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CULTURA E SPETTACOLO - 04 11 2020 - (Ezio) Méngu

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/Dolce tramonto
Dolce tramonto (foto di Méngu)

Il lupo perde il pelo ma non il vizio

E’ tradizione che l’ultimo desiderio di un uomo che sta per morire deve essere esaudito; il vecchio Giacomino questo lo sapeva bene e ne approfittò.

L’anziano e arzillo vecchietto diceva scherzando con le giovani assistenti del pensionato: “ Cari lì mé bèli ràisi, brüta ròba vegnì vécc; purtìch sémpru rispèt ai por vècc e cerchìi sémpru de cuntetài parchè per lur ‘l pö ès l’ültìm desideri. ”

Così parlò Giacomino alle giovani assistenti che l’accudivano giorno e notte al pensionato. L’arzillo vecchietto aveva 92 anni e per tutte le assistenti che lo accudivano aveva una battuta scherzosa; sussurrava che aveva avuto cento, mille avventure d’amore e che  gli sarebbe piaciuto averne ancora. Le giovani assistenti lo ascoltavano sorridendo  e  scuotevano la testa.

Il lupo perde il pelo ma non il vizio e le assistenti non potevano immaginare di che cosa fosse ancora capace Giacomino.

Il giorno di S. Valentino le assistenti trovarono Giacomino disteso sul suo letto; era immobile, i suoi occhi sognanti guadavano il vuoto, sembrava volesse imboccare il tunnel di luce santa  che porta in Paradiso.

Chiamarono ‘ l sciur dutùr Dumenàch, medico infallibile ma àa  schersùn , che dopo averlo visitato allargò le braccia e disse alle assistenti che gli facevano da corona intorno  al letto: ‘l tirerà li argàli ‘sta nòcc !!

Il dottore fece l’occhiolino a Giacomino, ma le infermiere non se ne avvidero.

Quella notte tutte le giovani assistenti fecero a gara per tenerlo in vita facendolo parlare. Giacomino fece cenno ad una giovane infermiera di avvicinarsi con l’orecchio alla sua bocca perché desiderava dire qualcosa : ‘l so ültìm desideri !!!

Così bofonchiò il gran vecchio “ Cara la mè ràisa, sòo rée a tirà i archècc.  Ti tal sée che dé vécc sa vègn cùma i raisìn nel vulè li ròbi; avrei il desiderio di una poppata di latte come mi dava mia madre quando ero piccino “.

La giovane assistente fece cenno che aveva capito, poi si consultò con le sue colleghe che dissero all’unisono  : “ Al car Giacumìn ‘spö mìga dìch de nò, e pòo l’è ‘l so ültìm desiderì,  orsù una di noi si sacrifichi e porga il suo seno “.

Si sacrificò la formosa Caterina che estrasse  il suo poderoso seno destro e lo porse con gran carità a Giacomino.

Per mezz’ora il vecchio succhiò a occhi chiusi che era un piacere, poi si addormentò.

L’opera di misericordia era compiuta ! Una dopo l’altra se ne andarono dalla stanza baciandolo in fronte e  piangendo poiché sapevano che non l’avrebbero rivisto vivo al mattino.

E invece ?  Al mattino trovarono Giacomino più allegro che mai.

Giunse il dottore per la visita mattutina accompagnato da Caterina. Disse a Giacomino facendogli l’occhiolino; “ alùra vècc balòs,  l’è mèi bèv ‘l vìn u tacàs àla téta dèla Caterìna ?”   

Giacomino rise divertito e sognò nuove avventure, ma le assistenti si guardarono bene nel porgergli misericordiosamente  ancora “ la tèta “ .

 

(Ezio) Méngu

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