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Lo chiamavano lo "sgagnagrùp"

CULTURA E SPETTACOLO - 02 03 2021 - Ezio (Méngu)

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/Nodo

Nei Vangeli Gesù viene descritto come un “Uomo“ che non ride mai. Io non ci credo perché chi è nella gioia deve per forza sorridere. Siete felici e avete la faccia da funerale? Allora o siete falsi  o siete “schizzati“. Chi è gioioso e felice deve per forza ridere per mostrare la propria gioia agli altri. Essere Cristiani vuol dire essere persone gioiose, anche se la Religione è piena di paradossi.  Questo problema me lo sono posto tante volte nei miei scritti. Ma se la gioia in questi tempi di Coronavirus può sbucare solo dalla lampada di Aladino, forse, con alcuni miei scritti, potrei  almeno togliervi per un attimo i pensieri che portano angoscia. “Rallegratevi!“, disse molte volte Gesù e l’allegria al giorno d’oggi può apparire un miracolo!    

 

Vicende di Gente di Montagna

Lo chiamavano lo “ sgagnagrùp

 

Di nome era Michelino, ma lo chiamavano “ sgagnagrùp “ per via del suo lavoro di falegname. Ma oltre al suo lavoro nutriva un’altra passione. Era un amante dell’arte dei nodi. E di nodi se ne intendeva.  Quando si voleva fare un nodo che si sciogliesse con molta fatica chiamavano lui. Possedeva, in segreto, l’arte di fare  un nodo particolare che pareva una saldatura e nessuno riusciva più a sciogliere. Solo Michelino con le mani e a volte con mille manovre mascellari e dei denti con gengive  sanguinanti lo scioglieva, ma  solo dopo mezz’ora. Quel nodo, anche oggidì è segreto. Michelino lo chiamava “ ‘l grùp del fràa francescàn “  . In verità quel tipo di nodo non l’aveva inventato lui, ma l’aveva appreso da un suo parente frate francescano. Se non vi ricordate, i Francescani sono quei cari frati che vestono  una lunga tunica marrone munita di cappuccio, cinti al fianco da una corda bianca. Quei santi penitenti sono abituati alla sofferenza e portano i sandali anche d’inverno. Quel frate era addetto alla questua e bussava alla porta di molte famiglie. Bussa oggi e bussa domani, quel caro frate  un giorno bussò alla porta di una bella signora giovane e vedova da molto. Quell’uomo santo sapeva il rischio che correva e così prima di entrare nella villa della graziosa donna,  prese la corda che aveva allacciata ai fianchi; la distese tirandola con le braccia aperte, poi si cinse la vita e lì  fece un nodo particolare Poi passò la corda sulla coscia sinistra e anche lì  fece un  nodo ben stretto ; infine fece la stessa cosa sull’altra  gamba. Forse uno spirito l’assistì nel fare quei tre nodi particolari poiché quella signora bella e attraente, dopo aver dato un discreto obolo, invitò il frate a sedersi con lei sul divano. Naturalmente il caro frate aveva inteso per far “quattro chiacchiere di fede”. Il frate era legato sopra la robusta tunica come un salame e in particolare in tutta la parte dove esiste l’attrezzo che soddisfa il nostro naturale istinto di conservazione della specie.  Inutile dire che la gentil signora cercò di sciogliere i tre nodi del frate, mentre il frate penitente guardava il cielo, ma non ci riuscì. I tre nodi particolari del cordone avevano così salvato il buon frate francescano dalla  rottura del voto di castità. Tornato in convento li sciolse con immane fatica  e chiamò quei nodi  “ i nodi del frate francescano “ . Ne fece uno schizzo e lo serrò in un cassetto segreto e prima di morire lo diede al nipote Michelino appassionato  oltre che di nodi legnosi anche  di quelli di corde. E fin qui tutto bene, ma quel falegname che era tiranese, veniva ogni giorno beffeggiato con il soprannome di “ sgagnagrùp “ come se lui dovesse mangiare ogni giorno nodi legnosi. Come era di consuetudine,  a quei tempi e alla domenica , si faceva la camminata in montagna e la via maestra era la “ bruzzéra “ che porta all’alpe Piscina. Per raggiungere quell’alpe si doveva transitare per Ronco e credetemi, quel luogo era il luogo “ delle sirene “ . Chi passava di lì sentiva il canto della brezza che spirava tra gli odorosi tigli e il tintinnio delle