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Le decorazioni delle volte in Santuario: il pittore Giovan Pietro Omodeo

CULTURA E SPETTACOLO - 29 09 2022 - Ivan Bormolini

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/il pittore Giovan Pietro Omodeo

(Di I. Bormolini) A partire dal 1595 si introducevano tra le decorazioni a stucco delle volte del nostro Santuario riquadri affrescati, si mostrava così un'apertura verso una tipologia decorativa già da tempo affermata a Milano.

Nei libri contabili del Santuario, compare con frequenza il nome di Giovan Pietro Omodeo, figlio di un Deputato del tempio stesso, a Giovan Pietro sono riferite somme percepite per prestazioni d'opera importanti e continuative.

Giovan Pietro Omodeo, risiedeva nell'attuale via Rasica a Madonna di Tirano, il padre Gian Maria era proprietario del cinquecentesco palazzo, poi divenuto proprietà di G. Battista Marinoni e oggi della famiglia Garbellini.

Nel portale principale del palazzetto, risalante al 1576, spicca infatti lo stemma degli Homodei con le iniziali del proprietario.

Per ciò che riguarda il tema principale di questo articolo, la decorazione delle volte di Giovan Pietro Omodeo, occorre dire che i dati documentari non consentono di attribuire e datare tutti i dipinti, tuttavia negli anni tra il 1595 e il 1609, emerge con chiarezza la presenza del pittore di Madonna di Tirano.

Questo inizialmente aveva affiancato da Giuseppe Bianchi, autore della decorazione del transetto; quindi, Martino Borserio a cui si devono gran parte degli stucchi delle navate.

La decorazione pittorica iniziata nel 1595 era proseguita abbastanza celermente, riferiva infatti il vescovo Archinti nel 1624 che gli interventi seguivano a “ruota” i lavori di stucco.

Già nel settembre del 1595, il pittore Omodeo veniva pagato “per aver depinto quelli quattro quadretti suso la involta et circa alli dottori fatti a stucco”.

L'indicazione si riferisce al braccio sinistro del transetto dove si trovano le statue in stucco di S. Agostino e San Gerolamo, Sant'Ambrogio e San G.Magno, dottori della chiesa, qui infatti compare la data proprio di quell'anno.

Quasi certamente sono attribuibili all'Omodeo gli affreschi del braccio opposto dove si legge la data del 1596.

Nel dicembre del 1598, l'Omodeo, si recava a Milano per comprare i colori da utilizzare per dipingere la “Capella della Madonna” e per tale opera il pittore aveva ricevuto l'ultimo compenso nell'aprile del 1600.

In effetti in quel che rimane di tale intervento sembra di riconoscere la mano del pittore della Rasica; non si può dire che egli avesse realizzato anche i riquadri delle volte della campata che precede la capella, dato che i dipinti da tempo collocati negli scomparti sono opere su rame realizzate nei primi del Seicento.

I ricercatori però affermano che allo stato attuale, in questa campata come in quella successiva, dove compaiono lastre di rame dipinte, le scritte sugli stucchi non trovano corrispondenza nei dipinti settecenteschi.

Il tutto fa pensare che questi erano stati sovrapposti ad affreschi forse più antichi e magari andati sciupati; in conclusione è ragionevole dunque credere che i dipinti del Settecento, erano stati realizzati e collocati su opere già esistenti eseguite forse dallo stesso Omodeo.

Nel 1601 in collaborazione con tal Jaco Pittor (?) l'Omodeo affrescava altre due cappelle del tempio, nel 1604 era impegnato nella volta della prima campata della navata centrale. Qui aveva lavorato in parallelo con i maestri vetrai ai quali era stata affidata la preparazione della vetrata colorata per il grande occhio della facciata. In questo caso è necessario dire che la vetrata del rosone della facciata non è quella che oggi ammiriamo, Quella nuova, raffigurante la scena dell'Apparizione, assieme alle altre vetrate risale al 1904, anno in cui si celebrava il quarto centenario del prodigioso evento.

Generici pagamenti al pittore della Rasica, figuravano tra il 1608 e il 1609, questa è un’indicazione che ci dice che l'Omodeo aveva dipinto “la cappella sopra l'organo” ed altro, riferibile con ogni probabilità alla seconda campata della navata centrale.

La documentazione consente di assegnare all'Omodeo gli affreschi della cappella della Madonna, delle volte della navata centrale e del transetto; si tratta di opere collocate molto in alto e in parte poco illuminate.

Prima della realizzazione delle sue opere in Santuario, dell'Omodeo si conosceva una tela a sua firma “Jos. Petrus Homodeus Tiranensis Pingebat 1596”. La tela era stata dipinta dall'artista per la chiesa domenicana di Sant'Antonio di Morbegno ed è attualmente conservata nella collegiata della città.

Come per lo stuccatore Martino Borserio, il nome dell'Omodeo compariva nei registri del Santuario per citazione del Giussani. Le uniche valutazioni su Giovan Pietro Omodeo sono di Simonetta Coppa e Francesco Frangi: la Coppa ritiene che il pittore abbia tradotto in modo rozzo e provinciale il linguaggio Manieristico penetrato in Valtellina verso la fine del Cinquecento; Frangi parla di esisti sconfortanti nell'ambito di un panorama artistico privo di sussulti degni di nota.

Dunque, l'affermazione che l'Omodeo avesse tradotto in modo rozzo e provinciale il linguaggio Manieristico porta a pensare alle sue abilità.

Il pittore disponeva di una gamma cromatica limitata e ne aveva fatto un utilizzo definito schematico, è necessario tener presente che la caduta delle lumeggiature che sono elementi tecnicamente atti a rendere l'effetto della luce sulle superfici di una pittura, aveva penalizzato il nostro Omodeo.

Oltre a questo, la valutazione del ciclo pittorico tiranese dell'Omodeo, deve tener conto delle alterazioni subite dalla colorazione in particolare dalle tinte più delicate quali l'azzurro e il verde.

Oltre alle valutazioni citate, si scriveva che le decorazioni del pittore tiranese, non sono ad oggi da catalogare come dei capolavori pur trattandosi di una commessione prestigiosa.

È ipotizzabile, proprio per quest'ultima affermazione, lo stesso Omodeo, si era sforzato nel tentativo di perseguire un risultato di maggior qualità, a maggior ragione considerando che era tiranese e suo padre, era Deputato del Santuario. Il ciclo pittorico all'interno del Santuario dimostra un grande impegno nel profilo iconografico, nel suo interno infatti sono conciliati aspetti devozionali e contenuti dottrinali.

 

FONTI: IL SANTUARIO DELLA MADONNA DI TIRANO NELLA VALTELLINA DEL CINQUECENTO. Autori: Francesca Bormetti e Raffaele Casciaro. Stampa: Amilcare Pizzi Spa.- Arti Grafiche Cinisello Balsamo- Milano. Finito di stampare nel mese di dicembre 1996. Dal capitolo “Gli affreschi” pag 187,188. “Il pittore Giovan Pietro Omodeo di Tirano” pag 190, 191.

L'immagine di copertina è di I. Bormolini.

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