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Vangelo o tradizioni?

CULTURA E SPETTACOLO - 02 09 2018 - Don Battista Rinaldi

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Riprendiamo la lettura del Vangelo  di Marco, dopo la lunga interruzione per confrontarci con il capitolo 6 di Giovanni. E lo riprendiamo proprio là dove ci viene posta una questione cruciale: ‘il comandamento di Dio o la tradizione degli uomini’?

 

Una questione che segnava la vita religiosa dei tempi di Gesù, ma che non è da meno oggi, nelle nostre comunità: certe tradizioni o riti che sono espressione di una identità sociale, che molti vogliono far risalire direttamente a Dio, perché ‘fan tutti così’, oppure il volere di Dio che si esprime in particolare nella sua Parola e nel suo Vangelo?

 

È evidente che il cristiano è chiamato ad un discernimento, molto puntuale e attento, su ciò che è essenziale e ciò che è periferico nell’esperienza della pratica quotidiana. Non si tratta di mettere alla berlina delle pratiche giudaiche o dei riti collettivi tradizionali, ma di passare al vaglio del vangelo le priorità che come cristiani ci assegniamo sia in campo pastorale, che morale o anche sociale e politico. Non possiamo mai dimenticare, per esempio, che nella chiesa è la carità, il criterio di ciò che deve essere conservato o cambiato.

 

Per Gesù il ‘comandamento di Dio’ e il ‘cuore dell’uomo’ sono i due criteri fondamentali per il discernimento, cioè la Parola di Dio e l’umanità dell’uomo. La Parola di Dio ha come scopo quello di formare il cuore dell’uomo ad una maggiore capacità di donazione, inoltre tende a suscitare una risposta che sia di tutto l’uomo, senza divisione tra dire e fare, tra esistenza e culto. Per esempio, quanta moralità ipocrita in chi professa e pratica la fede cristiana ogni giorno e ogni domenica e poi inneggia, senza ripensamenti, a chi rifiuta ogni forma di accoglienza o se la prende con il Papa per i suoi appelli continui al rispetto della dignità umana.

 

L’affermazione di Gesù circa l’origine interiore, nel cuore, di ciò che rende impuro l’uomo è importante perché lega ogni impurità al peccato, cioè all’allontanamento dalla Parola di Dio e al fallimento umano. Soprattutto invita il credente a ricercare in sé l’origine del male e a non autogiustificarsi sempre, accusando gli altri per discolpare se stessi; la colpa è sempre degli altri perché non si vuole il fastidio di un esame di coscienza che costringa a riconoscere il male che abita nel proprio cuore.

 

Una pagina ‘forte’, quella di oggi, perché colpisce nel segno; entra con forza nel dibattito che è in atto nel nostro paese intorno ad alcune scelte politiche. Ed è ancora più precisa perché riesce a smascherare l’apparente ‘coerenza’ di certi bellimbusti: dietro ci sono altre mire ed altri interessi non dichiarati.
Solo là dove Dio è interiore al cuore delle persone e ne orienta la libertà, il comportamento morale smetterà di essere un peso è sarà la gioia di un cammino libero e consapevole, senza secondi fini. 

 

Don Battista Rinaldi

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