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La storia della Fonderia Giorgio Pruneri di Grosio

CULTURA E SPETTACOLO - 01 08 2019 - Ivan Bormolini

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/campana santuario Tirano, firma Pruneri
@campanedivaltellina.it

In questi anni, nelle mie rubriche storiche ed artistiche, ho parlato delle campane della parrocchiale di San Martino e di quelle della Basilica, citando la Fonderia Giorgio Pruneri di Grosio.

E' giunto il momento di ripercorrere le tappe che hanno reso famosa questa azienda, non solo in Italia ma nel mondo.

 

I Pruneri non hanno origini valtellinesi, provengono infatti dall'Alto Adige.

Verso la metà del Seicento Filippo “Pruner” di Lana in Val Venosta, si trasferiva a Bormio. Nella Magnifica terra aveva dato i natali a quattro figli: Giovanni, Simone, Cristoforo e Giovanni Abbondio.

Si sa che dei quattro i primi due avevano deciso di rimanere a Bormio e che la loro discendenza era continuata sino agli inizi dell' Ottocento.

Nel 1696, Cristoforo e Giovanni Abbondio si erano trasferiti a Grosio. Da Giovanni Abbondio era nato Giacomo. Il pronipote di quest'ultimo, Stefano, aveva avuto da Orsola Caspani nove figli tra cui Giorgio nato nel 1800.

 

Nel 1818, i fabbricieri di Grosio affidavano a Gaetano Soletti la rifusione delle quattro campane della chiesa di San Giuseppe.

Il forno fusorio veniva allestito in uno spazio vicino alla chiesa. Il padre di Giorgio era allora amministratore del Comune di Grosio, allo stesso per svolgere l'opera, il Soletti chiedeva un aiutante.

Stefano inviava così il figlio Giorgio e qui inizia la vera storia che darà il via alla fondazione della grande fonderia di Grosio.

Quel lavoro di rifusione delle quattro campane, dovuto alla loro non perfetta intonazione, doveva aver interessato ed appassionato molto Giorgio, tanto che da quel forno fusorio lo stesso iniziava il suo apprendistato sotto la guida di Gaetano Soletti.

 

Ricordo che l'opera di Soletti è ben nota nelle campane del Santuario con interventi nel 1792,1794 e 1818.

Questo periodo era stato molto breve, nel 1822 infatti alla morte di Gaetano, Giorgio Pruneri si associava con Placido, erede della ditta Soletti.

Con questo aveva operato sino allo scioglimento della società, avvenuta nel 1834.

Questa sicuramente era stata un'esperienza molto positiva per Pruneri, che oltre a trovare un supporto notevole nella buona reputazione dei Soletti, aveva avuto modo di conoscere ed ampliare la conoscenza dei committenti e perfezionare la tecnica fusoria.

I due soci però operavano autonomamente ed avevano in comune l'utilizzo di alcuni forni posti in centri di grande interesse : Brescia, Ponte di Legno, Pellizzano, Tirano e Grosio.

 

Le prime fusioni del Pruneri erano avvenute soprattutto in Valcamonica, estendendosi poi nella nostra valle e in Val di Sole.

A partire dal 1830, l'attiva vedeva un allargamento di orizzonti che si estendeva dal Tirolo, nelle provincie di Bergamo, Brescia, Como e Trento.

La successiva costruzione della fonderia con sede stabile a Grosio, causava alcuni problemi per il trasporto delle campane, ma nello stesso tempo evitava inconvenienti ben maggiori consentendo la cura nei minimi dettagli per la buona riuscita delle stesse.

Dopo essersi diviso dai Soletti, Giorgio Pruneri coinvolgeva nell'attività i fratelli ed i nipoti.

 

Nel periodo che andava dal 1822 al 1861 venivano fuse ben 1236 campane per un totale di 5960 quintali di bronzo lavorato.

Stiamo parlando di un quarantennio di intensa attività in cui giungevano numerose commesse per la realizzazione di nuovi concerti campanari soprattutto da parte delle parrocchie della Valcamonica.

La fonte che sto consultando per questa mia ricerca, cita moltissimi interventi della fonderia di Grosio che vanno ben oltre la metà dell'Ottocento.

Giorgio Pruneri moriva nel 1880 e dal suo matrimonio con Maria Pini, non aveva avuto figli. La continuità della fonderia era dunque passata ai fratelli ed ai nipoti che sin dal loro primo coinvolgimento avevano contribuito all'andamento positivo della fabbrica.

Il 29 marzo 1881, gli eredi fondavano una nuova società in nome collettivo, usando sempre la regione sociale “ Giorgio Pruneri”. L' amministrazione veniva affidata a Pruneri Stefano fu Giacomo Antonio.

