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Le vicende tra le mura di Tirano e la chiesa di Santa Maria

CULTURA E SPETTACOLO - 11 06 2020 - Ivan Bormolini

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/Chiesa di S. Maria
Chiesa di S. Maria

(Terza parte di I. Bormolini) Nella precedente puntata abbiamo analizzato il percorso della cinta muraria di Tirano. Nella loro costruzione entrano in gioco alcuni aspetti particolari che avevano interessato la chiesa di Santa Maria, che oggi non esiste più ed era ubicata nella contrada omonima.

 

Lo stesso castello ne aveva preso il nome e la chiesa sorgeva originariamente nel sito stesso che era stato prescelto per l'edificazione del baluardo difensivo.

Quindi sorge spontanea la domanda, la chiesa doveva essere demolita?

Prima di indagare su questo aspetto, ne analizziamo brevemente la storia. La costruzione del tempio era antichissima, lo sia apprende da un atto di vendita di alcuni beni nel marzo del 1073. Da lasciti testamentari del Trecento si deduce che presso la chiesa sorgeva una casa per i monaci e successivamente anche per le monache.

 

Nel 1418 si parlava esplicitamente di un “Monastero di Santa Maria”, sono però giunti sino a noi pochissimi elementi in merito che non consentono di dare un'assegnazione dello stesso ad un preciso ordine religioso.

Sicura era anche la presenza in zona dell'Hospitale di Santa Maria; questa era un'istituzione benefica tipicamente medievale che dava aiuti ai poveri di Cristo e ai pellegrini.

La struttura era dotata in origine di una propria casa, la quale era interamente dedita alla carità. Questa si basava su elargizioni di grano, pane, vino e denaro ai meno abbienti del paese; era un sodalizio con proprie regole e l'amministrazione era sotto il controllo del “Magnifico Consiglio della Comunità di Tirano”.

Nel momento della visita pastorale del vescovo di Como Feliciano Ninguarda risalente al 1589 e corrispondente alla fondazione della parrocchia di San Martino in Tirano, troviamo alcuni particolari sulla chiesa di Santa Maria del Castello. Questa agli occhi del Ninguarda appariva ben custodita, ossia ben tenuta.

 

Nel giro di pochi anni esattamente venticinque, in occasione della visita pastorale del successore del Ninguarda, il vescovo Filippo Archinti avvenuta nel 1614, egli così descriveva la chiesa di Santa Maria vicino al Castello:

Questa chiesa ha solo una copertura a capriate e il tetto va riparato. L'altare maggiore è sotto una cappella dipinta. E' senza cancelli. L'altare laterale va assolutamente rimosso assieme alla pilastrata del campanile. Da sistemare il pavimento e da imbiancare le pareti dove non ci sono immagini. Da chiudere assolutamente la porta della parete dell'epistola. Manca l'acquasantiera.

Ha molti beni immobili, di cui bisogna consegnare l'inventario e render conto in modo che si impieghino le rendite”.

Tre anni dopo, nel 1617, le sorti della chiesa mutavano in quanto era stata obbligatoriamente data ai riformati Zwingliani per amministrare il loro culto. Questa “concessione forzata”, era avvenuta su ordine dei Governanti Grigioni e si dice che anche la chiesa del Mariano Spasmo ( il dolore di Maria ) in piazza Parravicini era occupata dai Luterani.

Proprio nelle primissime fasi del Sacro Macello partito da Tirano all'alba del 19 luglio 1620, la chiesa di Santa Maria era stata al centro di un episodio di inaudita violenza o barbaria.

 

Qui veniva ucciso il ministro riformato Antonio Basso, quest'ultimo pur essendosi invanamente nascosto nella sua casa dai Della Pergola, veniva trovato e decapitato; proprio sul pulpito della chiesa di Santa Maria veniva esposto il capo reciso.

Va detto che questo fatto, aveva contribuito al declino della chiesa stessa: nel 1624, dagli atti della visita pastorale del visitatore apostolico Sisto Carcano si annotava che la chiesa era stata “posseduta dagli eretici” e che proprio in quest'occasione era stata “reconciliata” e riconsacrata.

Occorrerà attendere sino la 1629 per vederla definitivamente riconvertita al culto cristiano con l'istituzione di un apposito canonicato.

 

Nonostante questo definitivo passo, la chiesa non aveva più riconquistato il fervore di un tempo sia da parte del clero che dei fedeli. Si avvicinava così verso un lento declino, viene ricordata come luogo di sepoltura durante la peste del 1630 e per lasciti e celebrazioni di messe sin verso la metà del XVII secolo. Nel 1669 era inagibile e da quell'anno iniziava la spoliazione che terminava nel 1695 con la rimozione di tutto ciò che potesse essere utile, comprese le lastre del tetto e le tegole. E' dunque logico pensare che con quest'ultimo atto di abbandono la struttura fosse definitivamente crollata, consentendo l'utilizzo delle pietre per la costruzione di case.

