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Quando si portava la morosa in canna

CRONACA - 22 05 2023 - Ezio (Méngu)

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Ho cercato sul calendario tra i nomi  dei Santi, ma non ho trovato “santa Bicicletta” . Una santa deve pur esserci a protezione di questa magnifica invenzione dove l’uomo riesce a stare in equilibrio su due ruote guadagnando spazio e velocità. Un vero miracolo d’ingegno e di sfida alla gravità. Poniamo di possedere un cavallo per spostarci da un punto all’altro. Il cavallo ha la sella, la bicicletta ha la sella, il  cavallo mangia  fieno, la bicicletta no. Allora dove sta la differenza ? No! Non avete indovinato quando dite che il cavallo fa la pupù dopo aver mangiato il fieno e la bicicletta no. La grande differenza sta che mentre il cavallo mette la sua energia per trasportarvi, nella bicicletta mettete la forza delle vostre gambe.

 

Quando possedete una  bicicletta, potete abbandonare , se non vi dispiace, l’idea del cavallo per i vostri spostamenti repentini. Sarete autonomi. Con la bicicletta potete spostarvi dove volete, quando volete, con la velocità che desiderate e  forse anche più veloce di un cavallo purosangue senza l’obbligo di raccogliere per strada, con paletta e sacchetto, la pupù del vostro cavallo. Meraviglia !

Un tempo chi aveva la “morosa” poteva portarla  anche in canna.

Si può anche dedurre che la bicicletta è il mezzo di trasporto più economico e diffuso.  Si va in bicicletta a fare la spesa, al cinema,  alla partita, in ufficio e in gita. La bicicletta è anche godimento sportivo e mezzo itinerante per visitare posti reconditi e mal raggiungibili con i comuni mezzi assai più ingombranti, inquinanti e difficilmente parcheggiabili. La bicicletta ricorda Bartali e Coppi che mentre pedalavano affiancati si parlavano scambiandosi la borraccia, mentre la folla, ai lati della strada, andava in visibilio nel vederli così veloci, così simpatici, così unici.

 

I più virtuosi vanno in bicicletta senza usare le mani e i più esperti fanno anche le curve. I più bulli si impennano  o si siedono sul manubrio. Addirittura i vigili urbani girano in bicicletta con la borsa delle multe in canna.

Ma d’altro voglio parlare. Mi piace ricordare quando portavo in canna la mia ragazza. Arrivavo all’appuntamento con la “ Bianchi “ nera di mio padre. Giunto, tiravo i freni a “ bacchetta “e  dicevo:  “ bèla ràisa sòlta sü’n càna “ . Io, con il piede destro ben appoggiato per terra, con le mani salde sul manubrio e già seduto in sella, aspettavo che lei si aggiustasse la gonna. Poi lei appoggiava il piede tra le due canne accanto ai pedali e con un grazioso movimento appoggiava  il sedere di traverso sulla canna  stringendo forte a due mani il  manubrio. Allungava le gambe accavallandole e si aggiustava la gonna per non mostrare quello che il mio desiderio immaginava. Era fatta !! Via, si andava dove ti portava  il  cuore.

 

Le gambe sfarfallavano  sui pedali, si procedeva a zig- zag per l’emozione del dolce trasporto. La carezza  dei suoi  capelli sul viso mi inebriava . Via, via !  Pedalare,  pedalare ! Pedalare con occhi sognanti tra i campi di sorgo e poi , ad ogni curva, mormorare  parole d’amore. Lei timida con voce da capretta rispondeva: “ no  dai ! no, dai , pòrtum mìga ‘n campurèla “.

Sogni ormai perduti !  Ora non si può più portare la ragazza in canna. Lo vieta il codice della strada.

Ora le ragazze si accomodano sui sedili delle auto, comodi come salotti. Tra i due non c’è la canna, ma una leva del cambio e il posacenere; la radio diffonde una musica che si confonde con il brusio del  motore e non con lo scricchiolio della catena.

 

La velocità non è data dalla tua pedalata, ma quella che ti dà il motore. Tutto dipende da un “ acceleratore “ che  sta sotto i piedi e non dai tuoi muscoli.  

E se le ruote sono quatto, ma possono essere anche due, in ogni caso sono mosse un motore che fa fumo dal tubo di scappamento. Quel fumo è il residuo di una potenza che hai comprato a caro prezzo che se lo respiri lentamente ti uccide.

 

Santa bicicletta, ti prego torna in auge nei nostri paesi, torna  nelle nostre contrade. Sei silenziosa e ti fai spazio con un dolce “ trin- trin “ , chiedendo strada a chi passeggia sui viali e gentilmente  con sorriso ti viene concessa.  Santa bicicletta, ci  fai godere delle cose belle di casa nostra tra una pedalata e l’altra. Ci fai dimenticare la ricerca affannosa di  un parcheggio e del distributore di  un ticket che riporta l’orario di sosta e di un appuntamento  dove il ritardo  è pagato con multa salata.

“Santa bicicletta” ,  resta con  noi. Amen.

 

Ezio (Méngu)

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