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Il diritto all'autodeterminazione dei popoli

ECONOMIA E POLITICA - 23 07 2018 - Alessandro Cantoni

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Tra le schiere dei più ortodossi e intransigenti liberisti d'Italia e del mondo serpeggia un'abissale cecità verso coloro che, sino ad oggi, siamo stati abituati a definire con il loro vero nome: i ceti popolari e quelli produttivi della società.
 

Essi hanno scordato la questione sociale, dimenticando più o meno volontariamente di porre un correttivo ad un capitalismo altrimenti cannibalesco. Il mercato è simile ad un gigantesco ingranaggio, il quale se viene lasciato libero di roteare inarrestabilmente produce conseguenze nefaste a scapito dell'intera popolazione. Non sono certamente coinvolti i licantropi dell'economia, rei di aver esportato il modello della globalizzazione in ogni continente.
 

Ora, non ci si venga a riferire che, in quanto fautori di una nuova destra sociale, avversiamo il capitalismo. Restiamo infatti strenui sostenitori del Capitale e del libero mercato, ma domandiamo a questo sistema di diventare più umano.
 

Attraversando la Penisola appare evidente in quale misura le attività dell'artigianato e del commercio al dettaglio si siano drasticamente ridimensionate. Non soltanto la questione è grave sotto il profilo economico, bensì culturale.
 

Combattere una certa forma invasiva della globalizzazione significa difendere strenuamente il diritto alla parziale autodeterminazione ed alla specificità dei popoli. Le malelingue, sempre pronte ad attaccare in cattiva fede, giudicheranno la nostra proposta confinandola al margine delle politiche protezioniste. Ma ciò, nella realtà, non ha nulla a che spartire con i sistemi chiusi. Non saremo certo noi a voler fermare l'avanzata del metodo liberista; ciò che preme, invece, è allentarlo.


Di fronte all'avanzata di una concorrenza spesso sleale e disonesta, occorre porsi dalla parte di chi viene penalizzato, ovvero le frange meno tutelate, in nome della sovranità nazionale e di una più equa giustizia sociale.

 

Alessandro Cantoni

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