 

Va detto che l'eredità del fondatore era passata sicuramente in buone mani in quanto, la serietà che contraddistingueva la fonderia e la qualità del prodotto non erano mai venute meno.

Il nome della ditta era conosciuto ovunque e le commesse giungevano da più parti della Lombardia e dal vicino Trentino.

Non solo, l'arte fusoria dei Pruneri, rispettosa della grandi abilità del fondatore, si era espansa anche all'estero con campane esportate in Svizzera, Austria sino ad arrivare alla lontana Cina, in India, in Paraguay, Siam, Brasile, Filippine e Perù.

 

Tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento la fonderia continuava a ricevere ordini e realizzare così storici concerti campanari.

Il successo non mancava e avrebbe portato la fabbrica ad un ulteriore incremento se non fosse stato per la prima guerra mondiale che aveva causato l'interruzione dell'attività.

Le fonderie di tutta Italia infatti venivano convertite per la produzione di cannoni, ma davanti a tale scenario bellico i Pruneri avevano preferito chiudere ed attendere tempi migliori.

Al termine della guerra, la fonderia non aveva ripreso subito l'attività, i forni venivano riaccesi eccezionalmente solo nel 1926 per la fusione del monumento dei Caduti di Grosio.

Passavano altri cinque anni prima della solenne nuova inaugurazione avvenuta alla presenza del vescovo di Como Alessandro Macchi.

Le avvisaglie di un nuovo conflitto mondiale inducevano ad esitare e solo nel 1949 la fabbrica riapriva.

 

La guida della nota fonderia era passata nelle mani dell'ingegner Paolo Giorgio Pruneri. Questi rispondeva prontamente all'invito della Pontificia Commissione dell'Arte Sacra nel contribuire alla rifusione delle campane distrutte durante la seconda guerra mondiale.

Qui, in questo frangente, si andava delineando una produzione che si basava su criteri di tipo industriale, che abbondavano i tempi e le lente procedure che avevano caratterizzato l'artigianalità e l'arte di questa azienda locale.

Questo aveva fatto si che ne risentisse la qualità dei prodotti che richiedevano spesso interventi di smerigliatura e di rifinitura evidentemente ben lontani dalla sapienza dell'abile mano artigiana.

I bronzi di questo periodo avevano raggiunto al massimo le parrocchie del Milanese e della Pianura Padana.

Il triste quanto sconvolgente fenomeno della requisizione dei concerti campanari per farne bronzo per i cannoni, così come decretato in quei terribili anni, aveva risparmiato buona parte delle campane della Valcamonica, dove i concerti dei Pruneri si trovano ancora oggi numerosi.

Proprio per questo, dalle parrocchie bresciane, scarseggiavano gli ordini. Come già accennato in questa zona, era notissima l'attività fusoria della fonderia, ma nel secondo dopoguerra, veniva realizzato un solo nuovo concerto per Rino di Sorico nel 1953.

 

L'anno dopo, la gloriosa storia della fonderia Pruneri si concludeva. In oltre cento anni di attività si erano realizzate più di 4300 campane, per un peso in bronzo lavorato pari a 22.000 quintali.

Il nome, la grande valenza artigianale ed artistica della rinomata fonderia Pruneri è indissolubilmente legata anche a Tirano.

Storico è l'intervento del 1831 per la realizzazione delle campane della parrocchiale di San Martino, l'opera di rifusione sulla prima campana nel 1901 in Santuario, ed ancora interventi presso la parrocchiale di San Pietro Martire a Baruffini, ed infine presso il concerto campanario della chiesa della SS. Trinità di Cologna, ultimo dei quali avvenuto l'anno prima della definitiva chiusura della fonderia.

 

Non vi erano stati nemmeno interventi nelle chiese tiranesi per la collocazione di nuove campane nel secondo dopoguerra. Per ciò che concerne in particolare San Martino infatti, queste venivano salvate dalla rifusione per la produzione di cannoni, grazie alla'abilità e all'azione diplomatica dell'allora prevosto don Pietro Angelini, il quale ne aveva scongiurato la requisizione delle storiche cinque sorelle, realizzate dalla fonderia Pruneri più di un secolo prima.

 

Ivan Bormolini

 

FONTI: Le Campane della Pieve di Edolo, Testi a cura di Simone Margnelli. Grafica e impaginazione a cura di Paolo Bordoni. Edizioni AVOLAR EDOLO 2017.

La foto della campana del Santuario è tratta dal sito www.campanedivaltellina.it ,così come altre notizie storiche riportate. Il sito è redatto da Simone Margnelli e Paolo Bordoni.

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