bottiglie di gazzosa e dei calici di vino freschi di “cantinin” , portati con sorriso  e cortesia da mia nonna Virginia. In verità era anche un luogo di cultura locale dove si sapeva tutto e di tutti i paesani. Ebbene quel giorno appollaiati sulle panche del grande bancone carico di calici v’era Michelino “ sgagnagrùp “ con Carlo, Stefano e Oreste. Quei tre non facevano altro che prenderlo per i fondelli indicando un potente nodo sul pianale del tavolone di ciliegio. Gli dicevano “ noi ora faremo una abbuffata di polenta e salsicce, tu accontentati di “ sgagnà il grùp del pianal del tàul “. Non disse nulla e pensò a una vendetta. Vide che i tre amici portavano pantaloni di fattura grossolana, tali da poter accendere un fiammifero se strofinati su quei  panni, per di più quei calzoni erano stretti sulle gambe. Disse: “sòci, sta òlta la mangiàda la pàghi mi, però per rispét del me zìu fràa che l’è francescàn e che lè sempre schìsc de pansa, ‘n gà de purtà àa notri quàtru ‘l curdùn francescan in vita. Tirìi fò li vòsi curègi dàli braghi e cintùmas tücc quàtru cun ‘l curdùn. “ Sentendo l’offerta della mangiata i soci tolsero la cintura dei loro pantaloni. Michelino trasse dal suo zaino quattro cordoni francescani e cinse la vita dei suoi amici e anche se stesso avendo cura di far passare ben bene la corda negli anelli dei pantaloni  e serrando bene il cordone con il famoso nodo “l grùp del fràa francescàn”. Nodo che potremmo definire Gordiano per la sua difficile  soluzione se non con il taglio.  Si iniziò la grande abbuffata. Mia nonna galoppava tra cucina, cantina e tavoli per servirli. I quattro dopo tre ore avevano gli occhi languidi e tiravano le parole a strascico. Da ultimo la nonna sparecchiò la tavola, portando in cucina anche i coltelli. Per fare onore alla mangiata mia nonna portò un grosso catino di prugne. Prugne saporite e piccole tolte da un pianta cresciuta da chissà  quando tempo presso una antica “ müràca “. In un attimo in vaso fu vuoto poiché quelle prugne erano una delizia, ma si sa che le prugne lasciano il segno. Passarono ancora due ore di allegria  e di una cosa i nostri ebbero bisogno: quella di fare pipì. E fin  qui il Fato li aiutò nell’impresa, poiché essendo maschi ognuno trasse la propria arma con fierezza e allungò il getto sin dove poteva, ma quando i nostri quattro ebbero bisogno,  dopo poco tempo e forse per effetto delle prugne, di fare anche la “ popò “ uno alla volta si acquattarono nel bosco presso dei noccioli. Michelino fu il primo, andò nel bosco e tornò sereno e leggero come dopo una confessione. Si sa che chi non la fa in compagnia è un ladro o una spia. Anche i tre andarono nel bosco. Dopo qualche minuto si senti un urlo cupo, come fosse un muggito di mucca che sta partorendo, poi un urlo, un urlo ancora e poi silenzio. Mia nonna corse dalla cucina al piazzale allarmata. Vide Michelino “ lo sgagnagrùp “ che rideva come un pazzo ma nessuno dei tre al  tavolo. La nonna gridò cosa è successo? Michelino si sganasciava dal ridere e non rispondeva. Mia nonna di nuovo gli urlò  spazientita “ chè -ghét a dòs !   “ ( cosa hai addosso ! ) . Michelino subito rispose “ no! mi màa sòo mìga cagàa adòs,  iè i òtri tri che i sa cagàa adòs “ . ( no!  io non mei sono cagato addosso, sono gli altri tre che si sono cagati  addosso )  Poco dopo  i tre tornarono con le gambe larghe e a passettini. Loro non erano riusciti  a slacciare il cordone dei pantaloni e non avendo coltelli   se l’erano fatta addosso. Mia nonna misericordiosa andò in cucina e diede loro un coltello bel affilato e i tre  tagliarono il cordone dei pantaloni stretti con il “l grùp del fràa francescàn. “ Tagliato il cordone il loro pantaloni carichi di pupù caddero al suolo flaccidi e secondo la legge di Newton. Misericordia, esposero anche le loro “vergogne “ al vento. Poi la nonna, con misericordia, comandò loro di andare al “funtanin  de la Gànda” per lavarsi il corpo e i panni. Così fu la vendetta di Michelino lo “ ‘sgagnagrùp “ e in Tirano il fatto fu sulla bocca di molti, per molti giorni.  

 

Ezio (Méngu)

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