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Romanzetto tiranese - Quei drammatici giorni e il suono a lutto

CULTURA E SPETTACOLO - 14 08 2020 - Ivan Bormolini

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/campanile san martino

(Undicesima parte di I. Bormolini) Giunto in ospedale quasi contemporaneamente alla figlia, Giuseppe veniva informato da uno sfinito Ninin che era questione di ore e che nemmeno lui avrebbe lasciato l'ospedale.

 

Il tempo sembrava non passare, l'angoscia saliva ed anche Anna pareva comprendere che ormai non c'era più nulla da fare.

Lo sguardo dei tre indugiava su quella povera donna. Giuseppe le teneva la mano, pensava a quel rintocco della campanella che segnava l'epilogo di quell'unione tra i due.

D' un tratto gli occhi di Adele si spalancavano, il suo sguardo fissava per pochi ma intensi istanti i volti del marito e dei figli, uno ad uno, poi con un timido gesto della mano salutava per sempre.

Il pianto di Giuseppe era incontenibile, quello di Ninin lo stesso, solo Anna pareva un po' più distaccata.

 

Nemmeno le parole di quella vecchia suora, subito accorsa erano servite a ben poco. Ninin, affidato il padre alla sorella organizzava il rito funebre avvisando il prevosto, l'addetto alle pompe funebri e gli amici Alfonso e Lisa.

Nel tardo pomeriggio la salma di Adele veniva ricomposta nella casa di piazza Parravicini, tutti erano in quella saletta e la gente della contrada iniziava a far visita ai familiari della defunta.

Al calar della notte i tre erano seduti attorno alla bara, Giuseppe asseriva di voler restare solo e prendere una boccata d'aria in terrazzo. I figli avevano assecondato quel suo desiderio, erano passati circa dieci minuti, Ninin decideva di vedere cosa stesse facendo il padre ma nell'alzarsi udiva un tonfo sordo.

Immediatamente il suo sguardo si incrociava con quello di Anna, e i due di corsa uscivano in terrazza.

 

La scena che si presentava ai loro occhi era drammatica, il padre non si era recato in terrazza ma sul tetto e da qual punto si era lasciato cadere nel giardinetto di casa.

L'urlo di Ninin era stato tale da svegliare tutta la contrada, subito qualche vicino era accorso, ma ormai non c'era più nulla da fare, Giuseppe aveva preso la sua decisione.

A quel punto i funerali da celebrare erano due, Ninin era schiacciato dal dolore, non proferiva verbo, la sorella pur scossa sembrava più lucida e incapace di lasciar trasparire emozioni.

Per loro desiderio le esequie dovevano essere celebrate nello stesso momento, a prendere in mano la situazione era stato Alfonso, mentre Lisa stava vicino a Antonio e Anna.

 

Ninin si dava la colpa dicendo che non avrebbe dovuto lasciar solo il padre, Lisa cercava di consolarlo ma nulla sembrava tranquillizzarlo, non erano servite nemmeno le parole dell'amico Anselmo.

Nel frattempo, ignaro del secondo lutto giungeva anche il Brembilla, senza autista, dopo una breve visita in quella casa dove non aveva mai messo piede, si era premurato di far sapere della sua permanenza al Grand' Hotel, ovviamente prenotando pranzi e cene per se, per Anna e per Ninin.

Sembrava completamente estraneo ai fatti, non provava sentimento di vicinanza e affetto nemmeno nei confronti di Anna. Aveva persin detto alla fidanzata di sistemare in fretta il tutto, lettura del testamento compresa, non era sua intenzione temporeggiare e fare nuovi viaggi avanti e indietro da Milano.

Anna obbediva, chiedendo al Brembilla di aspettare, dopo i funerali avrebbe parlato col fratello. Quest'ultimo, ovviamente aveva negato gli inviti a pranzi e cene per quei giorni e ringraziando il Brembilla, diceva che proprio non era il caso.

 

Nel frattempo Giovanni Gioacchino, al posto che rimanere accanto alla sua amata, anche durante la recita del Santo Rosario ai defunti, se ne stava bel bello tra il Caffè Lorandi e il Grand' Hotel.

