delle cantine adibite a ghiacciaie. Furono distrutte in parte le vigne del fondo valle del Masuccio a lato dell’Adda, poi alcune case presso il ponte della porta Poschiavina e il ponte stesso, infine si allagò la piana di Villa.

 

Furono allagati prati sino a Sondrio e S. Pietro Berbenno.

Non vi furono però morti; la Beata Vergine della Folla anche questa volta vide e provvide.

I danni furono notevoli, ma la buona volontà della gente ebbe subito il sopravvento sull’inondazione e l’anno dopo la campagna si era già ripresa, parecchio fango era stato asportato .

 

Nel 1835, dopo la terribile esperienza , secondo un progetto fatto dall’ing. Donegani, furono costruiti in Tirano i due robusti argini dell’Adda tutt’ora esistenti.

 

Il lago di Sernio però non scomparve; rimase ancora un grande invaso lungo più di millecinquecento metri,  largo mezzo chilometro e profondo 28 metri. Il lavoro dell’uomo e la forza di erosione dell’acqua avrebbero poi pian piano prosciugato definitivamente quel lago, lasciando però una ampia zona paludosa. Tutt’ora esiste ancora l’invaso di Sernio che, regolato con paratoie, fa da serbatoio di accumulo alla centrale idroelettrica di Stazzona.

 

(Continua… )

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