 

Adesso per concludere diamo risposta alla domanda iniziale inerente alla demolizione della chiesa per far posto al castello di Santa Maria.

Il tracciato delle mura, secondo i piani del commissario ducale Ambrogio Ferrari, stridevano con alcune case e con l'antica chiesa.

L'allora beneficiale del tempio, prete Paolo di Vallevi, non si era per nulla perso d'animo e forse ben sapendo che nulla poteva contro la decisione di abbatterla, aveva preso in mano penna, carta e calamaio.

Nella missiva risalente alla primavera del 1492, quindi a progetto già stilato e a lavori in fase di avanzamento, il Vallevi si rivolgeva direttamente al duca di Milano.

 

La lettera assumeva i toni di supplica e veniva richiesto che il sacro edificio e la sua abitazione, destinati alla demolizione, venissero ricostruiti il tutto detraendo le spese dalla somma di 10.000 lire dovuta da Tirano per la costruzione delle mura o fortificazioni.

Nello scritto il sacerdote adduceva che la “giesa de nostra Dona” era di grandissima devozione e che, con l'annesso cimitero, era luogo di sepoltura dei residenti in loco e per tanto si doveva provvedere a riedificarla in modo che “vi si facesse tanta devozione e tanto bene come prima”.

Autorevolmente il duca dava ordine di rispondere al presbitero Paolo di Vallevi, asserendo che non appena terminati i lavori della fortificazione del borgo, la chiesa sarebbe stata ricostruita “in ipsa terra et in loco opportuno et convenienti”, ossia quindi nella stessa contrada di Santa Maria ed in luogo opportuno ed adatto.

 

Lo stesso duca comandava che si consacrasse il luogo in cui si sarebbero gettate le fondamenta del nuovo edificio di culto e si sarebbe edificato il nuovo cimitero.

Se come abbiamo già appurato soprattutto nella prima puntata di queste vicende dedicate alle mura di Tirano, il cantiere procedeva celermente anche la posta non era da meno.

Leggo infatti di uno scritto di Ludovico il Moro indirizzato al capitano della Valtellina datato 4 giugno 1492, in questo abbiamo la conferma dell'avvenuta demolizione della chiesa di Santa Maria, ma ecco come iniziava il duca:

Essendo per la murata de Tirano non solum demolita la chiesa della quale era beneficiale preyte Paulo de Vallevi, ma etiam l' edificio dove l' habitava, ne pare conveniente che altrove se facia construere la chiesa, alla quale possono andare le persone per fare quello se conviene ad cadauno bono cristiano”.

Ordinava poi di provvedere a una casa dove il prete Paolo “potesse fare residentia sua... ”.

 

Poco prima di questa lettera, il duca aveva scritto ad Ambrogio Ferrari, al quale, raccomandava di stimare diligentemente, prima della demolizione, il valore della casa di Donato da Solario. Chi era quest'ultimo residente del borgo e soprattutto perchè il Moro si era a preso a cuore la faccenda?

Tal Donato da Solario, stando a quanto scritto dallo Sforza, era “fidel servitore della casa ducale”, quindi, evidentemente gli doveva dei giusti favori. Questi erano destinati a garantirgli la possibilità di edificarsi una nuova casa, “anche per la gravezza dé molti figlioli ch'el se trovava havere”.

Ma torniamo alla chiesa di Santa Maria: una volta concluse le mura nell'anno 1493 e le successive rifiniture protrattesi sino al 1499, anche la chiesa veniva in realtà nuovamente riedificata, come abbiamo appurato nel descriverne la storia.

Il tempio doveva servire, considerando anche il cimitero, tutta la contrada di Santa Maria e quella poco lontana del Dosso. Per tali motivi, si era scelto di costruirla appena fuori dalla cinta muraria.

 

Nella foto di copertina che ho scansionato e ridotto proprio per mostrare la nuova chiesa di Santa

Maria, questa è posta sotto il castello, pare quasi in uno spazio ben identificato, risulta di semplicissima struttura architettonica, con un'evidente unica navata e con campaniletto in stile romanico. Chissà, forse proprio quest'ultimo, se pensiamo al piccolo campanile della chiesa in contrada San Giacomo, avrà avuto delle somiglianze, magari pensando a bifore e guglia piramidale.

Nell'ultima puntata, non si può infatti tralasciare la vicenda dei Grigioni e le analogie con le nostre mura di Tirano ed un cenno su ciò che è tutt'oggi uno dei simboli di Tirano per eccellenza ovvero il Castellaccio.

 

FONTE: TIRANO. Il centro storico storia arte architettura. Autore: Gianluigi Garbellini. Stampa: Lito Polaris Sondrio. Anche l'immagine di copertina è tratta dalla stessa fonte e scannerizzata dall'originale.

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