Molti avevano notato quel comportamento e si chiedevano che razza di insensibile fosse quell'uomo.

Gli stessi interrogativi se li ponevano Ninin, Alfonso e Lisa, ma non era certo quello il momento per approfondire oltre.

La mattina dei funerali, davanti ai feretri che procedevano verso la parrocchiale, c'erano molte persone, conoscenti, amici e tutti i residenti di piazza Parravicini e delle vicine contrade.

Anche il prevosto in quello straziante momento, nella sua omelia faticava a trovare le parole per confortare i familiari e amici, solo il Brembilla pareva scocciato, sbuffava continuamente, era palese la sua insofferenza.

 

Mesta era stata la processione verso il campo Santo, il suono a lutto delle campane salutava per l'ultima volta due devoti fedeli.

Conclusa la sepoltura, Brembilla pareva avere una gran fretta, in modo piuttosto sgarbato ammoniva Anna di parlare col fratello al fine di aprire qual testamento il giorno successivo. Quest'ultima aveva tergiversato per un momento ma alla fine aveva ceduto alle pressioni del fidanzato, così ripreso qual suo caratteristico piglio, davanti ad Alfonso e Lisa chiedeva a Ninin di prendere appuntamento dal notaio per il giorno successivo.

Questo frastornato da quel insensibile e frettolosa richiesta le chiedeva se le sembrava quello il momento e la sorella rispondeva di si.

 

A qual punto interveniva Anselmo consegnando le lettere del padre ai due fratelli ed asserendo che se Anna aveva così tanta premura, avrebbe provveduto lui a prendere appuntamento dal notaio per il giorno seguente.

Lasciato il cimitero, Anna si trasferiva in hotel con Giovanni Gioacchino e Ninin con quella lettera in mano tornava a casa, ringraziava chi gli era stato vicino e diceva che voleva restare solo.

Le lettere ai figli erano una copia una dell'altra, Giuseppe si scusava con entrambe per il gesto e diceva che non voleva più vivere il resto dei suoi giorni senza la sua Adele. Vi era una postilla in più in quella indirizzata a Ninin, dove il padre gli chiedeva di non chiudere definitivamente i rapporti con la sorella e se questa ne avesse avuto bisogno di aiutarla.

A sera, i due fratelli venivano informati da Anselmo che l'indomani mattina alle ore nove il notaio li avrebbe ricevuti per leggere il testamento.

 

Puntuali all'appuntamento Anna e Antonio si sedevano al cospetto del notaio che provvedeva a leggere le volontà dei genitori.

I due ascoltavano attentamente, tutto era diviso in parti uguali e siccome a Ninin erano stati lasciati parte lasciati beni immobili e l'attività, secondo le stime e le valutazioni, ad Anna spettava un corrispettivo in denaro che i suoi genitori avevano accantonato al fine di trattare i figli in perfetta uguaglianza.

Udita la parola denaro ad Anna veniva una sorta di frenesia, pregava il notaio di farle firmare ciò che doveva firmare e di consegnarle il libretto al portatore al fine di recarsi immediatamente in banca a prelevare la somma ed estinguere lo stesso libretto.

Il professionista sorpreso per l'atteggiamento di quella ragazza, obbediva, questa come un fulmine accompagnata dal fidanzato, si era recata in banca prelevando quella grossa somma.

 

Conclusa quella che per i due era una piacevole incombenza, era giunto il momento dei saluti, Anna stringeva freddamente la mano a suo fratello e Brembilla nemmeno lo degnava di uno sguardo.

Era talmente tanta la fretta di ripartire verso Milano che i due non erano passati nemmeno dal Grand' Hotel per saldare il dovuto, Giovanni Gioacchino aveva detto alla proprietà di mandargli il conto per posta così da poterlo saldare da Milano. Visto che era sempre stato un buon cliente e aveva pagato la proprietà aveva accettato in piena fiducia.

Ninin sconsolato tornava a casa, ricominciava per lui una nuova vita, a stargli vicino erano i due nobili e l'amico di sempre Anselmo.

 

(Fine undicesima parte, la prossima mercoledì)

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